Il dibattito sollevato dal libro-intervista di Benedetto XVI produce una certa confusione, soprattutto penso a chi ha una fede “piccola” o debole. E forse, vista l'attuale situazione di crisi di fede, coloro che hanno questa fede “piccola” o debole sono tanti. Da questo punto di vista devo ammettere che alcune risposte del Santo Padre presenti nel libro mi hanno inizialmente lasciato un po' perplesso, con pazienza mi sono messo alla lettura e devo dire che alla fine i contorni si sono via, via chiariti; ciò non toglie che di alcuni passaggi fatico a valutarne l'opportunità, ma sicuramente Papa Benedetto XVI sa vedere molto oltre la mia capacità di analisi.
La maggioranza dei commenti hanno posto l'attenzione sul tema del “condom” nel caso del “prostituto” e così si è sviluppato un vario dissertare teologico morale con distinzioni tra “male minore” e “male assoluto”, “gradi di illiceità” e via discorrendo. Bene, purtroppo però molti fedeli non hanno gli strumenti per riuscire ad interpretare e così si rischia di trasformare la teologia morale in argomento da salotto o, peggio, da bar sport. Oggi poi se c'è una virtù particolarmente scandalosa per il “mondo” questa è la castità, speriamo che dalla discussione ne possa uscire più forte, ma nutro qualche dubbio.
Tutto il dibattito può essere compreso in un'altra prospettiva e per farlo consiglio di leggere “Luce del mondo” a partire dal fondo, dal capitolo 18 (pag. 245), forse si troverà una chiave di lettura utile ad orientarsi. Noterete che i mass media non hanno riportato quasi nessuna delle seguenti parole del Santo Padre.
Pag. 247: “I novissimi (morte e giudizio, inferno e paradiso nda) sono come un pane duro per gli uomini di oggi...Vorrebbero al loro posto risposte concrete per l'oggi, soluzioni per le tribolazioni quotidiane. Ma sono risposte che restano a metà se non permettono anche di presentire e riconoscere che io mi estendo oltre questa vita materiale, che c'è il giudizio, e che c'è la grazia e l'eternità”
Provate adesso a leggere il discorso sul “condom” e del suo utilizzo nel “caso particolare”, allora le parole del Santo Padre possono essere intese come un modo per chinarsi sulle “tribolazioni quotidiane”, ma non vogliono far dimenticare il contesto del giudizio finale, della grazia e dell'eternità. Più avanti, infatti, Benedetto XVI aggiunge: “è molto importante che Egli [Cristo] è giudice, che avrà luogo un giudizio vero e proprio, che l'umanità sarà separata e che a quel punto effettivamente vi è la possibilità dell'essere cacciati via; e che le cose non sono indifferenti.” (pag. 252)
Qualcuno ha visto citare queste parole come chiave di lettura del libro?
D'altra parte anche dai pulpiti non è frequente la predica di questi temi. Non si tratta di volersi rifugiare in toni apocalittici, né di voler far passare l'immagine di un Dio giustiziere, ma la storia insegna che quanto più si confondono bene e male, tanto più si confonde Dio. Il Papa questo lo sa e, infatti, a proposito del giudizio finale dice che “...l'esistenza del male è un fatto, che rimane e che deve essere condannato”
A pag. 253, l'ultima pagina, penso ci sia il perno su cui inquadrare tutta la vicenda: “l'uomo è in pericolo...può essere salvato se nel suo cuore crescono forze morali; forze che possono arrivare solo dall'incontro con Dio. Forze che oppongono resistenza [al male e al peccato. NdA]”
E' questa drammatica condizione umana – il bisogno di salvezza – che permette l'incontro con Colui che salva, che vince la morte. Tutto sta o cade su questo punto, purtroppo – come dice sempre il Papa - “oggi le persone tendono a dire: “Ma si in fin dei conti [il giudizio] non sarà così terribile, Dio in fin dei conti non può essere così” No, invece, Egli ci prende sul serio.” (pag. 252).
In questa prospettiva allora rammentiamo che per la Chiesa Cattolica fuori dal matrimonio qualsiasi atto sessuale è peccato (Cfr. Catechismo Chiesa Cattolica n°2360). Questo non è messo in discussione in nessuna pagina del libro “Luce del mondo”, i “casi singoli” non cancellano la bellezza dell'amore coniugale aperto alla vita, fedele ed eterno, né la profondità dell'amore verginale, semmai sono “tribolazioni” su cui il Pastore si china per cercare di alleviarle. Comunque - dice il Papa - in tutti i casi occorre “sviluppare di nuovo la consapevolezza del fatto che non tutto è permesso e che non si può far tutto ciò che si vuole.”
Richiamare la prospettiva del giudizio finale non vuole essere una scusa per erigersi a moralisti da quattro soldi, ma provare a far agire quelle “forze che oppongono resistenza”, anche se sono “come un pane duro per gli uomini di oggi”.