Mons. Bux affronta alcuni temi d'attualitą sulla Fede
Di Libertą e Persona (del 12/02/2011 @ 06:00:00, in Religione, linkato 1064 volte)

Abbiamo intervistato Mons. Nicola Bux, famoso teologo, vicino a Benedetto XVI, voce di radio Maria e penna del Timone, autore di studi illuminanti sulla Liturgia.

1) Reverendo Monsignor Nicola Bux, il mondo cattolico tradizionale in questi ultimi anni si sta rivelando più vivo che mai. Sull’onda del motu proprio di Benedetto XVI per esempio, sono sorti siti molto interessanti, come messainlatino e rinascimento sacro, mentre nel panorama culturale, accanto all’ottima Radio Maria diretta da padre Livio, si segnalano da tempo riviste del cattolicesimo tradizionale come Il Timone e Radici Cristiane. Cosa ne pensa?

"In tutta la Chiesa agisce la forza spirituale, la vis Evangelii che viene dall’efficacia della passione di Gesù Cristo mediante il suo corpo e il suo sangue vivificati dallo Spirito Santo che continua a far nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5). San Paolo definisce questa forza “la “potenza della risurrezione. Alla luce di tale potenza, mi sembra debbano leggersi i fermenti sempre più numerosi di rinascita della tradizione e della devozione. Non sono anche questi ‘segni dei tempi’, come amano dire i vescovi? O chiameremo in tal modo solo quegli accadimenti che corrispondono ai nostri schemi pastorali? “La risurrezione di Cristo è un fatto avvenuto nella storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e non certo creatori” disse Benedetto XVI a Verona. Qualche esegeta o teologo cattolico scuoterà la testa, ma la celebrazione della santa Messa è ciò che salva continuamente il mondo, perché è l’estensione della salvezza compiuta una volta per tutte dal Signore col sacrificio della Croce. Gli ortodossi sanno che su questo non c’è da scherzare. Non si può proprio prescindere da questo. Se così non fosse, dopo tutte le persecuzioni e i martìri – nonostante le debolezze dei lapsi, i deboli che hanno collaborato con chi vuole annientarla – la Chiesa sarebbe finita. Per questo, il mordersi e divorarsi tra cristiani è ciò che contraddice la causa del Vangelo. Quanta energia si perde in tal modo, sottraendola alla evangelizzazione! L’unità tra i cristiani all’interno e all’esterno della Chiesa cattolica però, non siamo noi a farla, ma la favoriamo quando guardiamo a Gesù e non a noi stessi. Se lo facessero gli uomini sarebbe un programma politico destinato a fallire, perché la Chiesa e la sua unità le fa solo lo Spirito, e gli uomini, nella misura in cui docilmente si lasciano guidare, le facilitano. Nemmeno le commissioni di dialogo meglio intenzionate conseguirebbero il risultato dell’avvicinamento. Diceva il grande teologo Balthasar: la parola del Risorto è più grande di tutta l’esegesi che di essa si possa fare, perché viene da Dio".

 2) Nell’ambito di questa vitalità sono nate anche opere che cercano di fornire uno sguardo critico sugli ultimi quarant’anni diverso dalla vulgata dominante. Mi riferisco in particolar modo ai lavori di Mons. Brunero Gherardini, con prefazione di mons Oliveri e di mons. Ranjith, e al testo “Concilio Vaticano II, una storia mai scritta” di Roberto de Mattei. Intorno a questi libri è nata una discussione vivace, con qualche tono acceso, ma ultimamente, a mio avviso, utile e arricchente. Lei cosa ne pensa?

