La conversione di San Paolo? Ad opera di un brigante.
Di don Massimo Vacchetti (del 24/01/2009 @ 22:45:25, in Religione, linkato 2627 volte)



Nell’anno giubilare dei duemilanni della nascita di San Paolo, la giornata di oggi assume un valore singolare. La Liturgia della Chiesa contempla due circostanze in cui ricorda l’apostolo delle genti: il 29 giugno il suo martirio assieme a quello di Pietro, il 25 gennaio quando ricorda la sua conversione. E’ un fatto unico che la liturgia più che fare memoria di un santo (nel giorno del suo dies natalis) celebra un fatto, un avvenimento. La storia di Paolo è una vicenda che riguarda un uomo. E’ lui che è ha visto la luce, ne è rimasto accecato, si è, convertendosi a Gesù, battezzato e ha annunciato il Vangelo in tutto il mondo allora conosciuto. Ma allo stesso tempo, sentiamo che questo fatto riguarda anche me perché quel suo annuncio, l’annuncio di Gesù morto e risorto, è arrivato come un lunghissimo eco anche a me. La vicenda di un uomo, nato a Tarso una città della Cilicia nell’attuale Turchia che s’intreccia con la mia. Per dirmi che la vita mia s’intreccia - che io ne sia consapevole o no - con il mondo intero. La vocazione di Paolo è quella di un uomo che se fosse stato possibile avrebbe infiammato tutti i paesi non solo nell’estensione dello spazio, ma nell’estensione del tempo. E in qualche modo c’è riuscito. Il suo nome vero è Saulo. E’ un giudeo, nato fuori dalla Palestina. Pare che i suoi genitori fossero scappati dalla Galilea quando i romani conquistarono la terra promessa. Tarso è una città importante. Saulo conosce bene l’ebraico in quanto figlio di una famiglia ebrea, il greco lingua madre degli abitanti i Tarso. Consce presumibilmente anche il latino godendo Tarso di una prerogativa privilegiata che è quello di conferire la cittadinanza romana, un privilegio singolare che l’apostolo farà valere così da giungere, scortato in catene, nella città imperiale. E’ un giovane colto e pieno di entusiasmo. Siccome è un ragazzo in gamba, viene mandato a Gerusalemme in Giudea per imparare bene le Sacre Scritture. Suo maestro è Gamaliele, uno che gode di una notevole fama al riguardo. La sua fede s’irrobustisce fino a detestare tutte le forme di eresia tra cui – così la riteneva – quella cristiana. Così partecipa alla morte di Stefano, un giovane della comunità cristiana che si prestava ad aiutare le vedove prive di sostentamento e in varie forme perseguita i discepoli di quel Gesù che per lui altro non è che un brigante e un bestemmiatore. Una volta racconta così il suo accanimento contro i cristiani: “Anch`io credevo un tempo mio dovere di lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno, come in realtà feci a Gerusalemme; molti dei fedeli li rinchiusi in prigione con l’autorizzazione avuta dai sommi sacerdoti e, quando venivano condannati a morte, anch`io ho votato contro di loro. In tutte le sinagoghe cercavo di costringerli con le torture a bestemmiare e, infuriando all`eccesso contro di loro, davo loro la caccia fin nelle città straniere”. Una di queste città straniere è Damasco dove l’attendono un gruppetto di cristiani intimoriti forse dalle voci riguardo quest’uomo così impetuoso e risoluto. Durante il viaggio – è lui stesso a raccontarlo – “verso mezzogiorno, all`improvviso una gran luce dal cielo rifulse attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Risposi: Chi sei, o Signore? Mi disse: Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti. Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono colui che mi parlava. Io dissi allora: Che devo fare, Signore? E il Signore mi disse: Alzati e prosegui verso Damasco; là sarai informato di tutto ciò che è stabilito che tu faccia”. Questo è l’episodio che ricordiamo oggi. “Chi sei? Sono Gesù”. Come a dire: “tu mi ritieni morto. Sono vivo. Eccomi!” Saulo è raggiunto dalla luce di Cristo vivo. E’ questa la chiave di volta di tutta la vicenda personale di Paolo e del suo annuncio. Cristo è vivo ed è luce. Su quella strada che doveva portarlo a portare un altro corpo mortale a quella banda di menzogneri, Gesù gli ha atteso un agguato. Come un brigante, Gesù lo ha atteso al varco e lo ha assalito. Mi viene in mente la famosa parabola che racconta Gesù. “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono” (Lc 10,30) Come quell’uomo sulla strada tra Gerico e Gerusalemme, così Saulo sulla strada che da Gerusalemme portava a Damasco. Nella parabola di Gesù, il brigante lascia l’assalito alla pietà di un passante occasionale, buon samaritano. In questa circostanza, il brigante mentre disarciona, rialza; mentre ferisce, risana; mentre umilia, innalza; mentre arresta, manda; mentre acceca, rivela; mentre crocifigge, fa rinascere. Questa è la festa dell’ironia di Dio che rovescia le nostre logiche. Invece che prendere il più fedele e pio dei cristiani, ha scelto il peggiore dei persecutori capovolgendo il destino della sua vita e della nostra. Che Dio, nella sua ironia, ci tenda un agguato che ci cambi la vita.