Il suicidio di Roberta Tatafiore
Di Caius (del 19/04/2009 @ 09:53:24, in Eutanasia, linkato 1661 volte)

Qualche giorno fa è morta suicida Roberta Tatafiore, storica esponente del femminismo italiano. Si è uccisa a freddo, dopo essersi recata in un albergo, aver lasciato un lungo memoriale inviato a 4 amici, forse per una pubblicazione postuma.

Il suo, hanno scritto amici e amiche femministe- su tutti i più importanti quotidiani, segno che era molto conosciuta in certi ambienti, a sinistra e a destra, dove era stata introdotta da Giordano Bruno Guerri e da Il Secolo di AN, per cui scriveva abitudinariamente-,è stato il gesto di una donna “libera”, sino alla fine. Lei, infatti, hanno sostenuto, credeva nella libertà, sino a considerare esperienze di libertà non solo l'aborto, ma anche l'omosessaulità, lo scambismo e la prostituzione.

Poco prima di morire aveva scritto un lungo articolo su Eluana Englaro che iniziava così. A corpo freddo (di Eluana) e a mente raggelata (la mia) mi interrogo sulle ragioni dell’esito paradossale del cosiddetto Caso Englaro : il padre di Eluana è riuscito sì a liberare sua figlia da una vita-non vita (e in questo gli va tutta la mia solidarietà), ma a un prezzo molto alto: avremo la legge peggiore che esista al mondo sulle volontà di fine vita, malgrado la grande mobilitazione di tante teste competenti e intelligenti e dei sempre generosi Radicali per far sì che ciò non avvenga. A meno di clamorosi cambiamenti durante l‘iter accelerato della legge, dopo la legge la libertà di donne e uomini farà un passo indietro altrettanto clamoroso. La vittoria del padre di Eluana per sua figlia, sancita dai tribunali, si rovescerà in una sconfitta per tutti - sancita dal parlamento. Una vittoria di Pirro, politicamente parlando. Anche in altri paesi, quelli ai quali dovremmo somigliare, è aumentata la presa del potere religioso (segnatamente cattolico) che pretende di azzerare il pluralismo etico, insito in qualsiasi società, e di imporre erga omnes una morale confessionale. Ma da noi la Chiesa si incontra con la maggioranza del ceto politico, tanto di governo quanto di opposizione, e riesce a far sì che la sua visione morale venga sussunta nelle leggi emanate da governo e parlamento. ..

Senza entrare nel merito di questa triste scelta, che desta pena in ognuno, restano al sottoscritto alcune domande: quanta tristezza ha portato il femminismo? Quanta ipocrisia e banalità intorno alla parola “libertà” ? Non c'è idolo più triste e sanguinario, della libertà svincolata dalla verità: come può essere stato un gesto di libertà quello che ha posto fine alla vita, e cioè alla possibilità stessa della libertà?

Penso che il suicidio della Tatafiore sia l'esito disperato di una vita impegnata, secondo l'ideologia femminista, a “liberare” la donna dalla prigionia del matrimonio e della procreazione, della famiglia e dei figli, in nome del “libero amore”, che è la faccenda più sporca, egoista e infelice che ci sia. Infatti nessuno ha parlato nè di figli, nè di marito: solo della sua decisione, non libera ma disperata, di andare a morire da sola, in un albergo, ancora nel pieno delle forze, e della fama.

Ma un suicidio così, a freddo, non è un rinnegare, sebbene implicitamente, la propria stessa vita, dal momento che, come dicevano i nostri nonni, si muore come si è vissuti ?

Roberta Tatafiore collaborò per lungo tempo con Il Manifesto e con Noi Donne, Radio Radicale, la rai e la Televisione della Svizzera italiana. Fu la fondatrice, nel 1983 di "Lucciole" prima rivista ad affrontare i temi della prostituzione visti dalle prostitute stesse. Da lì nacquero poi i suoi primi scritti sul mercato del sesso: "Sesso al lavoro" (Il Saggiatore '94) e "Uomini di piacere" (Frontiera '98). Tra gli altri libri ricordiamo anche "De bello fallico". Ultimamente scriveva soprattutto per Il Secolo, di AN, ma anche per Foglio e Giornale. Ecco la frase tipica con cui è stata salutata la sua scelta dagli ambienti femministi e gay: "una libertaria tutta d\'un pezzo, che ha scelto di mettere fine alla propria vita in piena autonomia".