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Il "Trattato di Lisbona" (noto anche come "Trattato di riforma") è il trattato redatto per sostituire la Costituzione europea bocciata dal "No" nei referendum francese e olandese del 2005. È frutto del lavoro condotto dal 30 settembre 2006 dal cosiddetto "Gruppo Amato" (formato da politici europei e presieduto da Giuliano Amato), ufficialmente chiamato "Comitato d'azione per la democrazia europea" (Action Committee for European Democracy, ACED) e supportato dalla Commissione europea che ha inviato due suoi rappresentanti alle riunioni.
Il gruppo ha avuto il mandato (non ufficiale) di prospettare una riscrittura della Costituzione europea. Il risultato è stato presentato il 4 giugno 2007, diventando un punto di riferimento per i negoziati che hanno portato al "Trattato di riforma". Il 13 dicembre 2007 i leader dell'Unione europea hanno firmato a Lisbona il Trattato che così ha preso il nome di "Trattato di Lisbona". Il Trattato di Lisbona modificherà quindi il Trattato sull'Unione europea (TUE) e il Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE). Il primo manterrà il suo titolo attuale, mentre il secondo sarà denominato Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Ad essi vanno aggiunti la Carta dei diritti fondamentali e il Trattato Euratom. Il Trattato prima di poter entrare in vigore dovrà essere ratificato da ciascuno dei 27 paesi dell'UE.
Si prevede che il Trattato venga ratificato dagli stati firmatari, prevalentemente per via parlamentare, nel corso del 2008, così da poter riuscire a far entrare in vigore il Trattato il 1° gennaio 2009, prima delle elezioni europee del giugno successivo. Solo l'Irlanda, nel rispetto della sua Costituzione, effettuerà un referendum confermativo. Il referendum è fissato per il 12 giugno. Si tratta di un referendum importante perché potrebbe avere lo stesso risultato "paralizzante" che ebbero nel 2005 i referendum in Francia e in Olanda. Attualmente i sondaggi dicono che il margine di vantaggio del "Sì" sta sensibilmente diminuendo, in maniera simile alla vigilia del referendum del 2001 che respinse il Trattato di Nizza.
La scorsa settimana il Primo ministro Cowen, che conduce una aggressiva campagna a favore della ratificazione, si è dato la zappa sui piedi confessando di non aver letto il testo del Trattato. Gli ha fatto eco il Commissario UE McCreevy il quale, parlando a favore del "Sì" il 23 maggio a Dublino, ha affermato che neppure lui ha letto il Trattato, aggiungendo che nessuna "persona sana o decente lo leggerebbe dalla prima all'ultima pagina". Nel frattempo, il processo di ratificazione non procede così spedito come vorrebbero i promotori, nonostante i governi dell'Ue abbiano fatto di tutto per evitare un dibattito pubblico e organizzare un voto parlamentare alla chetichella. Il 23 maggio, la camera alta del Parlamento tedesco, il Bundesrat, ha votato a favore, ma il Presidente Horst Köhler ha sospeso la firma sul voto (che segue quello, anch'esso positivo, del Bundestag) perché sono scattati almeno tre ricorsi alla Corte Costituzionale presentati dal Linkspartei, dal partito Ecologista-Democratico e dal parlamentare democristiano bavarese Peter Gauweiler, assistito dal noto giurista Karl-Albrecht Schachtschneider. Nella Repubblica Ceca, è stato il Senato stesso a interpellare la Corte Costituzionale prima del voto, sospendendo per ora il processo di ratificazione. Anche in Italia si levano autorevoli voci di critica. L'ex ministro e insigne giurista Giuseppe Guarino, ordinario di diritto amministrativo all'Università di Roma, ha diffidato dal ratificare il Trattato così com'è, perché esso codificherebbe un sistema di "governo di un organo" o "organocrazia".
