Non so voi, ma io vado matto per Concita De Gregorio, per la sua cattedratica sentenziosità, per il suo pontificare su questo e su quello, per il modo, sempre tronfio, con cui giudica il prossimo. Leggerla è uno spasso, sentirla in televisione, poi, è da morire. Dalle risate, s’intende. Così, per ricaricare le pile dell’allegria, cerco di non perdermi mai i suoi scritti; anche perché raramente, la Maestrina dalla Penna Rossa, delude. Sa sempre con chi prendersela, dove pescare fiumi di retorica e come lasciarti nel dubbio: ci è o ci fa? Un dilemma assillante, che col tempo non solo non scema, ma s’accresce pure. Sull’Unità di domenica, per esempio, Concita s’è messa in testa di crocifiggere i movimenti per la vita, rei d’aver chiesto a Fazio e Saviano di poter replicare alla beatificazione catodica di Englaro e Welby. Spietata come sempre, la reazione della direttrice del quotidiano più rosso d’Italia, non s’è fatta attendere. Ma quale replica e replica, ha attaccato Concita, questi fondamentalisti sono solo fissati con la par condicio, roba ormai «grottesca», e «pretendono il palco di Fazio e Saviano» perché «golosi dei dieci milioni di telespettatori che non riuscirebbero mai ad ottenere» (L’Unità, 28/11/2010).
Non contenta del primo gancio, la Maestrina s'è fatta nuovamente sotto: «Trovo che fissare nel 9 febbraio, anniversario della morte di Eluana, la Giornata della Vita sia un insulto indecente a chi ha sofferto l’indicibile: è come dire voi siete quelli che vogliono la morte, è come dire al padre di Eluana alla moglie di Welby che hanno ucciso la figlia, il marito». Insomma, spazzata via la par condicio, Concita vorrebbe abolire pure il diritto di parola. Stalin, «l’uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e il progresso dell’umanità» (L’Unità, 6/3/1953), giubilerebbe dinnanzi a cotanta, pugnace determinazione. Anche se, a ben vedere, non è chiara la ragione per cui fissare la Giornata della Vita il 9 febbraio sarebbe «un insulto indecente». Un insulto indecente, semmai, fu quello che a suo tempo Saviano mise nero su bianco su un quotidiano straniero chiedendosi perché Beppino Englaro, esibendo vecchie foto, esitasse a mostrare com’era sua figlia negli ultimi tempi, col «viso deformato, le orecchie divenute callose e la bava che cola, un corpo senza espressione e senza capelli» (El País, 11/2/2009). Dal momento che non risulta che Saviano abbia mai visitato Eluana, viene da chiedersi a quali fonti abbia attinto, l’eroico scrittore, prima di vergare un ritratto della giovane tanto umiliante. Dubbi che di certo non sfiorano la mente di Concita De Gregorio, già involata, senza dubbio, verso nuovi, esilaranti editoriali.