A colloquio con Maria Pellegrini, pilastro del Telefono Verde SOS Vita
Di Giulia Tanel (del 21/10/2010 @ 07:17:06, in Aborto, linkato 1276 volte)

Riportiamo un’intervista fatta alla dottoressa Maria Pellegrini, ostetrica in pensione e oggi pilastro del Telefono Verde SOS Vita (8008 13000). Questo numero verde è nato nel 1992 ed è attivo 24 ore su 24; come scopo ha quello di aiutare le donne che si trovano in difficoltà per via di una gravidanza indesiderata, o che sono bisognose di conforto perché hanno appena compiuto un aborto. Al telefono verde si rivolgono però anche persone che hanno semplicemente bisogno di qualcuno che le ascolti: nessuno è mai stato rifiutato.

Ad oggi sono attive quattro linee telefoniche, che rispondono tutte allo stesso numero: una per il Nord – Est, una per il Nord – Ovest, una per il Centro e una per il Sud.
Maria Pellegrini risponde alle telefonate che giungono da tutto il Nord Italia; quando le telefoniamo ci sembra quasi di farle perdere del tempo: e se mentre Maria è occupata a parlare con noi c’è una mamma bisognosa di conforto che vorrebbe parlarle? Con la sua innata generosità, Maria ci conforta in tal senso e risponde alle nostre domande, donandoci anche il ricordo di alcune esperienze di cui è stata lei stessa testimone.

Dottoressa, quante telefonate avete ricevuto al Telefono Verde nel 2009?
Non lo so, ma moltissime. Fino alla fine del 2005 le telefonate ricevute erano state 25mila, da tutta Italia. All’inizio del 2008 il numero delle chiamate ricevute ammontava a 32.471.

Mediamente quante telefonate ricevete al giorno?
Dipende molto dalle giornate: in alcuni casi arriviamo anche a venti chiamate in entrata al giorno.

Quanti bambini avete salvato dal 1992?
I dati precisi non li so. Però posso dirle che ne ho salvato uno anche ieri.

Quante sono le volontarie che rispondono al Telefono SOS Vita?
Le volontarie sono otto in tutta Italia. Ovviamente sono stati fatti dei corsi di formazione, per riuscire rispondere nella maniera il più possibile adeguata alle persone che telefonano. In più, io personalmente sono facilitata dal fatto di aver svolto la professione di ostetrica: questa mia competenza specifica mi torna spesso utile.

In genere le persone che telefonano che tipo di problema hanno? Devono abortire, hanno abortito…?
Telefonano molte donne che hanno già abortito, o che devono ancora farlo e che magari sono state nei consultori e hanno già il certificato per l’aborto in mano.
Una cosa che accomuna tutte le donne che si rivolgono al Telefono SOS Vita è di certo l’insicurezza; molto spesso esse hanno solo bisogno di qualcuno che sia disposto ad ascoltarle e a confortarle in un momento in cui sono emotivamente e psicologicamente molto fragili.
Un’altra costante abbastanza frequente è quella che la maggior parte delle telefonate le riceviamo nel corso della notte: molte donne hanno fatto un incubo, o perché devono abortire o perché l’hanno già fatto. Piangono…

Una notte mi ha telefonato una che doveva abortire per la terza volta. Eravamo nel cuore della notte e lei mi ha detto che aveva fatto un incubo e mi ha chiesto se poteva raccontarmelo. Ovviamente le ho detto di sì. La signora aveva sognato che c’erano due bambini che stanno per affogare in un fiume; lei era sulla riva e si rende subito conto che sarebbe riuscita a salvarne solo uno. Allora entra in acqua e cerca di afferrarne uno per portarlo in salvo, ma l’altro bambino le dice: “No mamma, tu non puoi salvarci perché ci hai già affogato una volta”.
Dopo questo incubo la signora ha deciso di tenere il suo terzo bambino, di non abortirlo: si può dire che questa creatura è stato salvata dai suoi due fratellini non nati.

E’ possibile telefonare e mantenere l’anonimato?
Certamente, noi lavoriamo sempre nell’anonimato.

Ricevete telefonate anche da parte di uomini?
Sì. Alcuni sono molto sensibili e magari non vogliono che la moglie/compagna abortisca. Un giorno mi ha telefonato un giovane e mi ha detto: “Non ho più lacrime per piangere”. Aveva fatto di tutto per dissuadere la sua compagna dall’abortire, ma non ce l’aveva fatta e il giorno seguente era la data stabilita per l’aborto. Allora io ho contattato l’infermiere dell’ospedale dove doveva svolgersi l’intervento e gli ho spiegato la situazione, dicendogli di provare a parlare anche lui con quella donna, perché il suo compagno non era riuscito a convincerla a non abortire. Il giorno dopo questo infermiere mio amico le ha parlato ed è riuscito a portarla fuori dalla sala operatoria prima che abortisse.

Dopo l’aiuto momentaneo della telefonata, quali sono le operazioni che mettete in atto per aiutare la persona che vi ha contattati?
Per prima cosa contattiamo i Presidenti dei CAV [Centri di Aiuto alla Vita, ndr] del luogo più vicino alla zona da dove chiama la donna.
Poi, se ci sono necessità di carattere propriamente economico o simile proponiamo il Progetto Gemma [consiste nell’”adozione” di una mamma da parte di un privato o di un ente pubblico che si impegna a donare 160 euro al mese per 18 mesi. E’ un progetto nato nel 1994 che ad oggi ha salvato già 16.000 bambini, ndr], oppure l’alloggio in una casa di accoglienza per ragazze madri fino all’anno del bimbo, o anche oltre.
Da ultimo ricorriamo alle assistenti sociali, che però non sempre si sono rivelate di grande aiuto.

