Mi han riferito che in Polonia al termine del film la gente si alzava in piedi e recitava un Padre Nostro. Non so se sia vero, a è me capitato così. Silenziosamente, certo. E come dice il Vangelo “il Padre tuo che vede nel segreto” li ricompenserà. Anzi, spero ricompensi della vita eterna coloro che sono stati gli assassini di questo eccidio. Il film termina con le parole di Gesù – mai le avevo avvertite così drammatiche, eppure nella distrazione le ripeto più di una volta al giorno – “rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Da circa 15 anni non vado al cinema. Sono andato ad una rassegna estiva all’aperto.
Non so, quindi, se avviene così anche in una sala cinematografica e non so se sia stata una scelta degli organizzatori, ma al termine del film non hanno acceso le luci. Forse pensandoci più tardi, mi son anche immaginato che non ci fossero luci. Quando mi son seduto c’era ancora la luce del sole. I film, certi film dovrebbero chiudersi al buio. Quando ero piccolo e andavo al cinema una delle cose più fastidiose era l’accensione della luce. Gli occhi non più abituati si dimenavano per lasciarsi infastidire e, se avevi pianto, le lacrime si notavano subito. In più, le luci generano le chiacchiere. A certi film le chiacchiere fanno l’effetto di una nota discorde in un concerto. Sembra che tutta la bellezza, tutta l’attrazione che si percepisce finisca in un baleno. Come al momento della consacrazione, il suono di un cellulare. Non è tanto il fastidio della musichetta, quanto il Mistero ferito. L’altra sera sono uscito al buio. Sono rimasto sulla mia sedia per un po’ al buio. Ho pensato al Paradiso. Che cosa meravigliosa, il Paradiso. “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Il Paradiso sarà l’abbraccio tra il martire e il suo persecutore. Mi son venuti in mente i versi di Isaia. “Il lupo dimorerà insieme con l`agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l`orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi” (Is 11, 6-8). M’immagino gli assassini insieme agli assassinati. Come i maiali. Li ho visti ammazzare i maiali. La prima volta, in Africa, in Tanzania. Eravamo in tre in una stanza. Una suora ha legato una zampa ad una grata. Se avesse sbagliato il colpo, il maiale ferito sarebbe diventato furioso. Ecco perché è legato. Un colpo in fronte. Non sbagliò. Un colpo anche per i ventiduemila ufficiali e generali dell’esercito polacco. Uno ad uno. La testa ferma nell’angolo di una stanza. Un colpo. “Il prossimo”. “Rimetti a noi, come noi li rimettiamo”. Chi ha sparato salvo per la grazia del perdono di chi il colpo lo ha ricevuto. Che bello il Paradiso proprio come solo Dio può realizzarlo. Che mistero la misericordia del Padre Nostro! Il film di Wayda termina con questa preghiera e diventa una preghiera silenziosa. Sono convinto che chi era vicino a me ha terminato quella preghiera “e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male”.
Tutto il film è un commento a queste due invocazioni finali della preghiera di Gesù. “Non ci indurre in tentazione”. La ragione del film è di dare alla verità l’attributo più grande che le si possa concedere, ossia quella di affermarla. Una verità non affermata è infatti, presto dimenticata e l’oblianza è il principio di ogni altro peccato. Ma c’è un altro tipo di dimenticanza ancor più tragica e beffarda: quando essa accompagna la menzogna. Wayda ha voluto non solo riaffermare una verità storica, ma ha voluto anche raccontarci come sia facile dimenticare non rimuovendo dalla memoria i fatti (i fatti, infatti, sono duri ad essere cancellati), ma invertendoli, deformandoli, deridendoli, bestemmiandoli. Sì, si possono dire bestemmie nei confronti dei fatti. Il film di Wayda, nipote di uno degli ufficiali uccisi, è l’affermazione in senso diabolico di un principio evangelico: “la menzogna vi farà liberi, la verità vi farà prigionieri”. La tentazione di desiderare la libertà ci rende facilmente menzogneri. I protagonisti del film dividono (in posizioni inevitabilmente estreme, salvo il personaggio femminile principale) in modo netto tra chi sceglie la libertà, accettando la menzogna e chi, invece, muore nell’affermazione estrema della verità. Il regista indugia su alcune figure “eroiche” lasciandomi una perplessità riguardo l’eccessiva premura di affermare la verità quasi a ricercarne le conseguenze, il martirio. La Chiesa non ha mai gradito, né incitato a ricercare il martirio. La verità va sempre proclamata, difesa anche custodita pazientemente, non sbandierata e svenduta al prezzo banale di se stessi. “Liberaci dal male”. C’è qualcosa di non umano in certe manifestazioni di orrore, di errore. Qualcosa che induce a pensare al Maligno autore e sponsor massimo di ogni malvagità, di ogni irrazionalità. Liberaci Tu, Signore, perché un certo male è così conclamato che non riconoscerlo significa non saperci più vedere. Mi viene da pensare che, a volte, la trave negli occhi non ci impedisce di vedere i piccoli sotterfugi di cui ci vergogniamo nelle nostre stanze, le piccole angherie che tormentano le nostre notti., le nostre miserie e bassezze che umiliano il gigante che è in noi. No, non è questione di trave. E’ la pagliuzza, Signore, che ci impedisce di vedere le cose grandi. Le ideologie - quelle che pretendono di cambiare il mondo, ben intenzionate, intelligenti di cui gli intelligenti parlano – sono pericolose. Come non vedere tanto male? Come non vedere certo male? Come pensare di vederci benissimo. Non certo per la trave perché la trave è ingombrante. Non puoi dire di vederci benissimo. Ma con la pagliuzza, sì. La presunzione di vederci bene ti gioca brutti scherzi. Liberaci dal male, Signore. Sarà mai esaudita una preghiera del genere? Quando mai il Signore ci otterrà questa grazia? In Paradiso, ci libererai dal male. In Paradiso, Tu che sei verità ci renderai liberi dal male e gli ufficiali polacchi rideranno insieme a quelli sovietici ricordando i bei tempi passati.