Questa tipologia generalmente meglio si adatta al sesso femminile, ma rifugga da me ogni banale generalizzazione.
La Secchiona si veste in modo curato, ma senza eccessi. I capelli, se lunghi, sono raccolti in una fanciullesca coda di cavallo o riuniti con una spilla ottocentesca, probabilmente appartenuta alla nonna materna o a qualche altra illustre ava.
La suddetta persona è facilmente identificabile dagli immancabili occhiali – studiare fa male, è un dato oggettivo – e dal fatto che, nonostante si sia appena accomodata sul sedile del treno (potrei aprire un’ampia parentesi sullo stato igienico del suddetto, ma in questa sede preferisco sorvolare), apre la borsa ed estrae un libro. Ovviamente più il volume è spesso, più il suo charme è grande. Il treno è ancora fermo in stazione, ma la Secchiona è già intenta a sottolineare il suo semper fidelis et inseparabilis amico. Gli altri passeggeri la scrutano sornionamente, lanciandole occhiate sarcastiche, ma lei non se ne accorge: la sua aria assorta e la fronte corrugata denotano un livello di concentrazione che potrebbe competere con quella di un chirurgo che sta eseguendo per la prima volta nella sua carriera la sostituzione di una valvola bicuspide.
Il treno è ormai partito: la Secchiona non sembra essersene accorta. Le fermate si susseguono - ricordiamo che gli studenti universitari sono notoriamente squattrinati, ergo obbligati a viaggiare con i treni Regionali. La persone nel vagone si alzano, prendono la valigia dal portabagagli, scendono… altre salgono e, mentre si accomodano sul sedile, lanciano un’immancabile occhiata alla nostra beniamina, che però non se ne avvede. La sua matita prosegue lesta a sottolineare frasi, pagina dopo pagina, nulla sembra turbare la sua concentrazione.
All’improvviso un telefonino suona: è il suo. Con qualche difficoltà e con aria riluttante la Secchiona alza lo sguardo dal libro, prende il cellulare e, con dipinto in faccia il pensiero: “chi cavolo mi sta facendo perdere minuti preziosi con la sua chiamata?”, risponde. I convenevoli sono ridotti al minimo, ogni secondo è prezioso e occuparlo con un “Come va?” di cui tendenzialmente sappiamo già la risposta, sarebbe un attentato verso sua eccellenza il Sapere. La Secchiona non sembra conoscere mezze misure: “Come mai mi chiami?” è la frase secca e diretta che rivolge all’impavido interlocutore. La risposta sembra soddisfarla perché un sorriso (il primo) le si allarga sul viso. Il tono di voce aumenta, diventa giulivo. “Ma certo che te li presto i miei appunti, ci mancherebbe! Figurati, tutti quelli che hanno studiato sui miei appunti (ripetizione dovuta, nel qual caso al passeggero della carrozza antistante fosse sfuggito l’oggetto della telefonata) hanno preso 30 all’esame!”. Attimo di tregua: l’interlocutore sta rispondendo. “Eh, eh, eh…. Figurati, nessun problema: te li presto e fai le fotocopie! Ah, ovviamente non sono gli appunti che ho preso a lezione: li ho riscritti tutti in buona grafia, incrementandoli con il libro!”…“Va bene, allora grazie della chiamata!”. Quella che si era prospettata un’inopportuna perdita di tempo si è trasformata in un’immensa fonte di gioia. Che strana che può essere la vita.
Messo giù il cellulare, la Secchiona si rigetta a capofitto sui libri, ma almeno questa volta ha sul volto l’ombra di un sorriso. La concentrazione ritorna a livelli paranormali e, per gentilezza, verrebbe da chiederle dove deve scendere: “così almeno ti sveglio dalla trance in cui ti ritrovi e non perdi la tua stazione”. Ma forse è meglio evitare, oggigiorno un tale eccesso di misericordia potrebbe provocare strane reazioni. Comunque non c’è nulla di cui preoccuparsi: l’angelo custode (meglio identificato come l’altoparlante) riporta la Secchiona sul pianeta Terra giusto in tempo. Ed è così che la nostra diletta chiude il libro, raccoglie le sue cose e se ne va, lasciando i passeggeri del suo vagone con un sorrisetto ebete sulle labbra.