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Il razzismo e le sue rappresentazioni
Di Giuliano Guzzo - 03/10/2008 - Politica - 1265 visite - 0 commenti
Davanti ai recenti pestaggi che hanno avuto come vittime alcuni immigrati, se sarà confermata la dinamica dei fatti, l’indignazione è d’obbligo. E non solo l’indignazione: chi ha commesso quei crimini paghi, possibilmente senza sconti.
La quasi totalità degli italiani, su questa condanna, non ha la minima esitazione. Un atteggiamento diverso, invece, è quello che gli italiani hanno nei confronti degli immigrati clandestini, giudicati spesso facili alla delinquenza. Non tutti, però, la pensano così. Pare infatti che tra i cittadini di estrazione culturale più elevata vi sia scetticismo circa questa diffusa convinzione. Secondo costoro ci sarebbe, per quanto concerne l’immigrazione clandestina, un’informazione fuorviante e volta ad accrescere le ansie degli italiani; in altre parole, l’idea che il fenomeno criminale interessi maggiormente gli immigrati irregolari sarebbe un artefatto culturale delle televisioni e dei giornali, soprattutto quelli vicini all’attuale Governo o comunque alla destra. E’ proprio così? E’ il tubo catodico, magari manovrato da Umberto Bossi e compagnia, che ci fa credere che siano gli immigrati clandestini a delinquere di più?
Per rispondere a simili interrogativi, non c’è altra strada se non quella di consultare fonti ufficiali.
Ebbene, i dati del Ministero dell’Interno consentono una distinzione abbastanza netta tra i reati commessi dagli italiani, quelli commessi dagli stranieri regolari e dagli stranieri irregolari, i clandestini. Operata questa tripartizione, lo scenario che emerge è il seguente: il tasso di criminalità - chiamiamolo così - degli stranieri regolari è 3,4 volte quello degli italiani, quello degli stranieri irregolari, mediamente, è addirittura 28, 3 volte quello degli italiani. Se si considera che gli stranieri presenti nel nostro Paese sono, statisticamente parlando, 15 volte meno numerosi degli italiani, questo già impressionante quadro assume tonalità ancora più drammatiche.
I dati Istat presentati alla Camera dei deputati lo scorso 28 Maggio vanno nella stessa direzione e ci dicono che il 94% degli immigrati denunciati sono clandestini. Scorrendo le pagine di quel rapporto Istat, con dati aggiornati al 2006, si può inoltre vedere come i clandestini siano i responsabili del 60% dello sfruttamento della prostituzione, del 40% dei furti in casa, del 30% di stupri e omicidi e del 25% dei casi di rapine e lesioni. I numeri, come si dice, parlano chiaro.
Ma allora come mai si diffonde, specie tra coloro che leggono correntemente i quotidiani e che quindi hanno una certa istruzione, la credenza che il fenomeno della delinquenza degli immigrati, che talvolta spinge alcuni cittadini ad assumere atteggiamenti di intolleranza, sia una bufala leghista? La realtà è che ogni qual volta si verificano disordini che, purtroppo, vedono vittime degli immigrati, la prima risposta è sempre quella del razzismo. Luca Ricolfi, sociologo di dichiarate simpatie democratiche, ricorda che quando si è in presenza di episodi di violenza le cui vittime sono stranieri “possono servire giorni di inchiesta” mentre “per etichettare il fatto come manifestazione di intolleranza basta una telefonata al sociologo di turno”.
Esemplare, a questo riguardo, è quanto accaduto lo scorso 28 Maggio quando, nella periferia romana, un paio di locali gestiti da bengalesi sono stati presi d’assalto. La Repubblica parlava di “razzisti in azione”, L’Unità di “nazifascisti scatenati”, il manifesto di “pestaggio razzista” e Liberazione di “pestaggio nazi”.
Ebbene, come ricorderete, la causa di quel gesto vandalico non furono-come suggerito da molta stampa, -dei giovani estremisti di destra, bensì un uomo di 48 anni col pallino di Che Guevara, di cui ha persino un vistoso tatuaggio.
Diffidiamo, dunque, delle semplificazioni dei giornali e di quanti parlano, a vanvera, di razzismo.
Un’altra leggenda metropolitana è quella che l’Italia, soprattutto ora che al Governo c’è una coalizione di centro destra, abbia assunto provvedimenti eccezionalmente duri per regolamentare i flussi migratori.
In Francia, se si viene sorpresi senza documenti, si può essere condannati a pene detentive fino ad un anno, al termine delle quali scatta immediatamente l’espulsione. Le cose non sono molto diverse in Germania, dove da decenni esiste un reato di immigrazione illegale e dove chi calpesta la Legge per gli stranieri (Auslg) rischia di farsi fino a tre anni di galera. Più tenera, almeno in apparenza, sembra essere la Gran Bretagna, dove se uno straniero viene scoperto senza permesso, viene portato presso i Detention and Removal Centres, dove può appellarsi contro l’espulsione, in attesa di giudizio. A questo si deve però aggiungere che il governo britannico, pur di incoraggiare il rimpatrio degli stranieri, pare stia valutando di destinare a ciascuno la somma di ben 3000 sterline.
Insomma, l’idea che l’Italia sia la patria del razzismo europeo, come sembrava trasparire anche ieri ad Anno Zero, è un emerita sciocchezza, fondata – questa sì – su pregiudizi incoraggiati da ambienti culturali di sinistra dove al popolo italiano, disprezzato come ignorante e artefice dei trionfi elettorali di Berlusconi, si preferiscono gli immigrati. Niente di nuovo: l’esotismo ideologico, come lo chiama Marcello Veneziani, è una delle nuove ideologie, e consiste appunto nel dileggiare il prossimo preferendo destinare le proprie simpatie a terzi, meglio se lontani per storia o cultura.
Con questo, si badi, non intendo affatto dire che il razzismo, in Italia, non esista. Purtroppo esiste, eccome; solo che non sempre si manifesta secondo le forme e i modi cui siamo abituati a pensarlo. Mentre più di qualcuno, per fini non certo filantropici, seguita a dipingere il razzismo più grande di quello che è, appositamente per screditare agli occhi del Paese una determinata area politica.
 
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