Sono stato recentemente a Siena, in questo splendido gioiello della storia, dell’arte, della civiltà italiana. Siena è una città medievale ancora perfettamente conservata, con la sua bellissima piazza, a forma di mantello della Vergine, come dicevano i senesi di un tempo; con il suo Duomo maestoso e spettacolare; con le sue bandiere colorate, le sue antiche tradizioni, i suoi splendidi palazzi medievali, i suoi vicoli e le sue chiesette....
Oggi Siena è una città molto ricca, politicamente rossa, in cui la frequenza alla messa domenicale è pressoché nulla. Il cuore della città non è più il Duomo, ridotto a museo, con la complicità del suo vescovo, ma la banca, il Monte dei Paschi, che dà ancora prestigio, potere, lavoro. La cui origine è però, anch’essa, medievale. Per un cattolico che la visita, Siena è tristezza e delizia ad un tempo. Tristezza, appunto, perché la Siena cristiana non esiste più. O meglio, resiste, minoritaria, solida, coraggiosa, eroica, nel cuore di pochi, che sono chiamati a viverla andando ogni giorno contro la corrente impetuosa di un mondo fieramente avverso. Delizia perché a Siena si può vedere chiaramente che tutto ciò che c’è di bello nella nostra storia, nasce dal cristianesimo, e sovente in un periodo ingiustamente bistrattato dalla storiografia laica: il Medioevo. Tutta l’arte che fa bella e suggestiva Siena, per milioni di visitatori da ogni parte del mondo, è arte cristiana, di epoca medievale. Ma non c’è solo l’arte, a Siena. C’è anche una antica università, anch’essa medievale.
E c’è, soprattutto, l’ospedale, Santa Maria della Scala. Quando mi reco nelle città di antica tradizione, mi informo spesso sull’origine dell’ospedale locale. Perché vi è sempre dietro una storia di carità e di fede affascinante. Siena dà alla curiosità del visitatore interessato alla storia della medicina e dell’ospedale, ancora più soddisfazione. Perché qui l’ospedale sorge esattamente di fronte al Duomo. Da una parte il luogo in cui l’uomo medievale cercava di toccare le vette dello spirito: ecco la scalinata, le guglie, i pinnacoli, tesi verso un cielo non vuoto ma abitato dall’Onnipotente. E proprio di fronte, dall’altro lato, come a guardarsi reciprocamente, l’ospedale: il luogo per il sostegno e il sollievo del corpo. Immagine straordinaria, questa vicinanza tra le due costruzioni, di quella teologia cristiana che unica nella storia dell’umanità ha superato ogni dualismo squilibrato per svelare all’uomo la sua dualità e la sua unità. Chiesa, ospedale, università: Siena conferma che la civiltà cristiana ha dato tutto questo, al mondo. Ma mi vorrei soffermare, un attimo, sull’ospedale, che sino a poche decine di anni fa era ancora in funzione. Esso sorge, come ricorda la guida, sulla via francigena, e “costituì uno dei primi esempi europei di xenodochio (ospizio per pellegrini) e ospedale, con una propria organizzazione autonoma e articolata per accogliere i viandanti e sostenere i poveri e i fanciulli abbandonati”.
La leggenda medievale parla di un mitico fondatore il calzolaio Sorore, morto nell’898. La storia ci dice che fu istituito dai canonici del Duomo. A capo di questa struttura stava il rettore, solitamente appartenente ad una ricca famiglia senese, che una volta assunta la carica donava tutti i suoi beni all’ospedale. Al servizio dei bisognosi, gli oblati: anch’essi facevano dono dei propri averi, rinunciavano al matrimonio e si impegnavano ad obbedire sempre al proprio rettore. La forza, per il loro duro mestiere al servizio dei fratelli, l’attingevano pregando in comunità, sotto le corsie dell’ospedale, nella cappella dove ancora oggi si vedono, appesi al muro, rosari e strumenti di penitenza. Tutto, nell’ospedale senese, ci parla del gusto dei medievali per la bellezza: come le cattedrali erano tutte affrescate, così anche l’ospedale, a Siena come a Roma, era un trionfo di quadri, affreschi, decori. Nulla a che vedere con il bianco asettico e ossessivo degli anonimi ospedali moderni. I degenti potevano osservare, sulle pareti, sul soffitto, le opere dei migliori pittori. E potevano leggere, in questi affreschi, la storia e gli scopi dell’ospedale stesso.
A cosa era destinata Santa Maria della Scala? Lo possiamo vedere ancora oggi osservando semplicemente gli affreschi nella corsia del “Pellegrinaio”, dove venivano ospitati pellegrini, viandanti, infermi. Anzitutto Santa Maria della Scala serviva per accogliere appunto le persone che percorrevano la via francigena e avevano bisogno di un rifugio; in secondo luogo, nell’ospedale si ricoveravano i malati e si tenevano periodiche distribuzioni “de li pani interi a li poveri vergognosi de la città”. Inoltre, uno dei servizi più importanti, era quello di accogliere i “gettatelli”, cioè i bambini abbandonati: nell’ospedale venivano nutriti, istruiti nella fede ed educati ad un mestiere. Un affresco è dedicato ai gettatelli, ancora piccini, che salgono una scala che porta a Maria; un altro al pagamento delle balie; un altro ancora all’accoglienza, l’educazione e il matrimonio di una figlia dell’ospedale, a cui veniva assicurata persino una dote cospicua, costituita da biancheria, mobili, farina, vestiti cuciti e ricamati dalle compagne della ragazza. Era un’ epoca in cui un figlio non voluto, si preferiva lasciarlo alla carità del prossimo, piuttosto che eliminarlo. Perché non era “mio”, ma di Dio. Il Foglio