Alberto Melloni è un storico cattolico, della scuola di Bologna, diretta da Alberigo, specializzata nella storia del Vaticani II sempre in prima linea contro tutto ciò che sa di ortodossia e di fede genuina e ortodossa.
Per questo piace assai a La Stampa e al Corriere della Sera, che gli dà grandissimo spazio. Sul Corriere di qualche giorno fa vi era un suo articolo contro una recente pubblicazione di Cantagalli, sulla liturgia latina e quella post- conciliare. Melloni, che conosce bene il mondo ecclesiastico, sa che Cantagalli non pubblica, su certi argomenti, senza un consenso almeno tacito di alcuni dicasteri vaticani.
Per questo ha voluto subito contrattaccare, con un articolo che sebbene sembrasse semplicemente in difesa del rito di Paolo VI, era in verità contro la liturgia tradizionale e le convinzioni di Benedetto XVI, deciso, come è sempre più chiaro da varie nomine, ad attuare una riforma della riforma, suoi avversari permettendo.
Sul Corriere di oggi invece compare un pezzo in cui si schiera in difesa di Mons. Marchetto, colui che ha attaccato la recente legge sulla sicurezza e l'immigrazione, e contro la Santa Sede, rea di aver sottolineato che a differenza di quanto dicono i giornali, sapendo di mentire, Marchetto e Santa Sede non coincidono. Insomma, in generale Melloni, don Verzè e Martini, appartengono a quella categoria di cattolici che il quotidiano della finanza italiana ritiene deputati a parlare della Chiesa (con qualche spazio, talora, anche per un voce discorde, una sola, Vittorio Messori), della sua congruità con il mondo e le sue filosofie.
Melloni , per la sua constante critica del Magistero, passa per un “cattolico adulto”, per un “cattolico scomodo”. In verità con queste false espressioni si vogliono consacrare, da parte di alcuni, coloro che stanno nella Chiesa, per citare sant’Agostino, ma non sono della Chiesa.
Certamente Melloni sta davvero "scomodo" nella Chiesa, in cui è nato e cresciuto, ma certo si trova assai comodo, oltre che con i grandi finanzieri del Corriere, anche con radicali e massoni, che si compiacciono di invitarlo ai loro incontri.
Vedi: http://www.grandeoriente.it/eventi.php?id=180&task=view&t=107
http://www.radioradicale.it/scheda/222837/gran-loggia-2007-su-pedagogia-delle-liberta-liberta-civili
Commentando la pertecipazione di Melloni all'incontro della massoneria, Domenico Savino ha citato quanto detto dal gran maestro Raffi, introducendo Melloni e il perchè della loro amicizia:
"Anni addietro Raffi voleva invitare in Loggia il teologo dissidente Hans Küng, le cui opinioni eretiche sono ben conosciute: egli nega la divinità di Cristo, respinge i miracoli del Vangelo, nega la resurrezione del corpo di Gesù, nega che Cristo abbia fondato una Chiesa istituzionale, nega che la Messa sia una riattualizzazione del sacrificio del calvario, chiedendo inoltre pubblicamente una revisione dell’insegnamento della Chiesa su argomenti come l’infallibilità del Papa, il controllo delle nascite, l’obbligo al celibato per i preti e il sacerdozio per le donne.
Ma la chiamata in Loggia va ricercata più verosimilmente nel fatto che Küng è un sostenitore dell’iniziativa sincretistica «una sola religione per il mondo», del vescovo episcopale new-age William Swing: musica per le orecchie di un massone.
