Buio fitto e clima da rissa. La vecchia maggioranza, per come la si conosceva, di fatto sembra non esistere più. In poche ore è saltata la tregua tra i duellanti del centrodestra, il lavorìo diplomatico sui cinque punti programmatici e sulla giustizia si è bruscamente interrotto. Gianfranco Fini ha fermato le trattative, ritirato gli ambasciatori alla corte del Cavaliere, e nel corso di un pranzo con alcuni fedelissimi ieri ha spiegato di ritenere “la misura ormai colma”. Parallelamente, gli ambienti vicini a Silvio Berlusconi accusano l’ex leader di An di doppiogiochismo: “Fini finge di voler trattare. A una settimana dal discorso di Berlusconi al Parlamento è da sciagurati benedire un ribaltone in Sicilia e fare votare i propri parlamentari in difformità rispetto alla maggioranza sul caso di Nicola Cosentino”.
Ma che succede? Il presidente della Camera, in un solo giorno, ha incassato due colpi: il voto alla Camera sul caso Cosentino, che ha confermato l’esistenza – seppur forse soltanto episodica – di una maggioranza al netto dei voti di Fli e al netto della sicumera con la quale da martedì il gruppo finiano scommetteva sulla propria indispensabilità; e la pubblicazione da parte di alcuni quotidiani, tra cui Libero e il Giornale, di un controverso documento che prova la tesi accusatoria della campagna stampa sul famoso immobile di Montecarlo: secondo una missiva interna al governo dell’Isola di Santa Lucia (Isole Cayman) è Giancarlo Tulliani il titolare della società offshore che ha acquistato da An la casa di rue Princesse Charlotte di cui risulta anche affittuario. Al momento in cui questo giornale va in stampa, si rincorrono voci su un possibile intervento pubblico del presidente della Camera. La tesi che il gruppo dei fedelissimi finiani fa trapelare è che il documento proveniente dalle Cayman sarebbe un falso o sarebbe addirittura stato comprato (corruzione?) attraverso oscuri canali che coinvolgerebbero i servizi segreti. Buio pesto. Alcuni parlamentari che hanno incontrato Fini ieri pomeriggio sostengono che il presidente della Camera avrebbe le prove che ci sono stati pagamenti allo scopo di produrre la documentazione falsa al fine di screditarlo.
E’ sul “mandante politico” che si concentrano gli assalti finiani. Dice Enzo Raisi: “Eravamo disponibili al votare il lodo Alfano, se poi altri fanno manovre torbide ne risponderanno nelle sedi opportune”. Dura la reazione del Pdl. “Nessuno può fermare una libera campagna di stampa. Se Fini ritiene che si tratti di dossieraggio, allora deve parlare pubblicamente e deve denunciare tutto alla magistratura”, ha detto il coordinatore nazionale, ed ex colonnello finiano, Ignazio La Russa. Il ministro non lo dice, ma fa intendere che, qualora Fini non parlasse, la sua posizione risulterebbe indifendibile e “gravemente compromessa”. Le ricadute politiche sono un terremoto sul presidente della Camera che, secondo fonti a lui vicine (poi smentite), avrebbe detto: “Da oggi siamo in guerra”. D’altra parte Fini aveva ingranato una linea dura già da ieri mattina su Cosentino, quando, a fronte dei dubbi sollevati all’interno del suo gruppo, aveva imposto di votare “sì” all’utilizzo delle intercettazioni sul coordinatore campano del Pdl. Si prepara un Vietnam parlamentare? La crisi di governo? Una volta sedimentati gli umori nerissimi, rischia di tornare vivo il dubbio esiziale che tormenta sia Fini sia Berlusconi: chi si prende la responsabilità di aprire una crisi? Secondo le ricostruzioni più maliziose l’ex leader di An avrebbe già optato per la strategia del “tanto peggio, tanto meglio”. Dietro la durezza (per ora soltanto privata) di Fini non ci sarebbe soltando il documento piovuto dalle Isole Cayman.
Il presidente della Camera, dicono gli avversari del Pdl, si troverebbe in un vicolo cieco: al Senato rischia di saltare il gruppo parlamentare di Fli per la defezione di Francesco Pontone. Mentre anche alla Camera i numeri scricchiolano, più di dieci deputati di Fli ieri mattina, su Cosentino, hanno votato a scrutinio segreto in difformità rispetto alle indicazioni del leader. Resta un calcolo tra costi e benefici: i sondaggi sono buoni, si attestano intorno al 7 per cento e consegnerebbero a Fli più deputati di quanti non ne abbia adesso. Non solo, anche Pier Ferdinando Casini, irritato per la questione dell’Udc siciliana, medita vendetta contro Berlusconi. Il Terzo polo si fa un po’ più vero. Il Foglio
Domanda: come farebbe P. Casini a stare con i radicali di Fini? A chiedere i voti alla Cei e il sostegno di Avvenire, e allearsi con chi propone: eutanasia, coppie di fatto, matrimoni gay ecc.? E ancora: fini e Casini, due galletti nello stesso pollaio?
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