Bisogna guardare oltre, per capire certe storie; mettere da parte ogni spontaneo tentativo di spiegazione e abbracciare la gioia del miracolo o, se preferite, del prodigio. Certo, si può anche minimizzare e far finta di niente. Ma si farebbe un gran torto alla realtà - in questo caso del tutto straordinaria - degli eventi. Perché di fronte a storie come quella della piccola Idil, la bimba venuta al mondo ieri mattina a Torino dopo che sua madre, una donna somala di 28 anni, da oltre un mese versa in uno stato di morte cerebrale, non c’è nulla di normale.
Nulla che possa lasciarci indifferenti. Nulla che ci autorizzi a voltare pagina e a cercare, come se niente fosse, la prossima notizia. Quella neonata, per la bilancia, pesa meno di 800 grammi, eppure la vita che incarna e che sua madre ha saputo donarle pur essendone lei stessa, purtroppo, ormai priva, sa d’infinito. Non a caso la piccola è stata chiama Idil, che significa “bellezza e compiutezza dell’essere”. Respira da sola, dicono i medici, ma non è ancora fuori pericolo. In ogni caso, date le circostanze, rimarrà sotto osservazione almeno una settimana. “Quando sarà grande, le dirò che è un miracolo vivente”, promette commosso il padre. La madre, il cui elettroencefalogramma risulta piatto dallo scorso agosto, non potrà invece mai rivolgere alla sua amata Idil alcuna spiegazione, alcun sorriso, nemmeno uno sguardo. Ma siamo certi che la bambina, non appena avrà modo di capire, non mancherà di ringraziarla per questo addio silenzioso e anticipato. Un addio che solo il coraggio di una madre avrebbe potuto sostenere.E che lascia nel cuore di tutti noi una nuova, stupenda testimonianza d’amore.
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