Santoro è tornato. Teniamocelo stretto.
Il tribunale televisivo per antonomasia è tornato, e a presiedere è sempre lui, Michele Santoro, affiancato dal solito pubblico amico e dalla penna più giacobina d’Italia, Marco Travaglio. La prima puntata di Anno Zero, dedicata al caso Alitalia, ha mantenuto le promesse e si è allineata a quanto già visto durante la stagione precedente: stessa conduzione “imparziale”, stessa regia politica e stessa condizione di sfavore per alcuni ospiti mentre ad altri, chissà come mai, le battute vengono servite su un vassoio d’argento.
Ebbene, stupirò molti ma a me, in fondo, Santoro e il suo giornalismo d’assalto e unidirezionale contro il grande diavolo di Berlusconi, stanno bene. Mi sta bene che la Rai torni a mettere in onda Anno Zero perché anche di questo, a ben vedere, c’è bisogno: di un rumoroso pugno nello stomaco. C’è bisogno che i telespettatori tornino a pensare, ben più di quanto facciano ora, al significato profondo delle idee, dei progetti politici, anche se nemici. C’è bisogno che il disinteresse di una politica fatta di cartelli elettorali lasci il posto ad una passione ideale da tempo abbandonata. In questo ipotetico disegno di rilancio culturale della televisione, da anni ostaggio della demenza esibita e vantata, Santoro, proprio lui, potrebbe avere una sua importanza; con le sue provocazioni, il suo modo fastidioso e militante di impostare una trasmissione, potrebbe contribuire a scuotere telespettatori altrimenti incantati tra cosce e scollature. Si consideri poi che non di rado le tesi esposte dal conduttore di Anno Zero sono talmente manifeste nella loro tendeziosità che c'è il serio rischio che producano effetti opposti a quelli voluti dal suo autore, e cioè che possano indurre persino l'elettore di centro-sinistra a provar indignazione.
Dicendo questo non voglio negare l’abuso di cui, di fatto, Santoro si rende autore quando parcheggia sulla prima serata di una televisione pubblica il suo feroce circo. Rabbrividisco ancora, ad esempio, ripensando alla puntata della scorsa stagione dedicata alla pedofilia nella Chiesa: non fosse stato per quel magistrale oratore che è Rino Fisichella e per le sue precise puntualizzazioni, chissà quanti italiani si sarebbero bevuti gli stereotipi generosamente preparati dalla compagnia di Anno Zero, per l’occasione affiancata da quell’ateo di professione che sta diventando Piergiorgio Odifreddi. In sé - si sarà capito - Santoro mi irrita, e molto. Sostengo però che tra l’Isola dei Famosi e il Grande Fratello, anche un giornalista schierato come lui abbia buone possibilità, dopotutto, di rivelarsi terapeutico contro il nichilismo.
Soprattutto nel lungo periodo.
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