Già San Giovanni aveva ammonito: «Poiché molti sono i seduttori che sono apparsi nel mondo, i quali non riconoscono Gesù venuto nella carne. Ecco il seduttore e l’anticristo! Fate attenzione a voi stessi, perché non abbiate a perdere quello che avete conseguito, ma possiate ricevere una ricompensa piena. Chi va oltre e non si attiene alla dottrina del Cristo, non possiede Dio. Chi si attiene alla dottrina, possiede il Padre e il Figlio. Se qualcuno viene a voi e non porta questo insegnamento, non ricevetelo in casa e non salutatelo; poiché chi lo saluta partecipa alle sue opere perverse». (2 Giovanni capitolo 7)
Tornando alla volta in cui Küng venne invitato dal gran maestro Raffi, il «teologo» svizzero declinò l’invito a causa dell’età e suggerì: «Avete uno che è meglio di me. Avete Alberto Melloni».
A dibattere con lui, oltre al gran maestro Raffi, altri cattedratici quali Roberto Balzani, Claudio Bonvecchio e Sergio Moravia, docente di Storia della Filosofia all’Università di Firenze, che moderava il dibattito e che così ha aperto i lavori di Loggia: «La Massoneria è nata a un parto con l’ideale e la pratica della libertà. La libertà non come astratta figura metafisica, ma come programma di una vita nuova, come emancipazione dell’uomo, come perfezionamento dell’essere individuale e associato, per questo noi siamo gli eredi di una delle più antiche e illustri tradizioni di libertà ed è a noi quindi che incombe, forse più che a molti altri, l’obbligo morale di riproporre oggi l’istanza della libertà. Di riproporla come dimensione assolutamente primaria della vita dello spirito… La Massoneria, come ben sappiamo, ha sempre orientato ed educato alla libertà. Dopo la sua moderna rinascita primo-settecentesca è stata sempre presente nei tempi e nei luoghi dell’eterna battaglia contro la barbarie e l’ingiustizia, contro la disuguaglianza e la discriminazione, contro quella che il fratello, perché lo divenne ancorché in tarda età, il ‘fratello’ illuminista Voltaire chiamava l’infamia che bisogna schiacciare… (il cristianesimo nda)».
«Ed ecco che noi ritroviamo la Massoneria coraggiosamente operante in tutti i principali eventi che hanno segnato il progresso dell’Occidente. La ritroviamo nella rivoluzione che ha generato successivamente gli Stati Uniti d’America, la ritroviamo nella Rivoluzione Francese, decisa, la Massoneria, a combattere nel nome della ragione e della libertà gli opposti estremismi del dispotismo e del terrore giacobino. La ritroviamo nella grande stagione, nella prestigiosa stagione intellettuale, dell’Aufklärung e del proto-romanticismo tedesco, la ritroviamo nell’opera del ‘fratello’ Lessing, in quella del grande ‘fratello’ Fichte, l’uno e l’altro pedagoghi della libertà (…). La ritroviamo come linfa animatrice in sede spirituale ed etico-intellettuale del Risorgimento italiano. Da Romagnosi e Cattaneo, da Mazzini a Garibaldi (di quest’ultimo celebriamo quest’anno il bicentenario della nascita), tutta la componente più liberaldemocratica è stata sostanzialmente massonica. Infine, se è lecito indugiare un momento in più sulla storia che più direttamente ci riguarda come italiani, il regno d’Italia, dell’Italia unita, emerso dalla guerre d’indipendenza e che si è voluto Stato costituzionale e liberale. Anche di questo Stato i massoni, da Ernesto Nathan a Felice Cavallotti, che sono solo due nomi, sono stati alcuni dei più autorevoli esponenti (…)».
Successivamente Moravia ha dato indicazioni su che cosa deve fare il massone e la Massoneria nell’ora attuale e sulla speranza che li deve animare: «Non mollare. Il massone sa bene che anche quando la notte è buia, la speranza in una nuova radiosa aurora, come scriveva il fratello Jack London, in una rinnovata luce massonica, anzi in una maggior luce, per evocare un ulteriore illustrissimo fratello, nientemeno che Goethe, è non solo possibile, ma anche doverosa (…)».
Di fronte a queste affermazione il «cattolico» Melloni non ha neppure fiatato..." (effedieffe)