Benedetto XVI: qualche riflessione a cinque anni dall'elezione
Di Giulia Tanel (del 19/04/2010 @ 21:28:09, in Religione, linkato 1141 volte)
Alle 17:56 del 19 aprile di cinque anni fa, al secondo giorno del conclave, i fedeli scorsero la fumata bianca fuoriuscire dal comignolo della Cappella Sistina. Alle 18:07 suonarono le campane di San Pietro in Vaticano: a questo punto non c’erano più dubbi, l’elezione del 265° papa della Chiesa cattolica era avvenuta. Il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Joseph Ratzinger, scelse il nome di papa “Benedetto XVI” perché, spiegò egli stesso nella sua prima udienza del 27 aprile 2005: “Ho voluto (…) riallacciarmi idealmente al venerato pontefice Benedetto XV, che ha guidato la Chiesa in un periodo travagliato a causa del primo conflitto mondiale. Fu coraggioso e autentico profeta di pace e si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il dramma della guerra e poi per limitarne le conseguenze nefaste. Sulle sue orme desidero porre il mio ministero a servizio della riconciliazione e dell'armonia tra gli uomini e i popoli, profondamente convinto che il grande bene della pace è innanzitutto dono di Dio, dono purtroppo fragile e prezioso da invocare, tutelare e costruire giorno dopo giorno con l'apporto di tutti. Il nome Benedetto evoca, inoltre, la straordinaria figura del grande “Patriarca del monachesimo occidentale”, san Benedetto da Norcia, compatrono d'Europa insieme ai santi Cirillo e Metodio e le sante donne Brigida di Svezia, Caterina da Siena ed Edith Stein. La progressiva espansione dell'ordine benedettino, da lui fondato, ha esercitato un influsso enorme nella diffusione del cristianesimo in tutto il continente. San Benedetto è perciò molto venerato anche in Germania e, in particolare, nella Baviera, la mia terra d'origine; costituisce un fondamentale punto di riferimento per l'unità dell'Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua cultura e della sua civiltà”.

Questa elezione fu, dai più, accolta con scetticismo; si vedeva in Ratzinger un uomo troppo concettuale, poco comunicatore, totalmente antagonista nel modo di porsi rispetto al suo predecessore, il “papa venuto dell’Est”. I primi mesi di pontificato furono segnati da un continuo confronto con Giovanni Paolo II, soprattutto in vista della XX Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia. Questa coincise, per Benedetto XVI, con il primo viaggio fuori dall’Italia e con il primo confronto diretto con i giovani: chi, quel 21 agosto, era sulla collina di Marienfeld, può testimoniare come il nuovo papa abbia reso omaggio al suo predecessore e, nello stesso tempo, abbia mostrato come anch’egli, benché con uno stile comunicativo differente, abbia dimostrato di vedere nei giovani una risorsa importantissima, da valorizzare e sostenere nel cammino della fede.
In seguito sono state molte le scelte di Benedetto XVI che hanno suscitato vivaci discussioni. In primis vi fu la coraggiosissima decisione del 2007 di pubblicare il Motu Proprio Summorum Pontificum cura, con il quale si è restituita piena legittimità alla forma liturgica pre-conciliare; molti videro in tale atto un pericoloso ritorno al passato, mentre il papa voleva semplicemente collocarsi in linea di continuità con la tradizione. Infatti, in un discorso pronunciato nel dicembre del 2005, Ratzinger aveva spiegato che ci sono due modi di interpretare il Concilio Ecumenico Vaticano II: da una parte c’è l’“ermeneutica della discontinuità e della rottura”, dall’altra l’“ermeneutica della riforma”, ovvero il rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa che il Signore ci ha donato. Insomma, la prima interpretazione finiva con il giustificare decisioni non in linea con quelli che erano i documenti del Concilio Vaticano II, mentre la seconda si muoveva in un’ottica di riconciliazione con la tradizione. In questa accezione vanno interpretati sia il Motu Proprio che la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani nel gennaio del 2009, altro atto che ha suscitato moltissime polemiche.
Diversi sono gli episodi che hanno portato Benedetto XVI sulle prime pagine di tutte le testate nazionali ed internazionali: per esempio, il discorso di Ratisbona e la diatriba sviluppatasi all’università “La Sapienza” di Roma, o il dialogo con ortodossi e anglicani, o la polemica sul negazionismo del vescovo Williamson… tutti temi “caldi”, importanti, che il papa ha saputo affrontare senza timore, avendo sempre come unico obiettivo quello di trasmettere la Verità.
Nessuna frase pronunciata da Benedetto XVI passa inosservata: i costanti richiami al rispetto valori non negoziabili; il sottolineare il rapporto tra fede e ragione; le denunce sulla situazione allarmante di relativismo in cui versa la nostra società; il continuo richiamo ad essere portatori della luce di Cristo nel mondo…
In queste ultime settimane, gli attacchi contro la Chiesa e contro la persona stessa del papa si sono fatti stringenti. C’è chi ha chiesto a gran voce le “dimissioni” del pontefice, mentre a Londra sono state indette moltissime manifestazioni contro il viaggio di Benedetto XVI; a Malta, invece, se potessero, il papa lo adotterebbero: ad attenderlo c’erano folle entusiaste, non animate da preconcetti ideologici, ma da una fede viva.
Settimane difficili, si diceva. Ratzinger non si è scomposto: ha fatto ammenda per le colpe della Chiesa, ma nel contempo non ha lasciato soli i fedeli. Le sue omelie ed udienze sono sempre un punto di riferimento certo, a cui ricorrere per evitare di essere manipolati dall’informazione mistificata che trasmettono giornali e televisione. Perché, i sacerdoti, ma anche ognuno di noi, ha il dovere di “non essere mai omologato, né omologabile, ad alcuna cultura o mentalità dominante, ma di mostrare l’unica novità capace di operare un autentico e profondo rinnovamento dell’uomo, cioè che Cristo è il Vivente, è il Dio vicino, il Dio che opera nella vita e per la vita del mondo e ci dona la verità, il modo di vivere” (Benedetto XVI, Udienza di mercoledì 14 aprile 2010).

Insomma, Joseph Ratzinger è il papa giusto nel momento giusto. Come dire, “Dio vede e provvede”.