Preti e gelati
Di Gianfranco Amato (del 02/09/2010 @ 15:07:26, in Attualitą, linkato 978 volte)

Preti e gelati. Quale può essere il nesso tra questi due elementi, a parte il legittimo e innocente piacere di assaporare un sorbetto da parte di un religioso? A rendere letteralmente strano il connubio ci pensa l’ennesimo attacco alla Chiesa cattolica sul filone ossessivo dei preti gay.

Questa volta si tratta di una pubblicità. L’immagine maliziosa, diffusa in Gran Bretagna, è quella di due sacerdoti che stanno per baciarsi, accanto alla scritta: «Noi crediamo nella salivazione».

L’elemento irriverente e sacrilego sta nel pessimo gioco di parole tra “salvation”, l’opera di salvazione dell’anima, e “salivation”, la secrezione di saliva, chiara allusione ad un French kiss. Con l’aggiunta di una sola vocale sono riusciti a trasformare la provocazione in profanazione. A commissionare l’offensiva reclame è stata la società londinese che ha reso celebre il gelato italiano nel Regno Unito.

Si tratta, infatti, della Antonio Federici’s Gelato Italiano, premiata ditta che da oltre cento anni (1896) confeziona il celebre manufatto dolciario che pare sia stato inventato dagli arabi quando scoprirono, durante l’occupazione della Sicilia nel IX secolo, le neviere iblee. Sulla qualità dei prodotti della ditta londinese non v’è nulla da ridire, visto che ha persino ottenuto il primo premio per il “miglior gelato del mondo” dall’International Ice Cream Consortium (IICC) nel 2009. Sul buon gusto dell’iniziativa pubblicitaria, invece, da dire ve n’è molto. Come era prevedibile, l’empia reclame ha suscitato una veemente protesta da parte di consumatori cattolici, i quali si sono rivolti alla Advertising Standards Authority (ASA), l’ente che vigila sulla correttezza e liceità della comunicazione pubblicitaria. La provocatoria iniziativa commerciale, infatti, non può essere archiviata come una semplice caduta di stile, per quanto discutibile e di dubbio gusto. Lo dimostrano, tra l’altro, le parole di Matt O’Connor, direttore creativo dell’azienda, che nel difendere l’operazione di marketing, si è appellato espressamente all’indignazione che regna nell’opinione pubblica britannica sull’omosessualità dei preti cattolici.

O’Connor, confidando nell’influenza della potente lobby gay, è arrivato a sfidare l’ASA con un provocatorio auspicio: «Ben vengano le indagini». L’azienda è convinta, infatti, che quella pubblicità, se può far indignare qualche retrivo bigotto, in realtà «celebrates homosexuality», e inoltre «fa espresso riferimento al recente episodio dei tre preti scoperti a frequentare night club riservati ai gay». In nome della sacra laicità, i responsabili marketing della Antonio Federici’s Gelato Italiano sono arrivati addirittura a mettere in discussione il potere di decisione dell’ASA sul caso, in quanto, a detta degli stessi responsabili, tale ente non può arrogarsi il ruolo di «moral guardian». Questo sì che sarebbe un sacrilegio della politically correctness.

 Il fatto è che, approfittando cinicamente del vento anticattolico che soffia in Gran Bretagna (e non solo), la premiata gelateria ha lanciato una campagna pubblicitaria dal titolo “Il gelato è la nostra religione”, nella quale la raffigurazione dei preti gay è soltanto l’ultima delle provocazioni. Lo scorso giugno, infatti, la stessa azienda aveva fatto pubblicare l’immagine di una suora incinta nell’atto di gustarsi un gelato, accanto alla frase: «concepito immacolatamente». Furono più di quaranta i ricorsi presentati allora all’ASA da parte di cattolici profondamente indignati per la blasfema offesa del concepimento di Nostro Signore. L’ASA – che non pare brilli per solerzia e celerità – sta ancora valutando la possibilità che un simile messaggio commerciale possa ritenersi offensivo. Anche in quel caso O’Connor, forte della deriva anticattolica internazionale, (che proprio a giugno raggiunse l’apice con il blitz in Belgio), ha difeso l’iniziativa definendola una «pubblicità intelligente, provocatoria ed iconoclasta».

Nel tentativo di far breccia tra i detrattori dei papisti ed invocando le leggende nere che circolano sulla Chiesa, il direttore creativo ha precisato che quell’immagine, in realtà, «intende mostrare qualcosa di assai più profondo», ovvero «le orribili storie di migliaia di giovani donne irlandesi rinchiuse come schiave nei conventi dalla Chiesa cattolica, e a cui le suore hanno sottratto i figli, perché ritenute delle “degenerate”».

Il bello è che O’Connor ha affermato di essere egli stesso, da buon irlandese, un autentico cattolico. Quando ho letto queste dichiarazioni mi è subito venuta in mente la riflessione esternata da Benedetto XVI ai giornalisti durante il volo verso il Portogallo lo scorso 11 maggio. Proprio in quell’occasione, infatti, il Santo Padre aveva denunciato il pericolo del “fuoco amico”, ed aveva amaramente ammesso che gli attacchi più pericolosi e subdoli sono quelli che avvengono all’interno del mondo cattolico e della stessa Chiesa. Non voglio essere profeta di sventura, ma temo che ce ne accorgeremo durante il prossimo viaggio che il Papa ha in programma di fare proprio in Gran Bretagna. Sospitet eum Deus! culturacattolica.it