I bambini nel giorno della prima comunione avvertono il mistero, la loro è una trepida attesa perché sanno che stanno per vivere un evento unico. Eccoli, avanzano silenziosi nei loro abiti immacolati con le mani giunte e sembrano tante piccole candele che vibrano nella luce dell’innocenza.
Questo candore che è disponibilità totale, senza malizia, senza domande, è la dimora perfetta capace di accogliere Dio. Un Dio che entra in ogni creatura sia essa degna o meno, un Dio che si sporca, che si lascia incorporare per poterci amare e trasformare. La casa che i fanciulli hanno preparato nei loro anni di catechesi se dipendesse solo dai fragili mezzi di noi educatori sarebbe fragile e sgangherata ma per fortuna basta un po’ di volontà e di stupore a fare di questo luogo un tempio ricco di gemme.
Eccoli, uno dopo l’altro hanno fatto la loro prima comunione, sono felici mentre tornano tra i banchi e cercano con lo sguardo i genitori. Cosa abbiano sentito, cosa realmente si è agitato nei loro cuori non lo sapremo mai. Il sacerdote dice che il riflesso di questo evento dura in genere una settimana e io mi chiedo perché? Cosa dobbiamo fare affinché quella luce perduri oltre i mesi e gli anni, rinnovandosi.
Cosa va depositandosi sulla superficie cristallina del cuore di questi fanciulli se, con il tempo, non solo il loro incedere compito sfiorirà, ma persino- per molti di loro- sparirà persino il desiderio di comunicarsi? Cosa accade perché al loro avanzare composti e riverenti verso il sacerdote e verso Dio, con il tempo subentri la fila di comunioni stanche e distratte, con le “mani in tasca”, quasi si trattasse di un gesto meccanico, in cui l’unico protagonista di tutta la celebrazione diventa il singolo fedele? Ho sentito le parole di quei bambini, dalle loro bocche in attesa del sacramento sono fiorite parole di ringraziamento e promesse solenni. Quanti di loro saranno in grado di mantenere la promessa? Eppure, per alcuni giorni quei fanciulli saranno dei santi, perché vivranno della vita stessa di Dio, perché vibreranno della sua parola e del suo corpo donato, perché si sforzeranno di essere migliori. Sì! In questi giorni nelle nostre parrocchie e nelle nostre case, si aggira un esercito di piccoli santi, di fanciulli che credono e vivono, ma soprattutto si attendono il loro sogno non venga tradito. Forse soltanto uno di loro procederà con coerenza la strada intrapresa; ma questo non ci deve scoraggiare. Dio ha scelto la logica dello spreco per incontrare il mondo; l’amore stesso agisce così, investe infinite energia, semina una miriade di semi, ma spesso raccoglie poco. Eppure, per quanto scarsi siano i frutti essi attestano che Dio continua ad operare, che il suo messaggio, se accolto, vince e produce lungo i secoli molto frutto. Perciò diffidiamo dell’impazienza e non scoraggiamoci; piuttosto confidiamo nella “follia” del dono della comunione, perché in quei fanciulli abbiamo visto che la fede, se coltivata, se attesa, se desiderata, brilla nel volto di ogni credente in modo unico almeno una volta nella vita. Questo ho visto negli occhi di quei fanciulli.