La strage sulle stragi
Di Giuliano Guzzo (del 19/07/2010 @ 15:05:22, in Attualitą, linkato 1537 volte)

A quasi vent’anni di distanza da quelle del ’92, c’è un’altra strage – non dinamitarda, fortunatamente - che si consuma tra politica, magistratura e stampa: quella della ri-costruzione  di Capaci e Via d’Amelio. Tutti, in Parlamento, nelle procure e nelle redazioni, si sentono autorizzati a fornire una loro versione sulla morte di Falcone e Borsellino. E tutti, da aspiranti mafiologi, puntando il dito contro una non meglio precisata “trattativa” tra mafia e Stato, sentenziano, alludono e insinuano. Come se la questione, sulle stragi, stesse nella ricerca di risposte, mentre, forse risiede ancora nelle domande.

La prima: come mai la stampa, solitamente così avida di scoop e complotti, non diede alcun risalto mediatico alla lettera che Elio Ciolini, in data 6 marzo 1992, inviò al giudice Leonardo Grassi, nella quale scrisse testualmente: “nuova strategia tensione in Italia – periodo: marzo-luglio 1992 […] nel periodo marzo luglio di quest’anno avverranno fatti intesi a destabilizzare l’ordine pubblico come esplosioni dinamitarde […] tutto questo è stato deciso a Zagabria – Yu (settembre ’91) nel quadro di un “riordinamento politico” […] e in Italia è stato inteso ad un nuovo ordine “generale” con i relativi vantaggi economici finanziari”?

E' vero: Ciolini era indubbiamente un personaggio oscuro e controverso, non per nulla è stato spesso al centro di storie di rivelazioni più o meno attendibili e di clamorosi depistaggi, il più noto dei quali fu quello sulla indagini sulla strage alla stazione di Bologna, ma le previsioni fatte per il ’92, ancorché minimizzate, furono, purtroppo, del tutto profetiche. Così come lo fu una strana dichiarazione che Bettino Craxi rilasciò in un’intervista al settimanale Panorama: “Me ne vado perché ci aspetta una stagione di bombe”. A cosa si riferiva Craxi?

E ancora: come mai, quando, il 16 marzo ’92, l’allora Ministro dell’Interno Scotti, non quindi uno qualsiasi, – allarmato da queste ed altre segnalazioni – diramò un allarme a tutti i prefetti del Paese per la prossimità di un piano di destabilizzazione del Paese, non solo non venne creduto, ma fu persino irriso ed il Corriere della Sera, quotidiano solitamente equilibrato, si sbilanciò in prima pagina parlando della “classica patacca”, ed arrivando anche a pretendere dal Ministro “spiegazioni molto convincenti” (Corriere, 20/3/’92, p.1)?

Il solo a stupirsi pubblicamente del modo col quale venne messo a tacere Scotti fu il trentino Flaminio Piccoli, che espresse inquietudine per come “i grandi quotidiani e le diverse tv” avessero presentato e ridicolizzato l’allarme del Ministro dell’Interno, “con assoluta uniformità di giudizi, danno l' impressione che derivino da un solo editore o da una sola "centrale"” (Corriere, 25/3/’92, p. 5).  Ed è forse proprio a partire da quel potente e diffuso ridimensionamento di un allarme rivelatosi di lì a poco fondatissimo, prima che in tante presunte “trattative” e dichiarazioni di “pentiti”, che si dovrebbe iniziare a ragionare sulle stragi di Capaci e Via d’Amelio. Anche per fermare la strage del buon senso che molti esponenti delle istituzioni, magistrati e giornalisti stanno compiendo sul ’92.