Il mito delle "droghe leggere"
Di Giuliano Guzzo (del 29/05/2009 @ 11:51:19, in Attualitą, linkato 2920 volte)

Di tanto in tanto fa la sua comparsa sulla scena del dibattito politico un mito che, a ben guardare, non ha mai smesso di sedurre ed alimentare fantasie. Alludo al mito delle cosiddette “droghe leggere” e ricorro a questo termine, mito, perché come suggerisce la parola stessa si tratta solo di un racconto, di una diceria, per giunta infondata e pericolosa. Intendo dimostrarlo evidenziando le lacune presenti nei ragionamenti di quanti, a questo mito delle “droghe leggere”, credono.

I più estremisti tra questi sostengono, appellandosi a discutibili nozioni sociologiche, che in realtà quelle che ci si ostina a chiamare “droghe leggere” non sarebbero nemmeno droghe dal momento che tale etichetta altro non sarebbe che il risultato di una persecuzione culturale dal sapore fascista, volta a stigmatizzare quanti “senza far del male a nessuno” desiderano sperimentare il piacere di “farsi una canna”.

 A quanti sposano questa tesi, che potremmo chiamare dell’accanimento culturale, occorre far notare che le prime voci ad asserire inequivocabilmente che le cosiddette “droghe leggere” sono in realtà droghe a tutti gli effetti, sono quelle della scienza e della medicina; si tratta dunque di constatazioni oggettive, comprovate da studi recentissimi, che ben poco hanno a che vedere con reali o presunte etichette culturali. In un articolo pubblicato sul numero del 21 gennaio 2006 del British Medical Journal (BMJ 2006; 332: 172-5) si afferma che, tra le altre cose, la cannabis può condurre alla psicosi mediante effetti sulla dopamina cerebrale. Sulla stessa linea un commento dell’autorevole rivista Lancet dal titolo “L’uso di cannabis è psicotico genico?” (Lancet 2006; 367: 193-5). Nell’articolo l’autore conclude:”Le maggiori difficoltà per gli educatori sanitari sarà trovare modi credibili di comunicare ai giovani il significato dell’uso della cannabis, che può aumentare il rischio globale nell’arco della vita di sviluppare la schizofrenia da 0,7 a 1,4 casi su mille”. Tale prospettiva risulta avvalorata anche dai risultati di uno studio danese su soggetti affetti da disturbi psicotici (Br J Psychiatry 2005 Dec; 187: 510-5), da cui è emerso che coloro che facevano uso di cannabis sviluppavano la schizofrenia in età più precoce. Addirittura, secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Zurigo fino al 13% dei casi di schizofrenia sono dovuti all’uso di cannabis tra adolescenti (Neuropsychiatry. 2008;22(4):223-9). La cannabis è stata individuata anche come responsabile di problemi al cuore (Int J Cardiol. 2007 May 31;118(2):141-4) e di alterazioni anomale delle zone del cervello (Arch Gen Psychiatry. 2008;65(6):694-701).

A fronte di queste ed altre ricerche, a differenza di alcuni fantasiosi politici di casa nostra, gli esperti non hanno più dubbi: le droghe sono tutte altamente tossiche. “Oggi parlare di droghe leggere “innocenti” non è realistico perché i cosiddetti “innocui spinelli” – sottolinea Rosario Sorrentino, membro dell’Accademia americana di neurologia – possono essere un formidabile interruttore del cervello di chi ha una genetica predisposizione ad avere un certo disagio mentale, come ad esempio gli attacchi di panico, specie negli adolescenti, e generare un secondo di distacco del proprio corpo e dell’ambiente in cui si trovano”. Anche Giorgio Cantelli Forti, Presidente della Società italiana di Tossicologia, chiarisce che “non c’è giustificazione alla droga leggera: non è accettabile dal punto di vista tossicologico”,

