Di Luca Teofili. Domenica 9 maggio, a Mosca, si sono conclusi i festeggiamenti per il 65° anniversario della vittoria sul Nazismo.
La parata è stata la più importante dalla fine dell’Urss per il numero di soldati e di marinai che hanno sfilato, per la quantità di carri armati e mezzi blindati fino ai missili atomici intercontinentali Topol M, con il sorvolo di 127 fra aerei ed elicotteri. In totale più di diecimila soldati russi, insieme ai quali ha sfilato una rappresentanza di quattro paesi della Nato, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Polonia, alleati dell’Urss nella Seconda Guerra Mondiale.
Ora nessuno mette in dubbio che la caduta del nazismo e la fine del regime hitleriano siano date da festeggiare con grande risalto, ma non può non far riflettere che una delle presenze più costanti in questa grande festa per la libertà, la pace e la democrazia sia stata quella di Joseph Stalin. Giovani e meno giovani, anziani e nostalgici hanno sfilato con le gigantografie del dittatore, con magliette in cui risaltavano gli inconfondibili baffoni e migliaia di immaginette sono state fatte stampare per l’occasione e distribuite a mo’ di santini con l’effigie del “protagonista indiscusso” della vittoria sul nazionalsocialismo.
Ma alla parata c’era un grande assente. Barack Obama? No! Berlusconi o Sarkozy, impegnati nella risoluzione della crisi economica che minaccia di investire l’UE? No! Il grande assente della parata era la storia o meglio i fatti! Infatti per trasformare l’anniversario della vittoria su Hitler e il nazismo in una apologia di Stalin e della sua condotta in quel periodo, bisogna dimenticare una quantità innumerevoli di fatti.
- Bisogna dimenticare che l’invasione della Polonia, il 1° settembre 1939, da parte delle truppe tedesche fu una conseguenza del patto Molotov-Ribbentrop, in cui sovietici e nazisti si impegnavano a non aggredirsi.
- Bisogna dimenticare che, appena due settimane dopo l’inizio della guerra (il 16 settembre), le truppe di Stalin invadevano a loro volta la Polonia da Est, macchiandosi di numerosi crimini.
- Bisogna dimenticare che il 5 marzo 1940 Stalin firmò l’ordine di esecuzione per oltre 20.000 cittadini polacchi, che nella primavera del ’40 venivano uccisi con un colpo alla nuca e sepolti nella foresta di Katyn (attuale Bielorussia)
- Bisogna dimenticare che il 1° agosto 1944 scoppiò l’insurrezione di Varsavia contro i nazisti. L’Armata Rossa, pur potendo intervenire, attese che nazisti e polacchi si massacrassero a vicenda. Dopo 63 giorni di terribile battaglia e 100.000 morti, il 3 ottobre i polacchi dovettero capitolare di fronte ai nazisti, che deportarono i prigionieri in Germania e distrussero la città. Solo il 17 gennaio 1945 l’Armata Rossa entrò a Varsavia, compiendo stragi e stupri tra la popolazione “liberata” (tra cui numerose religiose: v. Andrea Riccardi, Il secolo del martirio, Mondadori, 2009, pag. 133-134).
L’elenco potrebbe continuare. Uno dei più grandi storici di Stalin e dello stalinismo, l’inglese Robert Conquest, nel suo “Il grande terrore”, riporta come stima prudenziale delle vittime dell’epoca staliniana (23 anni) la cifra di 20 milioni di esseri umani, annotando che il numero probabilmente va rivisto in aumento almeno del 50 %. I giornali, salvo pochissime voci isolate, hanno riportato la notizia della parata col carnefice apparentemente senza nulla da eccepire.
Solo in siti o in blog è apparso qualche commento critico o ironico. I media nazionali, distratti dalla crisi greca, hanno stranamente glissato sul tema. Per l’ennesima volta il grande assente dai mezzi di comunicazione sono stati i fatti. Le vittime sono le tante persone che nei giorni scorsi, guardando sfilare migliaia di persone con l’icona del grande condottiero non hanno avuto un sussulto, non hanno notato nulla di strano, non hanno avuto nessun moto di indignazione, come se l’immagine fosse quella di Gandi o di Martin Luther King.
Fra 5 anni, sarà di nuovo anniversario, ricorreranno i 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale e dalla vittoria sul nazismo. E tra folle festanti vedremo nuovamente sfilare il volto di uno dei più grandi assassini della Storia, superiore nell’orrore (almeno per i numeri) all’altro carnefice (Hitler), di cui si festeggia la caduta. E sarà di nuovo: parata con il carnefice!