Ho scoperto oggi l'allucinante esistenza di tale Massimiliano Parente, egocentrico scrittorucolo convinto di essere un grandissimo intellettuale. Parente è un radicale (ma dai!) e scrive su Il Giornale.
Pezzi grotteschi, come quello di oggi, 20 luglio:
...Insomma, alla fine il peggior discorso dei discorsi sui valori è proprio «il valore della vita», quando c’è sempre qualcuno a un certo punto che ti tira fuori il valore della vita, come se la vita fosse quotata in qualche listino di Wall Street un tot al chilo e non fosse il campo di concentramento cosmico che è. Un valore della vita, attenzione, che è invariabilmente il valore della vita umana come espediente per rompere le palle alle vite altrui, magari a una ragazza che vuole abortire o rifiutare un figlio down, poiché per la legge 40 già un embrione è un bambino (ma per coerenza nell’ipocrisia puoi abortirlo dopo, fino a tre mesi), magari appellandosi a una metafisica del Dna, come dire che già la ricetta di una torta è una torta.
O magari salta fuori il valore della vita rispetto a un corpo mantenuto in vita artificialmente, e che strano, più credono nell’al di là più ti attaccano di qua a un respiratore artificiale. Ma come, l’entità immaginaria che vive nei cieli, in cui credete, vi sta chiamando, e voi opponete resistenza? La verità è che ogni discorso sulla vita è di una tristezza infinita perché non vuole vedere la verità, e non vedere la verità non è un valore neppure nei ciechi o non vedenti, come dicono le signorine del valore della vita nella menzogna, spinta fino alla negazione nominale delle cose. Infatti il valore della vita è tale da generare paradossi incredibili, e di tiratina in punturina, per illudersi di sconfiggere la vecchiaia con la chirurgia plastica, non solo tutte le donne più invecchiano e più somigliano a trans (e poi si lamentano se gli uomini vanno direttamente con i trans, dotati anche di altri optional), ma arrivano quelli per cui la vita comincia a quarant’anni, la vita comincia a cinquant’anni, la vita comincia a sessant’anni, la vita comincia a settant’anni, la vita comincia a ottant’anni, e infine, per gli incontentabili dell’illusione, arriva la religione, con il paradosso massimo: la vita comincia dopo la morte. Seicento milioni di anni di farsa chimica e biologica, tremila anni di filosofia, per arrivare a questo.
Nella vita, per fortuna, ci sono anche anedotti simpatici sul valore della vita, per esempio mi ricordo di quando Carmelo Bene, a una puntata del Maurizio Costanzo Show, osò dire «Ma cosa ce ne fotte a noi del Ruanda?», e il pubblico rimase ammutolito prima che si alzasse un brusio di disapprovazione, in quanto non era bene dire quello che diceva Bene, e ci fu qualcuno che si alzò per difendere il valore della vita in nome del Ruanda, del quale, nella vita dei cittadini occidentali, a nessuno fotte niente se non quando ricorre in una conversazione, come le cinque giornate di Milano e Gianni Minoli. In Ruanda, pochi anni dopo, ci andò invece una strafiga come Claudia Koll, e io ero così pornograficamente ossessionato da Claudia Koll da restare molto colpito dalla notizia e pensavo di trasferirmi in Ruanda anch’io, con lei, due cuori e una capanna. Non so quanto avrei resistito senza aria condizionata, senza wireless, senza Xanax, senza Iphone, e però sarei stato con lei, con Claudia Koll.
Ma siccome la vita è orribile e non c’è nessun valore della vita Claudia Koll ci andò non a esportare se stessa e la sua bellezza e a concedersi al Terzo Mondo, al contrario ci andò quando si convertì passando da Tinto Brass a Gesù Cristo, diventando una missionaria, quando a me della missionaria mi interessa solo la posizione. Con il risultato che oggi il Ruanda è nella merda quanto lo era prima della discesa di Claudia Koll, con la morale della favola che noi abbiamo perso una strafiga, e in Ruanda, essendoci lei andata in nome della castità, nessun africano si è mai fatto Claudia Koll, e allora perfino in Ruanda, mi domando, quando gli parli dei valori della vita, i negri o i neri o i di colore che vivono lì mica saranno stupidi, e ci sarà qualcuno che pensa, pensando al valore della vita: ma cosa ce ne è fottuto a noi di Claudia Koll? "
Non sarebbe il caso di scrivere una letterina a Feltri (direttoreweb@ilgiornale.it), che ci liberi di questi buffoni nichilisti?