Amy Pickard, Christa Lily Smith, Patricia White Bull, Donald Herbert, Jan Grzebsky, Jesse Ramirez, Sarah Scantlin, Terry Wallis. Otto nomi che non dicono nulla, che non abbiamo sentito prima d’ora e che, verosimilmente, non sentiremo più. Ma sono otto nomi importanti, perché si tratta di persone che, per anni - qualcuno addirittura per due decenni - sono vissute ferme, inchiodate ad un letto o ad una carrozzella; fino a che, come per miracolo, si son “risvegliate”. Certo, nessuno di loro ha partecipato alle Olimpiadi, ma son tutti, in qualche modo, tornati a comunicare. A vivere, si potrebbe impropriamente aggiungere.
Questa possibilità – minima, siamo d’accordo - di ritorno al reale, ad Eluana Englaro, l’8 febbraio di due anni fa, è stata sottratta per sempre dopo che i giudici della Cassazione, con la sentenza n. 21748, stabilirono che il suo stato vegetativo era irreversibile, riesumando un aggettivo da molti anni abbandonato dalla letteratura scientifica. Vanno capiti: avevano solo la consulenza del neurologo Defanti - guarda caso consulente di Beppino Englaro -, e se la sono fatta bastare. A nulla infatti valsero, a suo tempo, i tentativi di sottoporla alla Risonanza magnetica funzionale, prodigiosa tecnica che avrebbe permesso di valutare scientificamente lo stato cerebrale della giovane. Niente da fare: si decretò, basandosi su un unico parere – per di più di parte – che lei era come già morta. E che in quanto tale, in quanto sgambetto vivente alla drammatica Weltanschauung di chi crede alla coincidenza tra vita e salute, andava eliminata.
Così, in un cortocircuito logico e inumano, Eluana, una donna sana di 65 chili, che aveva regolarmente le mestruazioni, che respirava e viveva autonomamente, che apriva gli occhi di giorno e li chiudeva di sera, è stata lasciata senza nutrimento. E lei, forse irritata dalle miserie di questo mondo, è morta lasciando dietro sé risposte molto più terribili delle domande che tutti, fino a quel momento, s’erano fatti pensando alla sua vita di donna troppo disabile per essere viva. I medici che assistevano il padre Beppino per mesi avevano assicurato a tutti che il cervello di Eluana «come quello di Terri Schiavo» era «ridotto alla metà del suo peso», che avrebbe avuto «le dimensioni poco più grandi di quelle di una noce».
Ebbene, in seguito all’autopsia, si scoprì che il cervello di Eluana pesava come quello di una persona normale. Ad essersi rimpicciolito, semmai, è stato il nostro cuore, che non abbiamo impedito che spirasse nel più atroce dei modi: nella solitudine di una stanza, senza nessuno accanto a lei, in posizione fetale, alla ricerca di quel ventre d’amore che le era stato negato. Se puoi, da lassù, perdonaci, cara Eluana. Non sei tu ad essere morta, il 9 febbraio di due anni fa.