Italia unita, italiani divisi. Almeno per ora
Di Giuliano Guzzo (del 23/08/2010 @ 09:36:11, in Attualitą, linkato 1141 volte)

Alla vigilia del centocinquantenario dell'Unità d'Italia, la nostra penisola si presenta, manco a dirlo, spaccata tra due modi totalmente antitetici di intendere questo appuntamento. Da una parte abbiamo coloro che, forti di dati storici inconfutabili, non si stancano di denunciare l'unificazione del nostro Paese come una forzatura storica  voluta da una ristretta élite e gravida di ombre, scandali e parentesi delittuose, mentre dall'altra, facendo appello ai più nobili sentimenti, altri preferiscono soffermarsi sulla necessità di rispolverare l'amor di patria in alternativa a divisioni altrimenti insanabili.

Queste due differenti chiavi di lettura dei 150 anni dell'Unità di Italia sottendono, a loro volta,differenti concezioni della realtà nazionale; se quanti ritengono fallimentare l'esperienza unitaria dell'Italia rilanciano infatti con insistenza scenari politici federali che possano ridare ossigeno ad autonomie locali, si dice, da troppo tempo soffocate dal centralismo, i patrioti più convinti non soltanto riconoscono nell'Italia un'identità nazionale definita, ma guardano con entusiasmo anche al processo d'integrazione Europa.

Orbene, entrambe queste correnti di pensiero, di fatto, contengono delle verità. Mi spiego. Indubbiamente va registrata una disattenzione culturale allarmante per quanto riguarda quello che realmente fu l'unificazione del nostro Paese, ossia un'esperienza quanto meno controversa, costellata da crimini, abusi e figure inquietanti; lo stesso Garibaldi, al di là di consuete propagande, somiglia più ad losco avventuriero che all'eroe cui sono dedicate, a migliaia, piazze e vie italiane.

Al tempo stesso, tuttavia, deve essere chiaro come la maturazione, per quanto tardiva, di un senso di appartenenza comune rappresenta l'unica via d'uscita per l'Italia:non sarà il patriottismo nobile di inglesi e tedeschi e nemmeno quello orgoglioso degli americani, ma se non altro servirà a cementare gli animi di un popolo storicamente ancora giovane eppure erede di imperi gloriosi e che ha già dimostrato,soprattutto nella seconda metà del Novecento, di essere più grande dei propri errori.

Da questo punto di vista anche la proposta federalista, da tanti temuta, potrebbe in effetti favorire la svolta di cui abbiamo bisogno, ridisegnando equilibri oggi solo formali e contraddetti dalla prassi. Ci vorrà del tempo, certo, prima in l'Italia le cose cambino. Anche perché in politica,notoriamente, prevale la logica della delegittimazione reciproca. E le cose non vanno meglio a livello più generale, dal momento che manifestiamo una singolare propensione a sparlare di noi stessi,salvo poi lamentare, con grande faccia tosta, la scarsa considerazione con la quale, dall'estero, ci osservano.

Ecco perché, senza scadere nella retorica e lontani da tentazioni dietrologiche, abbiamo il dovere di guardarci allo specchio e di ammettere che se la storia del nostro Paese, dal Risorgimento alla Resistenza, è stata una galleria di luci e ombre spesso bagnata da sangue innocente, il presente è un capitolo nuovo, ancora da scrivere, nel quale ciascuno è chiamato a dare il meglio di sé. Nella speranza che si passi presto dalle parole ai fatti e la si smetta di dire che il nostro non è un Paese normale e si cominci a fare il possibile, tutti assieme,perché lo diventi.