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Il dialogo tra fede e ragione, che ha sempre innervato il pensiero cristiano fin dalle sue origini (“In principio era il Logos”), è stato protagonista anche nella Giornata Mondiale dei Giovani che si è appena celebrata a Sydney con Papa Benedetto XVI. Al cardinale di Vienna, Christoph Schonborn, già caporedattore del Catechismo della Chiesa Cattolica nonchè il massimo esperto di tematiche evoluzionistiche all’interno della Chiesa, è stato affidato il tema “Creazionismo ed evoluzionismo” , nelle giornate preparatorie della GMG, ospite all’Università di Sydney.
Nel famoso articolo apparso sul New York Times il 7 luglio 2005, “Finding Design in Nature”, il cardinale di Vienna aveva parlato di “overwhelming evidence” (tr. “schiacciante evidenza”) di un “progetto” o disegno rilevabile nell’osservazione dell’Universo e della vita sulla Terra. In questa occasione il cardinale si spinge oltre, suggerendo di dare una veste scientifica a tale “evidenza”, che è già di per sé schiacciante; leggiamolo insieme: “Se l’asserzione secondo cui il mondo sarebbe la testimonianza di un progetto, di una finalità del creatore, fosse dimostrata infondata a livello scientifico, allora il credere in un creatore e nella sua provvidenza sarebbe irragionevole. Allora il credere nella creazione potrebbe semmai basarsi solo su un credo quia absurdum. Ma una fede che si basi solo su un fondamento assurdo non sarebbe una fede, ma soltanto un’illusione. La fede nel creatore è un’illusione che non ha alcun futuro?”
In effetti, ci si chiede ancora, con grande lucidità: “Che accadrebbe se gli scienziati sulla base delle loro ricerche sulla natura giungessero alla conclusione che il tutto sia da spiegare come risultato di un gioco cieco di caso e di necessità? Non diviene allora infondata la risposta religiosa alle domande essenziali dell’essere umano, come una ghirlanda che si libra nel vuoto, che, senza alcun motivo fondato nella realtà, afferma che esisterebbe un senso, un progetto, voluto da Dio e da Dio realizzato?” Credo che il cardinale abbia colto nel segno anche questa volta. Il dialogo contemporaneo, irrinunciabile per chiunque, tra la ragione e la fede non può che passare attraverso queste domande e queste considerazioni.
Mi permetto ora di inserirmi in questo dibattito con alcune personali osservazioni, che derivano dalle mie ricerche e dai miei studi. Riprendo la domanda: “Nella natura osserviamo le tracce di un disegno (intelligente) o piuttosto i tratti di un beffardo scarabocchio, tra l’altro senza autore?”. Ricordo che tra le discipline previste dal curriculum dell’Accademia artistica si trova il “Disegno anatomico”. Gli allievi vengono avviati alla rappresentazione grafica del corpo umano nudo, in tutte le sue pieghe e in tutte le sue curve. Gli Atlanti di Anatomia umana, d’altra parte, sono antologie di disegni che riproducono i nostri organi interni, con dovizia di particolari e di dettagli. Il nostro corpo, dunque, con la testa, gli occhi, il naso, la bocca, le braccia, il busto e le gambe, costituisce un disegno per eccellenza, un modello, che del resto è stato rappresentato lungo tutta la storia umana e in tutte le civiltà. Il cuore, il fegato, i reni, i muscoli e le ossa hanno un profilo bene identificabile, caratteristico e quindi capace di rappresentazione grafica. Gli esseri viventi, con le loro svariate forme, hanno da sempre fornito amplissimo materiale ai pittori e agli scultori. Si tratta dunque di oggetti “disegnabili”. Non sono “non rappresentabili”. Sono essi stessi dei disegni e, per di più, viventi. “Disegna te stesso” è uno dei primi compiti che la maestra assegna nella scuola dell’infanzia per aiutare il bambino a prendere coscienza di sé e, soprattutto, a rafforzarla.
La cultura contemporanea vive dunque il paradosso di professare con forte energia (e guai a chi pensa o scrive il contrario!) l’assenza di finalità e l’azione creatrice del caso, dovendo però confrontarsi continuamente con esseri viventi reali, in carne ed ossa, che la costringono ad usare la ragione per interpretarli. La ragione è la categoria utilizzata dagli scienziati per accedere al segreto della vita nella loro attività quotidiana ed è la stessa che, contestualmente, viene negata.