La Lega Nord trionfa e sconfigge tutti, persino i pronostici più rosei: è questo, insieme all’epocale longevità berlusconiana, il dato che emerge dalle recenti elezioni regionali. Nel frattempo Umberto Bossi, già additato da Massimo Cacciari come il più brillante politico italiano, il solo che abbia saputo inventarsi da zero un partito dal volto ideologico ben definito e condurlo pazientemente al successo, si gode onore e gloria, pensando al Comune di Milano.
Ma dove nasce il successo leghista? Quali le origini di questo plebiscito un tempo nordico e oggi peninsulare? I benpensanti, del tutto incapaci di aggiornare i loro schemi, non fanno che denunciare la simmetria tra il successo leghista e la presunta diffusione di ignoranza e paura, come se anche la paura non avesse in sé qualcosa di positivo laddove combacia con l’esigenza di sentirsi a casa, vedendo rispettati da tutti quei doveri senza i quali i diritti - tutti i diritti - si trasformano in incaute concessioni.
Ammetto, a mia volta, d’essermi spesso riconosciuto in un certo scetticismo verso il fenomeno leghista, e di averlo giudicato trascurabile ed evanescente: mi sbagliavo. La Lega Nord - partito politico quasi immune, grazie anche alla sua giovane storia, da logiche clientelari – sta vincendo proprio perché, diversamente da Pdl, Pd e Udc, ha accettato l’idea di evolversi e di saper puntare concretamente, e non solo a parole, sui giovani: le imprese di Cota e Zaia ne sono la dimostrazione.
La stessa politica del fare, grazie allo strepitoso lavoro di Maroni – riconosciuto persino da Roberto Saviano come uno dei più valorosi avversari della criminalità organizzata – porta il marchio leghista. E chi si ostina a vagheggiare sul razzismo di questo partito che, in fondo, ha solo il difetto - tutto padano - di parlare come mangia, dimentica di fare i conti con la realtà: dove la Lega governa e amministra non è scattata nessuna caccia alle streghe, né si sono verificati disordini direttamente ascrivibili agli slogan del Carroccio. Diciamolo francamente: chi accusa la Lega di essere razzista, quasi sempre, lo fa più per insofferenza verso Bossi e i suoi, che per reale predisposizione ad ospitare in casa propria giovanotti slavi o africani.
Il bello, poi, è che mentre tanti si ostinano a parlare contro i leghisti, i leghisti continuano a parlare con la gente, che ormai premia in massa Bossi e la sua idea di politico della porta accanto preparato ma informale, scaltro ma semplice, lungimirante ma diretto. Da questo punto di vista, la Lega Nord, oggi, ha un solo, piacevolissimo grattacapo, la gestione di sé stessa: i rapporti con Berlusconi, la realizzazione del federalismo, l’autoconservazione.
Se i leghisti perdono la testa, in poco tempo perderanno anche il consenso di cui godono. Se sapranno continuare sulla strada intrapresa, invece, dureranno a lungo e il loro sarà un trionfo storico e definitivo. La storia politica, in questo caso, non concede alternative: o fallisci o passi alla storia, caro Bossi.