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Citotec, Ru, e aborti clandestini sempre più diffusi.
Di Francesco Agnoli - 26/06/2008 - Aborto - 1980 visite - 0 commenti

Ancora non sappiamo cosa succederà in Italia con la famosa kill pill, la Ru 486, di cui tanto si è parlato negli anni scorsi. Sicuramente l’opera paziente e tenace di Assuntina Morresi ed Eugenia Roccella per stanare le mille bugie diffuse intorno a questo veleno chimico, hanno contribuito a placare le urla dei sostenitori dell’aborto veloce, indolore e a misura di donna. Qualcuno si deve essere accorto che c’è chi vigila, ed avendo le cartucce un po’ bagnate sta valutando attentamente il da farsi.

Anche nella mia città, dove la somministrazione era cominciata con Emilio Arisi, prima in sordina, poi con squillo di fanfare, ora, non si sa perché, si è fermata. Forse hanno ragione Cesare Cavoni e Dario Sacchini, autori di una dettagliatissima analisi, La vera storia della pillola abortiva RU 486 (Cantagalli), quando spiegano che “senza la stampa, la RU 486 sarebbe rimasta nei cassetti dei ricercatori. Senza la stampa i governi (specie quello americano e francese) non sarebbero mai intervenuti nella vicenda. Senza i titoli a nove colonne, che andavano annunciando una rivoluzione farmacologia senza pari in seguito all’invenzione degli anticoncezionali, i ricercatori che posero mano all’Ru 486 non avrebbero probabilmente avuto credito per proseguire nelle ricerche”. Sì perché la pillola indigesta è stata lanciata e resa digeribile a livello mentale, dalla propaganda assordante dei media, prima ancora che a livello farmacologico, rimanendo tuttavia un metodo, “neppure il più sicuro e neppure il più efficace e neppure il più scelto dalle donne e neppure il più inseguito dalle aziende e neppure il più amato dalle femministe e neppure il meno costoso”.

Ma mentre si aspetta, per capire cosa succederà, per vedere se una eventuale introduzione della Ru 486 aprirà finalmente la strada all’aborto casalingo e fai da te, per grandi e piccine, come desiderano alcune elite gnostico-nichiliste, sarebbe bene riflettere sul fatto che l’Italia è oggi un paese che, come ricorda il demografo Blangiardo, ha una abortività più bassa rispetto ai paesi dell’est, devastati dalla cultura comunista, ma più alta di Svizzera, Germania, Belgio, Olanda, Spagna e Finlandia, al punto che “siamo un paese che da trent’anni è sotto il ricambio generazionale”. Un paese che ansima, che pian piano muore di propria mano, e apre le sue porte, di una casa ormai vuota, ad un numero medio costante, se si vuole mantenere stabile il numero dei nati, di 450 mila immigrati l’anno (AAVV, “Legge 194”, Gribaudi 2008). Un numero sostenibile? Una prospettiva allettante?

Mentre aspettiamo che ci dicano qualcosa sulla RU 486, e dopo che i fatti di Genova hanno dimostrato, come ha ammesso Giovanni Monni, presidente dell’associazione ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani, che il fenomeno degli aborti clandestini va ben oltre i 20 000 casi annui di cui parla l’Istituto superiore di sanità, sarebbe bene raccogliere l’allarme lanciato da alcuni insigni ginecologi italiani, come ad esempio Bruno Mozzanega, dell’Università di Padova, su un altro abortivo chimico, il Citotec (farmaco utilizzato solitamente come gastro-protettivo). Mozzanega è partito dall’esperienza personale maturata durante i turni di servizio come responsabile di guardia presso la Clinica ginecologica di Padova: nell’arco di un anno e mezzo si è trovato ad assistere personalmente ben nove pazienti che avevano assunto clandestinamente il Cytotec, al fine di procurarsi un aborto clandestino. “Le pazienti, scrive il medico, tutte straniere, presentavano quadri di emorragie con anemizzazione acuta e si erano pertanto rivolte all’ospedale pur avendo ricevuto tassative raccomandazioni di attendere a domicilio l’espletamento dell’aborto”, e due di esse erano “al limite stesso del pericolo di vita”. Una rapida ricerca su internet dimostra che l’utilizzo del Cytotec per abortire clandestinamente è piuttosto diffuso: vi sono siti abortisti che danno indicazione sul prezzo, e che raccontano nel dettaglio le modalità più singolari per ottenerlo, al mercato nero, dalla Cina, dalla Romania, o tramite Internet. Silvio Viale il medico radicale che ha rilanciato in Italia la Ru 486, ha scritto un articolo il cui titolo, “Cytotec: legittima difesa”, dice già tutto di cosa significhi in verità una mentalità del diritto all’aborto. “C’è un surplus di 12 mila aborti spontanei che risulta dai dati Istat e che nessuno sa bene cosa rappresentino”, conclude Mozzanega, confermandomi nell’opinione che dell’“aborto clandestino”, ora che la legge c’è, non interessa nulla a nessuno. Prima bisognava parlarne ad ogni piè sospinto, e occorreva inventare cifre astronomiche, pur di farsi sentire. Ora è meglio tacere.

In conclusione un breve pensiero che sorge spontaneo pensando alle infinite vittime dell’aborto e alla tristezza della nostra società: “Io ho quello che ho donato”, ha scritto D’Annunzio sulle pareti del Vittoriale, riprendendo un concetto ben più antico di lui. Il filosofo francese Luc Marion nota che “la vita, per sopravvivere, deve essere donata”, perché “non possiamo avere vita, dobbiamo riceverla”. Se è vero che oggi siamo sempre meno capaci di ricevere e di donare vita, allora è anche vero che, illusi di avere di più, più “diritti”, abbiamo, in verità, sempre meno. Non si ha, se non si dona.

p.s Dopo il caso di Genova (aborti clandestini a pagamento, per non perdere uno show televisivo), la notizia riportata ieri dai Corriere: aborti clandestini, (sino a che data? Come a Roma, sino anche al nono mese?) a Napoli, in cambio di sesso o di soldi, dai 500 agli 8000 euro!

 
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