Ignazio Marino, il leader impossibile
L’ufficializzazione della candidatura di Ignazio Marino, il chirurgo che si professa cattolico ed attento osservatore del Catechismo ma che nega l’ontologia dell’eutanasia passiva, deve rasserenare ed inquietare. Deve rasserenare perché prova l’esistenza dell’ennesima corrente all’interno di un partito, quello democratico, che se non cambia rotta presto avrà più leader che elettori. Deve inquietare perché a supporto di Marino s’è mosso l’ex plenipotenziario di Veltroni, Goffredo Bettini, uno che non scherza. C’è di più: persino Pannella, quello che con un pugno di elettori è riuscito a soggiornare in Parlamento per decenni condizionandolo assai, pare abbia espresso sostegno a Marino. Ergo, come lui stesso ha confermato, il chirurgo corre per vincere. E se vincesse sul serio? Che ne sarebbe del PD? Diciamo subito che per rianimare il secondo partito del Paese serve ben altro di un ottimo chirurgo, soprattutto dopo la gestione di Franceschini, personaggio in cerca d’autore con enormi capacità quanto a dispersione del proprio elettorato. Anche vincesse il congresso, quindi, Marino avrebbe un bel daffare per restituire credibilità al suo partito. Dovrebbe comportarsi da leader. E il punto, a ben vedere, è proprio questo: Marino ha le carte per essere leader? A spulciare la sua vita parlamentare verrebbe da dire che no, non si tratta di un leader: è interessato, competente nel suo ramo,ma ha fissazioni (vedi testamento biologico) sulle quali peraltro non riscuote nemmeno consenso (vedi avvicendamento con Dorina Bianchi). Tuttavia, a favore di Marino, giocano azionisti importanti, dai già citati Pannella e Bettini a Beppino Englaro, quello dell’ “ora lasciatemi solo” che i microfoni e le telecamere, a quanto pare, fatica a salutarli. Basterà tutto questo per silurare Franceschini e guidare con successo il PD? La prima mossa, rebus sic stantibus, non è poi così difficile. La seconda, invece, è pura fantascienza.
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