Chiesa, Stato, soldi. La buona laicità
Tutto ciò che i cittadini italiani affidano alla Chiesa ritorna, direttamente o indirettamente, agli uomini e alle donne in Italia e nel mondo. Torna all’umanità verso la quale la Chiesa è protesa da sempre. I cristiani potranno essere più o meno fedeli e coerenti, e più o meno capaci di chiedere scusa per gli eventuali episodi di infedeltà e incoerenza; ma tutto, assolutamente tutto ritorna. Anche le sobrie remunerazioni ai parroci tornano, perché un parroco è a disposizione di tutti coloro che si rivolgono a lui, cattolici o non cattolici, ferrati o a digiuno di catechismo. Questo è volto ordinario, quotidiano, normale della Chiesa. È la Chiesa che sta in mezzo agli uomini facendone propri gioie e dolori, allegrie e fatiche, speranze e timori. Facendosi carico delle loro difficoltà.
Ci piacerebbe che anche e soprattutto questa Chiesa venisse raccontata agli italiani, affinché gli italiani possano essere davvero liberi di giudicarla. Per questo oggi mettiamo sotto i riflettori il comunicato con cui la Chiesa italiana rende pubblici tutti i suoi interventi caritativi, in Italia e nel terzo mondo, finora realizzati, e quelli in programma nel 2009, grazie a quella parte di otto per mille del gettito complessivo dell’Irpef affidatale dai cittadini italiani. Sembrano aridi numeri; ma dietro di essi ci sono i volti di innumerevoli persone che grazie ad essi stanno meglio: possono sfamarsi, curarsi, istruirsi, lavorare, salvare la vita. In una parola, possono essere pienamente uomini.
Dietro quei numeri c’è anche il volto di una Chiesa che sa dire sì. Sì a una libertà e dignità non solo proclamate ma soprattutto promosse e praticate; sì al grido, spesso silenzioso, di poveri dimenticati perché poco appetibili per l’industria mediatica e di donne sulle quali è usata violenza; sì al diritto dei bambini e dei giovani a potersi costruire un futuro.
Il volto della Chiesa è composito. Purtroppo questo suo particolare aspetto è spesso oscurato, come se non fosse di alcun interesse. Ad esempio, nella primavera del 2005 veniva pubblicato un grosso volume di ben 386 pagine – “Dalla parola alle opere”, disponibile anche on-line – contenente l’elenco completo e documentato dei 6.275 progetti finanziati nel terzo mondo dal 1990 al 2004, per un totale di 710 milioni di euro. Purtroppo la notizia uscì soltanto sulla stampa di ispirazione cattolica; da parte degli altri un silenzio assordante. Non crediamo nei complotti né apprezziamo chi indulge nei piagnistei. Però siamo convinti che gli italiani abbiano il diritto di conoscere anche questo volto della Chiesa, che la cosa gli interessi e che tenerli all’oscuro sia sbagliato.
Naturalmente, se l’anno prossimo la Chiesa italiana potrà realizzare 59 nuovi progetti in Africa, Asia, America Latina, Nuova Guinea e Albania, per quasi 6 milioni di euro, il merito è anche dei cittadini che le hanno dato fiducia e dello Stato italiano. Nessuno stupore. Il sistema di sostegno economico, che rende possibili questi interventi, è uno dei risultati degli Accordi del 1984. In quell’occasione lo Stato e la Chiesa tradussero il più moderno concetto di laicità, affermando: siamo diversi, non dobbiamo confonderci, ma ci stimiamo reciprocamente e abbiamo un grande scopo in comune, il bene degli italiani (e dell’umanità intera), e per realizzarlo collaboriamo. Stato e Chiesa si dimostrarono e scambiarono reciproca concreta fiducia. Lo Stato affida alla Chiesa, tramite le libere scelte dei cittadini, le risorse per operare; e la Chiesa restituisce quanto riceve “trasformato” in innumerevoli servizi, quanti se ne rendono necessari; è attenta, con una sensibilità affinata in duemila anni, alle necessità spirituali e materiali di ogni uomo. Sui singoli interventi si può discutere; ma il fatto che tutto ritorni è indiscutibile.
Questo e nient’altro che questo, a saperle leggere, dicono le cifre.
(Da "Avvenire", 21 dicembre 2008).
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