Inoltre noi volontarie abbiamo tutta una rete di persone con competenze specifiche a cui rivolgerci in caso di necessità, anche in base alla zona di provenienza della chiamata: ginecologi, psicologi, e quant’altro.

Dottoressa, lei è uno dei pilastri del Telefono SOS Vita: è disponibile a rispondere 24 ore su 24?
Sì, sono sempre disponibile a rispondere alle telefonate.

Che cosa la spinge a donarsi così?
Le rispondo con una frase di Madre Teresa di Calcutta: “Il bimbo abortito è il più povero dei poveri”.
Inoltre sono fermamente convinta che ognuno di noi abbia un compito su questa terra. Io sono diventata ostetrica per un fatto che mi è accaduto quando avevo nove anni… è stata questa la mia vocazione. Noi tutti siamo strumenti nelle mani di Dio e dobbiamo guardare gli altri con gli occhi del cuore.
Di certo fare questo lavoro è una missione e non è facile, soprattutto oggi: ormai l’abortire è percepito dal senso comune come un diritto.

Però una cosa certa è che nessuna donna ha rimproverato noi del Telefono SOS Vita per aver salvato il suo bimbo: mai. In caso è accaduto il contrario: donne che avevano telefonato e poi hanno abortito lo stesso, richiamano e dicono: “Perché non ti ho ascoltata?”.

Lei quanti bambini ha salvato?
Non li ho contati, tanti.
Il numero è grande anche perché quando lavoravo ero caposala e quindi accoglievo io le donne che volevano abortire e parlavo con loro, cercando di far loro cambiare idea.
Ricordo che una volta avevo chiesto riposo per il giorno seguente, perché ero stanca. La mattina dopo, però, ero talmente abituata ad andare al lavoro che sono andata lo stesso in ospedale, perché mi ero dimenticata che avevo preso ferie: è stato provvidenziale. Sono entrata in sala e c’era una coppia, il marito mi porge il certificato per l’aborto. Io l’ho guardato: aveva due occhi azzurri bellissimi, così gli ho detto: “Ma lei, con due occhi così belli, ha il coraggio di portare sua moglie a macellare suo figlio?”. Questa frase l’ha colpito moltissimo: sono usciti senza abortire.

Dopo così tanti anni di servizio, sono di più le soddisfazioni o le delusioni?
Di certo le soddisfazioni, però anche le delusioni ci sono e spesso per questo mi capita di passare notti insonni. Bisogna far la cultura della vita, far capire cos’è un bambino.

Però poi ci sono moltissimi episodi che mi danno entusiasmo.
Per esempio, un giorno ho ricevuto la telefonata di un rettore di un seminario del nord est, che mi diceva che la conoscente di una signora che lavorava da loro in seminario voleva abortire e che aveva già il certificato in mano. Io dico al rettore di dire alla donna che lavora presso di lui di stare vicino alla donna che voleva abortire (i motivi erano prettamente economici: la donna aveva già due figli e pensava di non farcela a mantenerne un terzo) e di farle avere il numero del Telefono SOS Vita.
Finalmente sono riuscita a parlare con questa donna e le ho detto: “Signora, il suo terzo figlio ha lo stesso diritto di nascere degli altri due. Perché lo vuole uccidere? Abortire è come infliggere una condanna alla pena capitale: ma che delitto ha commesso il tuo bambino?”. I tempi erano molto stretti, mancavano due giorni alla data dell’intervento.
Il giorno seguente mi telefona il rettore del seminario per dirmi che la donna è partita per le ferie: “Ormai…”. Io gli rispondo: “No, questa parola non l’accetto. Faccia pregare i suoi seminaristi: nella mia vita ho visto donne uscire dalla sala operatoria mentre stavano per essere anestetizzate, quindi per me la parola “ormai” non esiste”.
Il giorno dopo la donna doveva abortire: la notte non ho dormito e ho pregato. Alle cinque del mattino ho ricevuto la chiamata della signora che voleva abortire che mi ha detto: “Maria, volevo chiamarti già dalle tre di notte, ma avevo paura di disturbarti. Non abortisco più”. Alle sei di mattina chiamo il rettore, che però non mi risponde. Alle sette mi chiama lui e mi dice: “Maria, il bambino è salvo” e io gli ho risposto che lo sapevo già da due ore. Il rettore poi mi racconta che a mezzanotte ha celebrato da solo la Messa e che poi è stato in preghiera fino alle sei del mattino. Qualche mese dopo la signora mi ha mandato le foto del bambino che è nato: ora è felicissima di averlo tenuto.

Pensa che il telefono SOS sia abbastanza conosciuto in Italia?
Non tanto. Però se ci si impegna di più nel farlo conoscere di certo le cose miglioreranno.
In più sarebbe importante che lo Stato si occupasse di più delle donne: se i soldi investiti per un aborto li dessero alle donne in difficoltà economiche, molte di esse non abortirebbero.
Inoltre sono certa che gli aborti sono di più di quelli che dicono.

E’ importantissimo fare una cultura della vita: di fronte a questi morti innocenti “se non gridiamo noi, grideranno le pietre”.