Bentornato don Matteo, pro-life in prima serata
Di Giuliano Guzzo (del 11/09/2009 @ 15:42:22, in Bioetica, linkato 1861 volte)

Col televisore, come penso molti, vivo una relazione complicata. Il più delle volte lo getterei dalla finestra.
E farei bene. Ma alla fine - sarà la pigrizia - desisto sempre da intenti precipitosi e lascio il luciferino macchinario dov'è, in attesa di trasmissioni migliori. Il ritorno di don Matteo, sacerdote detective interpretato da un sempreverde Terence Hill, ha premiato – meglio tardi che mai - quest'attesa.
La serie televisiva, giunta alla settima edizione, conserva intatta la propria struttura narrativa originale: le avventure hanno luogo in quel di Gubbio dove don Matteo, ex missionario dall'insuperabile fiuto investigativo, grazie anche al supporto del maresciallo Cecchini, un ispirato Nino Frassica, smaschera il colpevole di turno. Ma la sua non è una caccia all'uomo, o per meglio dire al peccatore, ma al peccato; a don Matteo non interessa tanto una cattura, bensì una liberazione, quella dell'anima dei malfattori.
A questo schema noto, replicato per oltre cento puntate, il ritorno di don Matteo ha aggiunto un lodevole tocco pro-life. Infatti, nel corso di una delle due puntate d'esordio della nuova serie, don Matteo, pur senza trascurare la sua vena investigativa, s'è cimentato nel soccorso di una studentessa liceale in attesa di un bambino, bambino decisamente sgradito, almeno in origine, sia ai suoi genitori di lei, sia al giovane padre.
Alla fine il bambino nascerà, anche se la puntata si chiude prima.
L'intera puntata, in definitiva, altro non è stata che una dimostrazione lineare e senza pretese di quello che da decenni afferma il Movimento per la Vita: con le donne che vivono una gravidanza difficile, la risposta è una sola, l'unica vera e la sola che non stanca nemmeno se ripetuta all'infinito. E' l'amore.
E non è un caso se, prima di congedare il proprio pubblico, don Matteo regala una perla che in televisione si fa diamante:”la verità e l'amore sono la stessa cosa”.
Che la svolta pro-life di don Matteo non sia casuale o temporanea, lo dimostra anche l'introduzione di un nuovo personaggio: Agostino, bambino dalle fattezze angeliche che, fuggito dalla custodia delle suore, trova nella canonica di Gubbio un rifugio accogliente e pronto all'ascolto.
La storia di Agostino non è delle più allegre: suo padre è morto, ma non ha mai conosciuto la madre, che ha deciso di non riconoscerlo, anche se lui la crede impegnata perpetuamente in viaggi esotici.
Lasciare un bimbo alla sola custodia paterna col rischio, com'è accaduto al nuovo amico di don Matteo, di ritrovarsi solo ancora giovanissimo, non è certo un comportamento esemplare.
Ma è pur sempre offrire una seconda possibilità, e lasciare che il bambino venga al mondo, piuttosto che lasciarlo, tritato, nelle immondizie.
Nascere senza madre o perderla subito è certamente dura, ma non mai è detta l'ultima parola, perché, come ci dimostrano venti secoli di meraviglie, l'amore di Dio vede oltre le nostre paure.
Bentornato, caro don Matteo.
Grazie a te il televisore, quello che troppo spesso è la cornice fisica della miseria, ha ancora un senso.