In merito alla situazione drammatica in cui versa la Chiesa e di fronte alle parole pronunciate nell’omelia del 29/06/2010 da Benedetto XVI – festa dei Santi Pietro e Paolo - occorre riflettere.
La crisi morale, che per alcuni è la ragione ultima della difficoltà e delle persecuzioni che la Chiesa sta vivendo, ha radici nella crisi di fede e non in una incapacità di stare al passo con i tempi. Ecco perché il Santo Padre insegna che le persecuzioni “non sono il pericolo più grave”. Senza la fede nel Signore Risorto – veramente Risorto - cade il fondamento della morale e resta solo il vuoto moralismo interpretabile dal gusto del singolo e/o delle maggioranze. Questo è il cuore del problema, persa la fede si spalanca l’orizzonte del peccato.
La conseguenza principale – fa notare il Papa - è di tipo soprannaturale: la ferita del Corpo Mistico di Cristo, ma di ciò non ne parla nessuno e pochi fedeli sanno cosa significa, figurarsi il “mondo”.
Questa crisi di fede cresce e si sviluppa particolarmente laddove “dottrine fuorivianti” influenzano le anime rendendole più indifese alle tentazioni: si è creato un terreno fertile alla crescita di un’idea di libertà priva di riferimento alla Verità. Quell’idea che in fin dei conti confonde la libertà con l’egoismo e così piano, piano elimina il senso del peccato che è il frutto di una conclamata apostasia della fede (cfr. Benedetto XVI nel Regina Caeli del 16/05/2010).
Oggi purtroppo nella Chiesa sono molti coloro che inorridiscono solo a sentir parlare di Verità, altri infarciscono i loro discorsi con la parola umiltà e poi non accettano l’obbedienza, altri ancora confondono il ministero di “insegnare e governare” con un ruolo sostanzialmente impiegatizio/accademico, altri sono arrivati al sacerdozio senza essere accompagnati da adeguato discernimento e preparazione. Paradossalmente, nel confronto con il grave momento che sta vivendo la Chiesa, proprio i paladini di certa libertà, figli di una ideologia sempre pronta ad attaccare l’autorità, appaiono come i più zelanti nell’auspicare un repulisti che puzza di rivincita. Un conto è la richiesta di perdono per le vittime degli abusi sessuali e l’impegno “affinché un tale abuso non possa succedere mai più” espressi varie volte dal Santo Padre, altro è il “tintinnar di manette”, promosso da alcuni in preda ad un furore giustizialista di cui si fatica a trovare l’origine evangelica.
Mi pare che il caso Schonborn e la recente nota della Sala Stampa Vaticana (28/06/2010) siano particolarmente illuminanti in tal senso. La “tolleranza zero” di Bendetto XVI non abbandona certamente la prudenza.
Infine si può dire che le cause dell’attuale situazione ecclesiastica siano da cercare nelle divisioni sorte in seguito a quelle teologie “moderne” che sono andate ben oltre il Concilio Ecumenico Vaticano II. Diversi studi, e diversi insegnamenti degli ultimi due pontefici, concordano nel ritenere che qui si trova la causa di un cedimento della fede e di una progressiva secolarizzazione nella Chiesa. La situazione in Belgio, ma anche in Austria, o in Olanda e in Germania, è paradigmatica.
Mi sembra allora che le parole più importanti dell’omelia pronunciata ieri da Bendetto XVI siano queste: “il ministero petrino è garanzia di libertà nel senso della piena adesione alla verità, all’autentica tradizione, così che il Popolo di Dio sia preservato da errori concernenti la fede e la morale.”
Purtroppo non so quanti sacerdoti avranno occasione di leggerle, ma ancor di più mi preoccupa che possano essere facilmente eluse perché “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”. Il Vangelo ci insegna che le persecuzioni non cesseranno, ma almeno si trovi il coraggio di preparare i battezzati ad affrontarle spiritualmente. O vogliamo lasciare che questa preparazione sia condotta da un Kung o da un Mancuso sul quotidiano più chic?
”Le porte degli inferi non prevarranno”, troviamo allora “il coraggio di chi non si lascia intimidire dal chiaccericcio delle opinioni dominanti” (dall’omelia del Santo Padre nella Domenica delle Palme 2010).