Giuseppe Garrone e il dottor Oriente, due testimoni per la giornata della vita.
Di Rassegna Stampa (del 05/02/2011 @ 08:58:35, in Aborto, linkato 1382 volte)

Per la giornata della vita segnaliamo due storie molto belle:

1) la vita di Giuseppe Garrone, morto alcuni giorni fa, di Francesco Agnoli:

http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-giuseppe-garroneuna-vita-per-la-vita-821.htm

Nella foto Ghielmi, mons. Schooyans, Garrone (dietro), Migliori e Rocchi

 

2) La vita del dottor Oriente, pro life molto attivo:

In principio fu Bernard Nathanson. Parliamo del famoso ginecologo statunitense che al suo attivo collezionò circa 75.000 aborti, fino a quando non si rese conto dell’“umanità” del feto e non fece un vero cammino di conversione che lo portò a scrivere il libro The hand of God (“La mano di Dio”).

Da quel momento in poi, il suo lavoro è divenuto totalmente a favore della vita nascente.

Ma “la mano di Dio” continua ad operare in ogni continente, e anche in Italia, abbiamo il nostro Nathanson: è il dottor Antonio Oriente (foto).

Anche lui, come Nathanson, viveva la sua quotidianità praticando aborti di routine. Abbiamo ascoltato la sua testimonianza nel corso di un convegno dell’AIGOC. Sì, perché lui oggi è il vicepresidente e uno dei fondatori di questa Associazione Italiana Ginecologi e Ostetrici Cattolici…

Praticamente una totale inversione di tendenza, rispetto al modo precedente di vivere la sua professione. La sua testimonianza inizia così: “Mi chiamo Antonio Oriente, sono un ginecologo e, fino a qualche anno fa, io, con queste mani, uccidevo i figli degli altri”. Gelo. Silenzio.

La frase pronunciata è secca, senza esitazione, lucida. La verità senza falsi pietismi, con la tipica netta crudezza e semplicità di chi ha capito e già pagato il conto. Di chi ha avuto il tempo di chiedere perdono. Due cose colpiscono di questa frase e sono due enormi verità: la parola “uccidevo”, che svela l’inganno del termine interruzione volontaria, e la parola “figli”.

Non embrioni, non grumi di cellule, ma figli. Semplicemente. E questa sua pratica quotidiana dell’aborto, il dottor Oriente la riteneva una forma di assistenza alle persone che avevano un “problema”. “Venivano nel mio studio – racconta – e mi dicevano: Dottore, ho avuto una scappatella con una ragazzetta… io non voglio lasciare la mia famiglia, amo mia moglie. Ma ora questa ragazza è incinta. Mi aiuti… Ed io lo aiutavo. Oppure arrivava la ragazzina: Dottore, è stato il mio primo rapporto… non è il ragazzo da sposare, è stato un rapporto occasionale. Mio padre mi ammazza: mi aiuti!”. Ed io la aiutavo. Non pensavo di sbagliare”.

 Ma la vita continuava a presentare il conto: lui, ginecologo, i bambini li faceva anche nascere. Sua moglie pediatra i bambini degli altri li curava. Ma non riuscivano ad avere figli propri.

Una sterilità immotivata ed insidiosa era la risposta alla sua vita quotidiana. “Mia moglie è sempre stata una donna di Dio. È grazie a lei e alla sua preghiera se qualcosa è cambiato. Per lei non avere figli era una sofferenza immensa, enorme. Ogni sera che tornavo la trovavo triste e depressa. Non ne potevo più. Dopo anni di questo calvario, una sera come tante, non avevo proprio il coraggio di tornare a casa. Disperato, piegai il capo sulla mia scrivania e cominciai a piangere come un bambino”.

E lì, la mano di Dio si fa presente in una coppia che il dottor Oriente segue da tempo. Vedono le luci accese nello studio, temono un malore e salgono. Trovano il dottore in quello stato che lui definisce “pietoso” e lui per la prima volta apre il suo cuore a due persone che erano solo dei pazienti, praticamente quasi degli sconosciuti.

Gli dicono: “Dottore, noi non abbiamo una soluzione al suo problema. Abbiamo però da presentarle una persona che può dargli un senso: Gesù Cristo”. E lo invitano ad un incontro di preghiera.

Che lui dribbla abilmente. Passano dei giorni ed una sera, sempre incerto se tornare a casa o meno, decide di avviarsi a piedi e, nel passare sotto un edificio, rimane attratto da una musica. Entra, si trova in una sala dove alcune persone (guarda caso il gruppo di preghiera della coppia che lo aveva invitato) stanno cantando. Nel giro di poco tempo, si ritrova in ginocchio a piangere e riceve rivelazione sulla propria vita: “Come posso io chiedere un figlio al Signore, quando uccido quelli degli altri?”.

Preso da un fervore improvviso, prende un pezzo di carta e scrive il suo testamento spirituale: “Mai più morte, fino alla morte”. Poi chiama il suo “Amico” e glielo consegna, ammonendolo di vegliare sulla sua costanza e fede.

Passano le settimane e il dottor Oriente comincia a vivere in modo diverso. Comincia anche a collezionare rogne, soprattutto tra i colleghi nel suo ambiente. In certi casi il “non fare” diventa un problema: professionale, economico, di immagine. Una sera torna a casa e trova la moglie che vomita in continuazione. Pensa a qualche indigestione ma nei giorni seguenti il malessere continua.

Invita allora la moglie a fare un test di gravidanza ma lei si rifiuta con veemenza. Troppi erano i mesi in cui lei, silenziosamente, li faceva quei test e quante coltellate nel vedere che erano sempre negativi... Ma dopo un mese di questi malesseri, lui la costringe a fare un esame del sangue, che rivela la presenza del BetaHCG: sono in attesa di un bambino! Sono passati degli anni. I due bambini che la famiglia Oriente ha ricevuto in dono, oggi sono ragazzi. La vita di questo medico è totalmente cambiata.

 È meno ricco, meno famoso, una mosca bianca in un ambiente dove l’aborto è ancora considerato “una forma di aiuto” a chi, a causa di una vita sregolata o di un inganno, vi ricorre. Ma lui si sente ricco, profondamente ricco. Della gioia familiare, dei suoi valori, dell’amore di Dio, quella mano che lo carezza ogni giorno facendolo sentire degno di essere un “Suo figlio”. da lottimista.com