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La Regalità Sociale di N. S. Gesù Cristo (di dom Gérard)
Di Bernardo - 13/06/2008 - Politica - 1049 visite - 0 commenti
Confessiamolo: davanti all’assenza di Dio, forse più ancora che davanti all’ascesa della barbarie (ma l’assenza di Dio non è la suprema barbarie?), la maggior parte di noi esita a credere che la fede ricevuta al battesimo possa cambiare qualcosa nel cammino del mondo, che essa abbia per missione di conquistare la più grande superficie di terra possibile, in cui possa estendersi il regno del Signore Gesù Cristo; e questo malgrado la chiara richiesta del Padre Nostro: Che venga il vostro regno!
Gli uni predicano prudentemente un reame puramente interiore; gli altri dichiarano che la preghiera insegnata dal Maestro, per non sfociare in un millenarismo ingenuo, deve riguardare il Regno della fine dei tempi. Chiamano ciò la dimensione escatologica del cristianesimo. I buoni apostoli! Io ritengo e dichiaro – e peso le mie parole – che costoro sono dei vigliacchi. Cos’è un vigliacco se non colui che abbandona la presa, colui che arretra senza prendersi la briga di combattere? Niente a che vedere con il coraggio sfortunato del soldato sopraffatto dall’assalitore. Si tratta di falsi intellettuali che non essendosi mai battuti non hanno mai, et pour cause, arretrato, e si vantano di non essersi mai ingannati. E poi a un tratto vi guardano con un’aria strana: «non andrete a confondere la politica e la religione?». Io mantengo la qualifica di vigliacchi all’indirizzo di coloro che ci ascoltano educatamente ma relegano al dominio del folklore quella che fu, dopo San Paolo, l’ardente ispirazione di tutti i santi: «Bisogna che Egli regni» (oportet Illum regnare). Dedico queste pagine a coloro che fanno al testo sacro l’onore di prenderlo sul serio, di spremerlo, di ricavarne la linfa, e di accettare di morire per una verità eterna.
So molto bene di applicarmi a un argomento temibile; so che la storia è piena fino a scoppiare degli errori e delle deviazioni che si sono fatti subire all’idea del Regno di Dio e che sarebbe forse più prudente non parlare di corda in casa di un impiccato. È noto che gli apostoli si sono ingannati – prima della discesa dello Spirito Santo – sulla realtà soprannaturale del Regno.
Malgrado l’assistenza del Paraclito, non ci crediamo migliori di loro; e sappiamo che i cristiani hanno avuto troppo spesso l’innocenza di credere che con poca spesa il Regno di Dio fosse realizzabile sulla terra. Conosciamo troppo la croce, la sofferenza e le lacrime. E sappiamo che la cristianità resterà per sempre, malgrado la sua relazione con la regalità di Cristo, una realtà conficcata nella storia: carnale e misteriosa. Conosciamo tutta l’ambiguità che l’ordine sociale comporta. Ma in ultima analisi il Regno di Dio fu tutta la predicazione di Gesù. Quella degli apostoli. Quella dei primi cristiani. Quella dei più grandi mistici. E non fu mai l’annuncio di un regno disincarnato: essi volevano fondare delle istituzioni e dei costumi al fine di salvare le anime. L’annuncio del Regno ha fatto tremare sulle sue fondamenta non solo il vecchio paganesimo ma l’impero stesso di Satana: «Quando entrerete in una città direte: il Regno di Dio è vicino!». Davanti a questa autorità sovrana i demoni rispondevano arretrando e gemendo: «Sappiamo che tu sei il Figlio di Dio, smetti di tormentarci!». Non ci si inganna: si tratta della marcia trionfale di un re vincitore davanti a un nemico che capitola, e il cristianesimo non è nulla di diverso.
Gesù ai suoi discepoli, Satana ai suoi seguaci. L’impero delle tenebre recluta i suoi operai, mette in azione giganteschi mezzi tecnici. E noi, Signore, noi non metteremo al vostro servizio, su questa povera terra che voi avete calcato, tutti i mezzi creati in nostro potere? Questi talenti che voi ci avete affidato come il padrone della parabola, questa ingegnosità che il Vangelo riconosce ai figli delle tenebre, la professione delle armi che difende le patrie, la cultura della terra e la cultura dello spirito, i segreti dell’umana convivenza, il governo degli uomini e il campo immenso dell’arte e della poesia? Se noi ripudiamo per un angelismo insensato l’ordine provvidenziale dei mezzi, su cosa dunque si appoggeranno quelle comunicazioni della grazia attraverso le quali avete in progetto di salvare il mondo? Quale significato dovranno accordare i cristiani alla seconda domanda del Pater: «Che venga il vostro regno»? Questa serie di interrogazioni brucianti, incomprese «dai saggi e dai prudenti», ha un senso e un peso che, dopo secoli, non ha cessato di far battere il cuore dei santi e dei bambini.

(dall'Introduzione al testo di Dom Gérard Demain la Chrétienté, 1986)
 
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