Oggi si terrà la March for Life, che dal 1974 unisce i prolife americani e di tutto il mondo per le strade di Washington. Nata come reazione alla decisione passata alla storia come la "Roe vs. Wade" (che introdusse l'aborto negli USA), oggi più che mai è segno di opposizione alle politiche obamiane in tema di bioetica.
ECCO QUI DI SEGUITO UN MIO ARTICOLO DA AVVENIRE DI IERI:
“Alzati ora! Unisciti per i principi della vita – Nessuna eccezione! Nessun compromesso!”. E’ questo il tema scelto per la trentasettesima Marcia per la vita, che si terrà domani a Washington come accade ogni 22 gennaio dal 1974. Esattamente un anno prima, il 22 gennaio 1973, la Corte Suprema degli Stati Uniti si pronunciò a favore dell’aborto con la decisione passata alla storia col nome di Roe vs. Wade.
Fu nell’ottobre del 1973 che i leader dei movimenti prolife statunitensi presero coscienza che l’irruzione dell’aborto nel tessuto sociale del loro Paese meritava di essere commemorata con un gesto significativo di dissenso. Alla prima marcia si riunirono circa 20000 persone, ma negli anni seguenti il numero dei partecipanti è salito fino a raggiungere stabilmente le 200000 presenze, grazie anche all’afflusso di molti rappresentanti di gruppi prolife da tutto il mondo. “La Marcia per la vita dell’America è adesso la Marcia per la vita di tutto il mondo”, ha dichiarato Joseph Meaney, della Human Life International, una delle innumerevoli sigle della galassia prolife che parteciperanno alla Marcia. Inevitabilmente, nonostante il respiro della manifestazione sia ormai di livello internazionale, al centro delle attenzioni finirà per trovarsi il presidente Obama.
Sono molte le decisioni dell’inquilino della Casa Bianca sui temi bioetici che hanno fatto discutere: dal ritiro della Mexico City Policy, che ha riaperto i rubinetti dei finanziamenti per organizzazioni internazionali dedite alla promozione del controllo delle nascite con ricadute a livello mondiale, al via libera all’utilizzo di nuove linee cellulari – ovvero nuovi embrioni - per la ricerca sulle staminali embrionali, fino allo smantellamento del Comitato di bioetica che Bush istituì nel 2001. Tutte questioni assai spinose, mai digerite da chi si impegna per la tutela della vita umana, tanto da causare molte lamentele e critiche anche aspre. Come quelle di Emil Hagamu, responsabile della Human Life International per l’Africa anglofona, che ha parlato apertamente di “arroganza dell’America” a proposito dell’interventismo in materia di controllo demografico. E non è un caso che lo slogan della Marcia escluda apertamente la possibilità di ogni compromesso quando si parla di vita. Proprio “compromesso inaccettabile” è stato definito infatti il tentativo di accordo sulla riforma sanitaria per inserire nel testo la possibilità di usare il denaro dei contribuenti per finanziare l’aborto. Indubbiamente è questo il tema di più stretta attualità, dal momento che non è ancora stato approvato il testo definitivo della riforma. Camera e Senato hanno sì espresso il proprio voto favorevole, ma su due testi diversi, tra i quali era quello del Senato a contenere le aperture al finanziamento pubblico dell’aborto.
Adesso è necessario unificare i due testi e proprio ciò che ruota attorno alla protezione dei non nati potrebbe costituire un ostacolo. Soprattutto ora che al Senato il partito democratico ha perso il sessantesimo senatore e, dunque, la maggioranza a prova di ostruzionismo, con l’elezione a sorpresa del repubblicano Scott Brown in Massachusetts, storica roccaforte dei Kennedy.
Che l’aborto sia in cima ai pensieri degli organizzatori della Marcia per la vita lo dimostra anche il fatto che sia stato invitato a parlare il cattolico Robert P. George, professore di filosofia del diritto all’Università di Princeton ed uno tra gli intellettuali di riferimento del movimento di opposizione alle politiche di Obama sui temi eticamente sensibili. Il professor George parlerà in occasione della Rose Dinner, l’evento conclusivo della Marcia per la vita: il suo discorso si intitolerà “La nostra lotta per l’anima della Nazione”. George è anche uno degli autori della “Dichiarazione di Manhattan”, un appello pubblicato nel novembre scorso firmato da decine di leader religiosi cristiani. La dichiarazione è proprio “un appello alla coscienza cristiana” ed affronta i temi legati alla vita umana, al matrimonio e alla libertà religiosa. “Notiamo con tristezza che l’ideologia abortista prevale nel nostro governo.” – si legge nella dichiarazione – “Molti nell’attuale amministrazione desiderano che vengano eseguiti aborti a spese dei contribuenti”. In questo scenario, difficilmente Obama potrà ignorare gli appelli che gli giungeranno dalle migliaia di persone in marcia per difendere la vita umana.