Nella pila di nuovi libri (sempre di più per la verità) che ci siamo dovuti procurare per i figli all’inizio dell’anno scolastico, ho notato, stupito, anche un voluminoso testo di educazione fisica. Premetto che non considero affatto questa disciplina – una volta la chiamavamo semplicemente “ginnastica” – meno importante delle altre.
Anzi.
Credo che mai quanto oggi i nostri bambini e i ragazzi, troppo spesso alle prese con telefonini, pc, tivù e videogames, vadano stimolati all’utilizzo consapevole della dimensione fisica con attività motorie e sportive di vario tipo, non necessariamente finalizzate all’agonismo ma indispensabili come altre materie alla loro crescita.
Per questo condivido pienamente l’esigenza di migliorare il rapporto fra la scuola e lo sport, dando a quest’ultimo più spazio e dignità nel sistema dell’istruzione e della formazione, evidenziata qualche giorno fa sul Corriere del Trentino da un giornalista ed ex atleta come Carlo Giordani.
Peccato che la riforma della scuola trentina approvata in luglio dal Consiglio provinciale, abbia trascurato il problema.
Quello che più temo è la tendenza a trasformare anche l’educazione fisica in materia “libresca” – il cui oggetto sarebbe poi il corpo umano (ma non dovrebbe occuparsene “scienze”?) – da studiare sui banchi di scuola, alla quale dedicare lezioni in classe e compiti a casa, vanificando così ancor più le già pochissime ore di esercizi e giochi in palestra o all’aria aperta concesse dalla programmazione.
Ripeto, certamente anche questa materia ha una sua dignità teorica, ma il vero problema è un altro: solo la scuola può proporre l’attività motoria anche sotto forma di pratica sportiva, e al tempo stesso abituare gli studenti a riflettere su quello che stanno facendo per acquisire la consapevolezza del valore e delle regole di una disciplina.
Per questo però non servono centinaia di pagine da leggere, interrogazioni, prove scritte e compiti a casa. Bastano docenti che insegnino a combinare il fare (in questo caso “ginnastica”, ma il discorso vale anche per tutte le altre materie) e il pensare, l’esercizio fisico e quello mentale.
Non è un caso che i campioni dello sport – quelli veri – siano sempre persone preparate e intelligenti.
Separare pensiero ed azione distrugge la possibilità dell’educazione come “esperienza” che introduce tutta la persona, e non solo la testa, nel rapporto con la realtà.
Mi appello quindi alla professionalità (e al buon senso) degli insegnanti, perché non privino i loro alunni di un’attività motoria – certo “ragionata” ma pur sempre motoria – di cui hanno estremo bisogno e nemmeno delle prove di atletica, delle gare e delle partite di pallavolo, basket o altro che, se guidate con sensibilità e attenzione da un adulto (e non solo arbitrate), possono davvero educare ad un miglior rapporto con se stessi, con gli altri e con il mondo.
Gian Burrasca
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