Corona's, il materialismo senz'anima
Gli eroi negativi veri possiedono una loro (perversa) grandezza. Sanno che cos’è il bene, sanno che cos’è il male, se ne pongono al di sopra e liberamente precipitano nell’abisso. Il loro cuore comunque palpita. All’incontrario, ma palpita. Per questo possono suscitare fascino, sia pure malsano. Fabrizio Corona, invece, provoca un senso di smarrimento e di vuoto. A leggere i frammenti di frasi che le intercettazioni gli attribuiscono, il paparazzo di Vallettopoli non appare al di sopra del bene e del male, ma di fianco. Semplicemente se ne frega. Non conosce né vette né abissi. Dev’essere proprio corazzato, le emozioni non riescono neppure a sfiorarlo, se può pensare di far indossare a un fresco vedovo come Azouz, al funerale della moglie e del figlio massacrati a Erba, la maglietta con il logo del suo studio. «Sì, sono proprio un pezzo di m… – dice di se stesso – rovino la vita agli altri». Dunque se ne rende conto.
Perché non smette? Se fosse un vero eroe negativo che sceglie consapevolmente il male, proverebbe gusto sempre e solo per rovinare la vita agli altri, quindi non contemplerebbe l’ipotesi di smetterla. Invece Corona ha un obiettivo nella vita: accumulare abbastanza denaro: «Appena farò tanti altri soldi, mi ritirerò». Né si può accampare la scusa che nessuno glielo dicesse. «Che mostro ho creato», commenta a voce alta Lele Mora convinto, a torto o a ragione, che Corona non possa essersi fatto da sé, forse perché nessuno nel mondo artificiale dello spettacolo può – nella prospettiva Lele-centrica – farsi da sé, poiché soltanto Mora crea (e distrugge). Corona è perfettamente consapevole della disapprovazione della moglie Nina Moric: «Le faccio schifo». Ma, appunto, basta avere un po’ di pazienza, «tre anni, faccio i soldi, vado in America e apro un ristorante, “Il Siciliano”». Pure questa però sembra una decisione soltanto sua, non comune di lui e Nina, insieme, un sogno condiviso al quale dedicare qualche anno di schifezze.
Se – e sottolineiamo se – le intercettazioni corrispondono al vero, e il personaggio Corona dei dialoghi corrisponde al Corona reale, siamo di fronte al perfetto campione dell’individualismo senz’anima. L’individualista ha una concezione tolemaica dell’esistenza: io sto al centro e tutto il resto mi ruota attorno. Le persone non sono persone ma oggetti, quindi sono manipolabili, da vendere e comprare. Il suo è il materialismo perfetto, perché privo di ogni traccia di pensiero, coscienza, scrupolo e rimorso. Apri la pagina di giornale, cominci a leggere e avverti una folata di gelo.
Naturalmente l’individualista perfetto riesce a mietere vittime perché gode di innumerevoli complici, consapevoli e inconsapevoli. Sono complici consapevoli gli aspiranti divi e divette che stanno al gioco del finto scoop, della foto compromettente rubata e del ricatto. Sono complici consapevoli i rotocalchi che foraggiano e incoraggiano Corona e divi e dive. Sono complici (speriamo) inconsapevoli gli italiani che si abbeverano golosi alle pagine rigurgitanti gossip e scoop, affollandosi agli innumerevoli buchi della serratura colorati e piccanti. Complici, perché tutto pare sia domanda e offerta, e l’individualista perfetto offre se qualcuno domanda. Poiché anche la perfezione può corrompersi, possiamo solo augurarci che Corona un giorno non lontano mormori: «Che cosa combinai? Mi dispiace». Quel dì saremo felici di risponderli: «Bentornato tra gli esseri umani».
(Da "Avvenire" del 14 marzo 2007).
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