Tornando ai devoti al mito delle “droghe leggere”, vi sono poi quanti, a fronte di oggettive dimostrazioni di tossicità delle stesse, sorvolano, e pur di difendere la tesi dell’ingiustificata “persecuzione contro gli spinelli”, focalizzano il baricentro del loro argomentare sul fatto che anche alcool e fumo nuocciono altamente alla salute delle persone, ma ne è legale il commercio. A questo secondo gruppo di amanti della cannabis, che potremmo definire riduzionista, si deve rispondere che nessuno nega che anche alcool e fumo costituiscano serie minacce alla salute. Ma l’esistenza di altri problemi, in nessun caso può annullare un problema di per sé già evidente. Per capirci, il fatto che esistano le pistole, non fa dei fucili strumenti di pace. Allo stesso modo, il fatto che esistano alcool e fumo, non scagiona la cannabis dalle sue gravi implicazioni alla salute. Inoltre, se si osservano con attenzione le campagne di sensibilizzazione, si scopre come anche verso alcool e fumo sia in atto una importante manovra di informazione preventiva finalizzata a contrastarne uso e diffusione.

Una terza fazione di credenti alle “droghe leggere”, infine, è composta da quelli che potremmo chiamare legalizzatori, ovvero da coloro che sostengono che per abbattere e governare il fenomeno cannabis, scongiurando per il tossicodipendente il rischio di ogni sanzione, il metodo più efficace sia legalizzare le canne. L’argomento più ammaliante con il quale i legalizza tori amano sigillare la loro tesi è quello di affermare che storicamente il proibizionismo si è rivelato una politica fallimentare in quanto non argina il fenomeno, bensì lo accresce. Si tratta, ancora una volta, di un discorso ingannevole ed infondato, che presenta punti deboli.

Difatti, se una politica fallimentare c’è stata, è stata proprio quella della legalizzazione, che rappresenta di per sé un metodo socialmente nocivo di affrontare le questioni. Gli esempi che lo dimostrano sono tanti, ma ve n’è uno che non lascia spazio ad equivoci e che conosciamo benissimo, perché vede protagonista proprio l’alcool. Esclusi provvedimenti recenti, sappiamo tutti bene quanto in Italia sia sempre stato (e purtroppo continui ad essere) facile per chiunque, giovanissimi compresi, procurarsi bevande alcoliche. I “piacevoli” risultati di questa politica di “legalizzazione permanente” sono sotto gli occhi di tutti: la percentuale dei consumatori non è mai scesa sotto l’80%, mentre oggi sale a 7 milioni il numero dei consumatori abusanti e cala drammaticamente l’età dei consumatori più giovani ,tra i quali si registra un avvilente aumento di fanciulle bevitrici. Tutto questo mentre le case di vini e liquori, nonostante la crisi, vedono i loro fatturati schizzare alle stelle. Che la legalizzazione non serva a nulla se non è peggiorare le cose è suffragato anche dall’esempio olandese, dove si sta diffondendo un progressivo ripensamento in materia.

Concludo, nella speranza induca qualche riflessione, con la testimonianza vera di una ragazza ospite di una comunità di recupero:”Mi chiamo Carla ho diciassette anni, a tredici ho provato con gli amici la prima “canna”. Niente di male, eravamo in molti a fumare e quindi..Dopo un anno circa, mi sentivo strana, vuota, non mi ricordavo ciò che studiavo e non volevo stare in casa. La notte mi agitavo nel netto e di mattino la noia mi soffocava. L’unico interesse rimasto era quel po’ di “erba” da acquistare e arrotolare in una cartina e poi fumarla da sola o in compagnia. Per quattro anni sono stato dipendente di una sostanza che i cretini chiamano leggere. Mi coglievo strana, stranissima, la mia testa andava da sola, come se ogni controllo fosse disatteso. Il mio medico, che non sapeva ciò che facevo, mi ha diagnosticato uno stato confusionale dovuto alla crescita, allo sviluppo..Macché crescita o sviluppo del cavolo: erano state le “canne” a causare profonde amnesie, stati di eccitazione, depressioni ed altro Decisi allora di chiudermi in casa per una settimana: non ci sono riuscita. Ho chiesto allora di entrare per un periodo in Comunità. Ora la mia testa si sta riprendendo e vorrei dire a tutti i ragazzi: siate furbi, non fatevi ingannare, gli “spinelli” rodono il cervello”.