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Nel 1984 ad opera di Luciano Ragno, per la Adn Kronos libri, esce una delle poche indagini effettuate a livello giornalistico in Italia, prima che l’argomento divenisse caldo con la legge 40, sulle tecniche di fecondazione artificiale. Leggerlo oggi, dopo le continue polemiche e l’anniversario della nascita di Louise Brown, la prima bambina nata in provetta, è stato illuminante.
Ragno intervista vari luminari nel campo e tra questi Carlo Flamigni, che mette in luce come l’attuale aumento di sterilità sia dovuto anche all’uso dei contraccettivi ormonali, la classica pillola, e dei dispositivi intrauterini. A questo il professor Meschini Fabris aggiunge che la pillola può rendere infertile anche il maschio: “gli estroprogestinici determinano una modificazione del ph vaginale e, conseguentemente, della flora batterica vaginale, con facilità di fatti flogistici e selezione di ceppi batterici particolarmente attivi”. Questo può determinare nel maschio infiammazioni “con successivo interessamento della capacità riproduttiva, per alterazioni delle componenti biochimiche del liquido seminale”.
Poi, dopo queste ed altre interessanti racconti, si leggono varie lamentele sulla situazione italiana. Per Flamigni “troppo spesso l’eccessiva disponibilità delle coppie sterili nei confronti del medico le rende oggetto di esperimenti fatti più o meno in buona fede”; inoltre “c’è gente che va a prelevare sperma nei villaggi del fanciullo a ragazzi di 13-14 anni”, mentre nei centri privati succede di tutto: “E’ ora di finirla di speculare sulla disperazione e anche sulla pelle di tante donne e di fare esperimenti a raffica”, per di più a “caro prezzo”. Il prof. Luigi Carenza, dell’Università di Roma, racconta che nella sua città “vengono usati, dietro compenso, come donatori di sperma i tossicodipendenti”; Guido Ragni, dell’università di Milano, spiega che “esistono centri improvvisati dove con lo sperma di un donatore vengono messi al mondo decine e decine di figli. Il rischio che domani questi fratelli senza saperlo possano sposarsi è immenso”; il prof. Cittadini, dell’Università di Palermo, chiosa: “ Non c’è alcun controllo”; Luigi Laratta , presidente dell’Aied, aggiunge “che nelle banche clandestine l’inseminazione avviene senza controlli preventivi sulla stato del salute del donatore”. E’ molto interessante rileggere dell’esistenza di un vero e proprio far west procreatico che poi in tanti hanno cercato di negare, negli anni successivi, per i più svariati motivi.
Stupisce invece la scarsa attenzione, già allora, su di un punto: le tecniche di fiv, o di pma che dir si voglia, a parte i numerosi eccessi, quale ripercussioni in genere hanno sulle donne e i bambini? Su questo Ragno riporta solo due pareri. Quello della psicanalista Gerstel, per la quale, secondo la sua esperienza clinica, molti dei bambini nati dopo inseminazione artificiale presentano disturbi affettivi che possono divenire prodromi di un “futuro comportamento psicopatico”, e quello del prof. Leonardo Ancona, che illustra i rischi dell’eterologa, che può produrre “tratti psicopatologici, con difficoltà di identificazione, incapacità di rapporti inter soggettivi, che possono articolarsi con il già provato circuito familiare dando luogo a quadri irreversibili di disagio collettivo”.
Ma l’idea dominante, diffusa in quegli anni proprio dai fecondazionisti, è ben diversa. Secondo Carl Wood, un pioniere nel campo, “i figli della provetta sono superiori alla media per quoziente di intelligenza, coordinazione motoria, sviluppo fisico. Inoltre sono più affabili e intraprendenti”. Secondo alcuni ricercatori giapponesi invece “i figli nati dopo l’inseminazione artificiale avevano uno stato fisico ed un quoziente intellettivo intellettuale superiori a quelli del gruppo di controllo”. Così si diceva, così ci volevano e ci vogliono far credere ancor oggi.
Ma purtroppo sappiamo che non è così. Nel consenso informato del Sismer, uno dei più prestigiosi centri di fiv (o Pma, procreazione medicalmente assistita) in Italia, del 1998, si leggeva che “il rischio di malformazioni fetali è analogo a quello del concepimento naturale (Congresso Mondiale In vitro fertilisation –Vancouver, Maggio 1997)”. Stessa dicitura nel consenso informato del 2004, molti anni dopo, citando la stessa fonte, per quanto piuttosto datata. Oggi, nel consenso informato del Sismer successivo alla legge 40, che ha imposto a tutti i centri di fiv di fornire tutte le indicazioni necessarie, senza la frettolosità (interessata?) del passato, vengono finalmente contemplati i rischi psicologici e fisici per la madre, le problematiche bioetiche, i rischi insiti nella iperstimolazione ovarica, l’ “aumento del rischio di malformazioni nei nati da Pma rispetto ai nati della popolazione normale”, il “rischio di alterazioni cromosomiche” per i nati da Icsi….!
La nota rivista scientifica “Fertility & Sterility” del novembre 2007, giusto per citare un altro caso paradigmatico, porta i propri lettori a conoscenza del fatto che il quoziente di intelligenza dei nati con ICSI, nell’ambito di uno studio effettuato presso l’Università di Leiden, era inferiore rispetto ai nati con tecnica IVF ed ai nati in maniera naturale. Confermando così una grande quantità di studi sulla pericolosità della fiv pubblicati almeno dal 2002 sulle più prestigiose riviste scientifiche, da Lancet a Nature Cell Biology a Nature Medicine ecc. Esattamente il contrario di quanto proposto dai vari Wood stranieri e nostrani, per lo più politici e giornalisti, fermi alla retorica scientista del 1984.