"Siccome credo all’evoluzione delle idee umane, sarebbe auspicabile un confronto ‘scientifico’ tra la visione del Vaticano II proposta da Giuseppe Alberigo e i suoi seguaci – alcuni dei quali, come Claudio Leonardi, poi ne hanno preso le distanze – che è andata per la maggiore, e quella dei suddetti teologici e storici. V’è anche il contributo molto importante di S.E.Mons.Marchetto, con il quale recentemente abbiamo conversato della corretta ermeneutica del concilio, con base nella sua storia. Ora, in tale direzione, va il volume "Vatican II.Renewal within Tradition", di Mattew Larub e Mattew Levering, edito dalla Oxford University Press, New York 2008. L'opera è importante e andrebbe tradotta in italiano, poiché "dimostra" scientificamente, la continuità del rinnovamento - certo - "proclamata" dal Magistero. Continuità e riforma,s'intende. Il libro consta di circa 460 pagine. L'edizione italiana,sarebbe una risposta a quanti invocano le "prove" della continuità. Dobbiamo insomma fare lavoro di ‘scuola’, affinché il concilio Vaticano II, a quasi cinquant’anni dalla sua apertura che cadrà l’anno prossimo, venga compreso secondo il metodo indicato da Benedetto XVI nel noto discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005".

 3) Una forte polemica è nata anche intorno al cosiddetto “spirito di Assisi”. Alcuni cattolici di fronte all’intenzione di Benedetto XVI di recarsi ad Assisi alla fine dell’anno, hanno voluto lanciare dalle colonne de Il Foglio un appello al Santo Padre, non tanto “per insegnargli il suo mestiere”, quanto per prevenire interpretazioni e fatti sincretistici, come quelli che avvennero durante e dopo il raduno interreligioso di Assisi 1986. L’appello correva sull’onda delle analoghe posizioni espresse in passato da personalità cattoliche d’eccezione come don Divo Barsotti, mons. Alessandro Maggiolini, il cardinal Giacomo Biffi, Sandro Magister, Vittorio Messori... Scriveva quest’ultimo, proprio commentando gli effetti di Assisi 1986 sull’opinione pubblica e nel mondo cattolico: “E´ indubbio, dunque, che (al di là, com´è ovvio, delle generose e limpide intenzioni papali) ciò che è stato recepito è un messaggio del genere: Dio si manifesta in molti modi, così che ogni religione ha pari verità e dignità; ciascuno militi, al meglio, nella tradizione religiosa in cui si trova; la si smetta con apostolati e missioni che non rispettano le credenze degli altri e neppure il piano divino che non esige una sola Verità; ciò che conta non è il nome del Dio nei Cieli ma l´impegno sulla terra di tutti quelli che credono in Lui, quale che sia il suo volto; il bene supremo non è la salvezza eterna, ma una realtà terrena come la pace tra le nazioni…questo l´effetto concreto del grande raduno dove, tra l´altro, gli animisti africani, invocando pace dai loro Dei, hanno sacrificato un pollo sull´altare”. Anche il recente appello citato, come a suo tempo le parole di Messori, ha sollevato forti obiezioni. Qualcuno ha accusato gli autori di essere “disobbedienti” e addirittura “eretici”. Lei ritiene che questa dialettica, tra favorevoli e contrari allo “spirito di Assisi”, stia nell’ottica cristiana (in dubiis libertas), o che, al contrario, l’appello citato sia stato di per se stesso, falso, negativo e condannabile? Ritiene positivo il dibattito, o negativa per la Chiesa la sua sola esistenza?

"Se lo "spirito di Assisi" non attingesse allo Spirito Santo, non avrebbe alcun senso. Lo Spirito Santo soffia da un lato per formare la Chiesa corpo di Cristo, dall'altro perché tutti gli uomini, religiosi e non, giungano liberamente alfine a scoprire che sono "ordinati" a Cristo nella Chiesa, come ha detto il concilio Vaticano II nella costituzione Lumen gentium e il papa Paolo VI nell'enciclica Ecclesiam suam.

