La copertura mediatica data alla riforma sanitaria negli USA è stata ampia, eppure non è stata rilevata una contraddizione che avrebbe dovuto sollevare delle perplessità: l’estensione della copertura sanitaria ad una fascia più larga di popolazione avviene contemporaneamente ad una forte riduzione di spesa per il programma di assistenza agli anziani denominato “Medicare”.
Il meccanismo di riduzione della spesa è basato sul criterio della “comparative effectiveness”, traducibile come “efficacia comparativa”, termine col quale si indica il rapporto tra il costo di una cura e il beneficio atteso. Non ci sarebbe nulla di insolito nel valutare il rapporto costo-benefici di un trattamento sanitario, il problema nasce quando nel valutare la “efficacia” di una cura si tiene conto dell’aspettativa di vita del paziente.
Ogni intervento che prolunghi l’aspettativa di vita risulterà infatti meno “efficace” se effettuato su un paziente anziano rispetto allo stesso intervento effettuato su di un paziente più giovane. Quindi, in base a questo calcolo, la medesima cura potrà essere somministrata ad un giovane e negata ad un anziano. Si tratta dunque di una eutanasia passiva, quel tipo di eutanasia con la quale al paziente viene negata una salvezza tecnicamente possibile e se ne anticipa in tal modo la morte.
Ma la legislazione USA non è l’unica ad aver introdotto un simile criterio di discriminazione rispetto all’età, esso infatti è già presente nel sistema sanitario inglese il quale, a sua volta, non è stato il primo ad adottarlo. Infatti la prima volta che l’eutanasia venne proposta per gli anziani (e per soggetti affetti da determinate patologie) fu a metà del XX secolo. In quell’occasione però qualcuno protestò: «Si dice che questi pazienti sono come una macchina vecchia che non funziona più… cosa dobbiamo fare di una macchina di questo genere? La mandiamo in demolizione.»
Con queste parole il vescovo cattolico di Münster in Westfalia, Clemens August Graf von Galen, nell’agosto del 1941 denunciava pubblicamente il programma tedesco di eutanasia denominato “T 4”, da Tiergartenstrasse 4, l’indirizzo dell’ente per la salute. Il programma aveva iniziato ad essere applicato nel 1938. Le sue linee ispiratrici erano due:
- La prima di natura eugenetica rivolta alla eliminazione dei portatori di handicap
-La seconda motivata dalla necessità di stornare risorse economiche dalla sanità per indirizzarle alle spese di guerra.
Il progetto eutanasico era stato promosso attraverso film e pubblicazioni per orientare il consenso e favorirne l’accettazione da parte della popolazione, ma in questo caso l’azione della propaganda non ebbe successo soprattutto per via dell’opposizione della Chiesa Cattolica.
Il programma T 4 dovette essere sospeso e Martin Borman, il segretario del Fürer, chiese di intervenire direttamente contro il vescovo von Galen. Goebbels ottenne però di rinviare il regolamento di conti per non influire negativamente sul morale dei soldati cattolici impegnati sul fronte russo. Il vescovo von Galen è stato beatificato da papa Benedetto XVI il 9 ottobre 2005.
Ma c’è una seconda notizia proveniente dagli USA che mostra dei movimenti in direzione dello stabilirsi di quella che potremmo definire una mens eutanasica, termine utilizzato da papa Ratzinger nell’enciclica “Caritas in Veritate” per denunciare il diffondersi dell’eutanasia e delle manifestazioni di abuso di dominio sulla vita.
La notizia si riferisce allo svolgimento in California, dal 15 al 18 aprile, della conferenza della MAPS (Associazione Multidisciplinare degli Studi Psichedelici) la cui finalità è promuovere l’utilizzo delle sostanze psichedeliche per i trattamenti psicoterapeutici, la terapia del dolore, l’esplorazione spirituale, per le terapie sciamaniche ed altri usi similari. Nel corso dei lavori si è discusso dell’utilizzo di droghe come LSD e l’MDMA (3,4 metilenediossimetamfetamina) comunemente conosciuta come “Ecstasy”, per il trattamento psicologico del fine vita.
Il New York Times, negli stessi giorni in cui portava i suoi attacchi a papa Benedetto XVI, si occupava in prima pagina anche della conferenza dell’Associazione di Studi Psichedelici, ma in questo caso la testata newyorkese, in un rinato spirito psichedelico da anni ‘60, non ravvisava nulla da eccepire sulle finalità dell’associazione.
Nell’articolo del New York Times veniva intervistato il dott. Grob dell’Università della California (UCLA) il quale informava i lettori del fatto che: “Grazie ai cambiamenti avvenuti negli ultimi 40 anni… la nostra cultura è più recettiva, e noi stiamo mostrando che queste droghe possono fornire benefici che i trattamenti attuali (del fine vita) non possono dare.” Per concludere infine affermando: “Sotto l’influenza degli allucinogeni gli individui trascendono la loro primaria identificazione con i loro corpi e sperimentano uno stato libero dall’ego...”
Ma anche l’idea di sostituire la religione con le sostanze psichedeliche, non è nuova, evidentemente l’insegnamento della storia è che ci sono cose che periodicamente riaffiorano. Sembrano novità ma sono solo vecchie idee che hanno cambiato faccia.