Lo zaino nuovo che appesantisce le gracili spalle, la merenda e il succo di frutta in bric, i quaderni impacchettati coi facciotti dei Bakugan e di Vale Rossi, gli astucci con penne, matite e pastelli come una falange armata su ognuna della quali è stato scritto il nome del proprietario. Anche il piccolo Samuele, il primo della covata, ieri ha iniziato una nuova vita.
La sveglia ha suonato dolcemente una volta tanto, nonostante fosse mattina presto. “Inizia l’avventura”, dice lui, che come esordio non c’è male, visto e considerato che ne avrà di tempo e di occasioni per sbuffare, annoiarsi e mettere la testa sotto al cuscino, quando l’abitudine prenderà il sopravvento sulla fresca novità chiamata primo giorno di scuola. Poi, di corsa tutti in macchina. E noi genitori, puntuali all’appuntamento con il destino dei nostri figli, più emozionati di loro, a scattare foto, a raccomandarci di fare i bravi, ascoltare e obbedire.
A commuoverci appena entrati in classe perché nella loro innocente ritrosia a varcare la soglia di quell’aula così nuova, così seria, così diversa dalle stanze protette della scuola materna, rivediamo noi stessi da piccoli e ci passa davanti il film di una vita intera: sudare per le tabelline, lottare per strappare una sufficienza in greco, la catena della bici che va giù, le figurine Panini, stupirci della miscellanea di emozioni e sentimenti incontrati: la paura, la solitudine, l’amicizia, la voglia di riscatto, la soddisfazione di una pacca sulle spalle, il primo bacio, la prima severa e impietosa delusione. C’è una controindicazione nel primo giorno di scuola dei figli di cui nessun manuale del perfetto genitore mi aveva avvertito. E’ scoprire che per la prima volta sono soli di fronte al loro destino.
Adesso tocca a te, io ti accompagnerò, ma non potrò seguirti passo passo, perché ti starò a distanza, come è normale che sia, come è bene che accada perché forse è l’unico modo per farti scoprire quale mistero ti si apre davanti con la parola vita. Vita che oggi scoprirai essere la tua e nella quale imparerai a distinguere il bene dal male, senza confidare in chi ti dice che il bene ognuno lo può trovare dove vuole e il male in fondo non esiste. Certo, non sarai solo nel cammino, perché ti auguro di incontrare insegnanti che ti siano educatori, che non siano smaniosi di imboccarti di nozioni, ma che al tempo stesso cerchino di non farti scivolare verso la mediocrità, che ti facciano stupire per una poesia e scoprire quale fortezza si nasconde in un libro, che ti testimonino che dentro un quadro non ci sono solo colori e forme, ma il Dna intero della nostra umanità, che nasce nel fango, ma guarda alle stelle, che è fatta della stessa polvere delle tempere, ma vuole innalzarsi verso il cielo come i colori che queste producono.
Che non siano ingrigiti dalle loro polemiche professionali e che non cerchino di strumentalizzarti per i loro scopi. Non sarai solo perché ti auguro di incontrare compagni che non ti siano complici, ma amici, con i quali condividere queste tappe, che nella loro varietà non sono né belle né brutte, sono semplicemente reali e si chiamano studio, condivisione di un problema, aiuto reciproco, comprensione, competizione verso l’alto. Tappe reali che ti si apriranno di fronte all’improvviso e che hanno l’odore stantio dello scuolabus e il suono dello stridore del gessetto sulla lavagna, ma anche la vista di un raggio di sole che fa capolino in una tarda mattinata di fine febbraio tra le finestre ripitturate della classe, quando credevi che il sole non lo avresti più rivisto, ma anche il tatto di una mano paterna che ti dice: “Sono qua, non temere”.
E poi ci sono tanti amici che conoscerai e che sono stati anche gli amici dei tuoi genitori e dei tuoi nonni: c’è Dante, Ulisse, Lucrezio, ci sono Paolo e Francesca, Renzo e Lucia, c’è un signore austero che si chiama Garibaldi e un altro sul cui impero non tramontava mai il sole, mentre di un altro ancora ti diranno che con tre navi scoprì il Paese al quale devi il Mc Donalds e la libertà. Troverai poveracci uccisi per un ideale e farabutti pronti a tutto per guadagnarsi la fama. E ancora: scoprirai di che pasta sono fatti gli uomini, che a volte sono buoni e a volte no. E che nel susseguirsi delle pagine incomincerai a sentire come te: così unici, così veri, così bisognosi di amare, così figli dello stesso desiderio chiamato eternità. Giornale di Reggio, 15 settembre 2010