Bisogna allora che anche lo "spirito di Assisi " si confronti con tale verità e si lasci verificare ed eventualmente modificare. Esso deve conformarsi alla linea indicata da papa Benedetto XVI nel messaggio al Meeting “Popoli e religioni” promosso dalla Comunità di S.Egidio nel settembre 2006, in specie ove diceva che bisogna tenere conto anche delle differenze tra le religioni. Detto questo, penso però ad un'altro aspetto: la libertà religiosa. Nel Messaggio per la Giornata della Pace 2011 il Papa spiega che non si tratta di un diritto positivo – il quale dovrebbe comprendere anche un “diritto all’errore”, mai riconosciuto dalla Chiesa – ma di un diritto negativo, di una “immunità dalla coercizione” nella società civile.Ciò è scritto nella Dignitatis humanae del Vaticano II che aggiunge: (DH 1)Questa immunità acquista certo un profilo specifico negli Stati moderni, per definizione incompetenti in materia di religione, ma corrisponde al principio antico secondo cui , se si può parlare di “diritto”, in senso giuridico, si tratta del diritto a non essere turbati da una intromissione dello Stato moderno nella formazione delle proprie convinzioni in materia di religione.

Il Papa ha poi chiarito:  Oggi il problema riguarda il confronto sui diritti dell'uomo e sulla libertà religiosa, a 360 gradi con i musulmani e tutte le altre religioni. Questo certamente il santo Padre non lo eluderà ad Assisi e, da solo, sarà la novità. Egli pensa che non ci possa essere vero dialogo senza affrontare a mo' di premessa le questioni della libertà religiosa, della idea di uomo e dei suoi diritti.

Il Concilio Vaticano II ha prodotto la dichiarazione Dignitatis Humanae, proprio sulla libertà religiosa; perciò, non ci può essere dialogo tra culture e religioni, non ci può essere ecumenismo senza l'accettazione della libertà religiosa. Il discorso del Papa a Regensburg inaugura uno stile di dialogo che dice la verità tutta intera senza finzioni, senza reticenze ed è l'unica maniera per costruire una stabile e leale convivenza tra culture e religioni diverse. Non a caso all'indomani delle polemiche il Papa ha convocato gli ambasciatori musulmani, per dare in tal modo il segnale che il dialogo per non essere un vuoto esercizio retorico deve richiedere innanzitutto il rispetto dei diritti umani, della libertà, senza ricorrere a violenza alcuna per imporre le proprie idee. Poi, si deve accettare il confronto e la critica di alcuni aspetti per vedere quale sia la vera religione.

 Ad esempio il concetto di uomo, di donna, di libertà e il concetto di partecipazione alla società e così via. Dal confronto vedremo qual è la migliore. Perché, come giustamente dice il Papa, la fede deve sempre rapportarsi con la ragione, e vorrei qui ricordare le parole di Giovanni Paolo II che nella "Fides et Ratio" afferma che la verità si raggiunge volando con entrambe le ali della fede e della ragione, in quanto se si vola con una sola ala, o si cade nel fideismo, o si cade nel razionalismo. Vorrei concludere dicendo che il primato è dell’amore. Cristo per questo chiese a Pietro: “Mi ami tu più di costoro?” Senza il primato dell’amore,che è esercitato col primato petrino e romano del Papa non vi può essere unità dei cristiani. Il primato romano è il punto di convergenza e concentrazione visibile della potenza della risurrezione di Cristo, perché in esso vive l’amore: la ragione vera è l’amore. Ogni volta che questo comandamento di Cristo è eseguito avviene l’unità in noi, perché in realtà essa sussiste sempre prima, ci precede nella Chiesa.

Il primato dell’amore. C’è una sola Roma, quella di Pietro e Paolo, nella quale ogni cristiano è romano; con essa, dicevano i padri seguendo il Vangelo, è bene che convengano tutti i cristiani. Essa è la presidente del corpo dell’amore, l’agape che è la Chiesa. Forse la divisione vera oggi non è tra cattolici e ortodossi, ma tra coloro che credono che la risurrezione di Gesù sia un fatto avvenuto nella storia e che continua ad influire su di essa, qui e ora, e coloro che la relegano al di fuori. I cattolici non vadano dietro una ‘linea ecumenica’, intesa come l’essere meno cattolici, con una religiosità generica, pacifista, ecologista…– caratteristiche - ha ricordato ironicamente il cardinal Biffi – dell’Anticristo paventato dal celebre pensatore russo Vladimir Solov’ev, che sembra oggi riproporsi – ma che abbia i contorni nitidi di Cristo e di ciò che viene da lui".