Considerazioni sulla Caritas in Veritate, enciclica dimenticata
Di Enzo Pennetta (del 07/04/2010 @ 11:43:20, in Attualitą, linkato 1281 volte)

Se un fatto emerge dalla campagna di stampa sui casi di pedofilia che hanno riguardato la Chiesa Cattolica è che l’obbiettivo dichiarato non è quello perseguito, non è la soluzione del problema “pedofilia”.

Se infatti l’interesse fosse la lotta agli abusi, la cosa più logica da fare sarebbe quella di dare sostegno all’uomo che ancora prima dell’inizio del suo pontificato si era impegnato in tal senso. Come ricorda infatti in un suo articolo Joaquin Navarro-Valls, già nella Via Crucis del 2005 l’allora cardinale Ratzinger pronunciava le seguenti parole: «Quanta sporcizia c'è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza

La palese incongruenza tra il fine dichiarato e l’attacco a chi meglio di altri quel fine può perseguire, e che concretamente sta perseguendo, conduce rapidamente alla ricerca delle vere cause di tale attacco, a quei fautori del “pensiero debole” che non tollerano l’esistenza di valori non negoziabili e l’esistenza di quella che, di fatto, è rimasta l’unica opposizione alla dittatura del relativismo. Il “pensiero forte” del pontefice gli aveva già procurato varie accuse tra le quali ricordiamo solo le più clamorose: aver militato nell’esercito nazista; essere avversario di Galilei, essere sostenitore della teoria dell’Intelligent design e nemico della scienza tout court; negazionista dell’Olocausto; essere nemico della lotta all’AIDS e infine essere negazionista delle “colpe” della chiesa sotto il pontificato di Pio XII.

Se l’azione di papa Ratzinger è stata segnata sin dall’inizio da una insistente campagna di screditamento non è possibile non scorgere nella virulenza dell’attuale offensiva un innalzamento del livello dello scontro che spinge a domandarsi se non ci sia stato qualcosa nell’operato del pontefice che abbia causato la reazione attualmente in corso. Se andiamo alla ricerca di un movente possiamo cercare nell’operato dell’ultimo anno, andare indietro di otto mesi per individuare una possibile azione che ha causato tanta ostilità, il riferimento è alla pubblicazione della lettera enciclica “Caritas in Veritate”. L’enciclica è di fatto una forte denuncia dei veri scandali della nostra epoca, in essa avviene lo smascheramento dei meccanismi perversi e non inconsapevoli di un sistema economico che tiene la maggioranza della popolazione mondiale in una situazione di miseria tutt’altro che inevitabile. Questo scandalo, il vero scandalo, viene però celato a quella stessa opinione pubblica che invece viene così esaurientemente, con ridondanza e anche con citazioni erronee, informata di ogni dettaglio degli ultimi cinquant’anni di deviazioni da parte di ecclesiastici.

E così le denuncie contenute nella Caritas in Veritate sono passate sotto silenzio mentre il caso del reverendo Murphy ha meritato le colonne del New York Times, spazio che tanto più proficuamente avrebbe potuto essere utilizzato per rilanciare ad esempio la denuncia delle ONG, organizzazioni non governative , la cui azione di aiuto ai paesi poveri si attua con la promozione delle pratiche abortive (C. in V. 28) o che utilizzano le risorse economiche per retribuire i propri dipendenti con ricchi stipendi (C. in V. 47). I media avrebbero potuto inoltre accendere i riflettori sul “neocolonialismo” (C. In V. 33), sull’operato di istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale, su quegli aiuti internazionali che «possono mantenere un popolo in uno stato di dipendenza» (C. in V. 58).

Ma l’enciclica Caritas in Veritate quando venne pubblicata nel luglio del 2009 fu accolta da un silenzio omertoso, la sua carica potenzialmente dirompente non può però essere sfuggita a chi da essa veniva chiamato in causa, e così è stata confezionata una “bomba” per coprire il tutto e distrarre l’attenzione. Per coloro però ai quali la esasperazione delle accuse è evidente, è possibile replicare rilanciando ciascuno nel proprio ambito e secondo le proprie possibilità la denuncia dei veri scandali portati in evidenza dalla lettera enciclica, cercare di portarli all’attenzione dei media cosicché essi siano costretti ad occuparsene, e chissà, potrebbe accorgersene perfino il New York Times.