Il prof. Guarino ha esposto la sua critica in una conferenza pubblica a Firenze il 19 maggio, alla presenza di costituzionalisti, esperti e amministratori. Il Trattato viola almeno due articoli della Costituzione italiana, l'Art. 1 ("La sovranità appartiene al popolo") e l'Art. 11 (L'Italia "consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie"). Riguardo a quest'ultimo, le condizioni di parità sono violate dal fatto che paesi come la Gran Bretagna e la Danimarca, membri del trattato, sono esonerati dalla partecipazione all'Euro. Così essi possono, ad esempio, fissare il tasso d'interesse in modo vantaggioso per loro ma svantaggioso per gli altri firmatari del trattato. Inoltre, osserva Guarino, il Trattato di Lisbona aumenta sensibilmente i poteri della Commissione Europea. Grazie al Trattato di Lisbona, infatti, i burocrati dell'Unione Europea avranno pieno titolo a bocciare qualunque misura decisa dal nostro governo, e dagli altri governi europei, per difendere la propria economia, l'occupazione, i redditi, l'industria e l'agricoltura, ed intervenire sui prezzi. Ratificare il Trattato di Lisbona vorrebbe dire rafforzare ancora di più un eurosistema oligarchico.
Il disegno dei padri fondatori dell'Europa, De Gasperi, De Gaulle e Adenauer, era quello di un'Europa dei Popoli non di un'Europa delle lobbies e delle banche. La Lega Nord con Calderoli, Ministro per la Semplificazione normativa, ha rilevato che, pur «in presenza di notevoli miglioramenti al testo del Trattato rispetto alla Convenzione, c'è una perdita di sovranità notevole che preoccupa. Pensiamo che la consultazione popolare non possa essere evitata, e per questo proporremo in sede parlamentare una legge costituzionale ad hoc per consentire il referendum». L'opposizione ha reagito. «Il lupo perde il pelo, ma non il vizio», ha dichiarato Piero Fassino, ministro degli Esteri del governo ombra, secondo cui «l'umore antieuropeo di settori leghisti riemerge, offrendo un'immagine del nostro Paese che non può che suscitare inquietudine nei nostri partner europei e danneggiare l'affidabilità dell'Italia». Fassino si rivolge al ministro degli Esteri e si augura «che il ministro Frattini, che è stato per quasi quattro anni Commissario europeo, spieghi a Calderoli e ai suoi colleghi di governo, che l'Unione europea non è un fastidioso e inutile peso di cui liberarsi e che il Trattato di Lisbona, a favore della cui ratifica il Pd voterà in Parlamento, è uno strumento indispensabile». Rincara la dose Cesa, segretario dell'Udc: con la richiesta di referendum - un «atto di grave irresponsabilità» - la Lega Nord «mette a repentaglio la politica estera del Paese». Il Presidente dei deputati della Lega Nord, Roberto Cota, in riferimento alle polemiche suscitate dalle dichiarazioni del Ministro Calderoli, si è detto favorevole alla consultazione popolare: «Sul consentire il referendum sul Trattato di Lisbona dovrebbero essere tutti d'accordo. È l'unico modo per far riflettere la gente su questa Europa dei burocrati che stanno costruendo e per portare un po' di democrazia». «Si vuole fare il referendum sulla legge elettorale ma - conclude Cota - non si accetta di sentire il popolo su cambiamenti importanti che tolgono ai Paesi, e quindi ai popoli, la loro sovranità». Anche la Carta dei diritti fondamentali lascia alquanto perplessi. In essa si afferma che «il diritto di sposarsi e di costruire una famiglia è garantito». Una frase ragionevole, a prima vista, ma che omette - subdolamente - di specificare il sesso dei coniugi.
Di questi tempi è facile capire a cosa porterebbe questa implicita separazione del concetto di matrimonio da quello di famiglia: gli stati "vincolati" da tale "Carta dei diritti" sarebbero costretti - da qualche sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, vincolante per i Paesi membri - a introdurre nella propria legislazione l'istituto matrimoniale tra persone dello stesso sesso. Uno dei capisaldi della propaganda gay. Seguirebbe logicamente il diritto di adozione per coppie omosessuali.
Sempre in questa "Carta dei diritti" si vieta esplicitamente solo la clonazione a scopo riproduttivo, lasciando libera quindi la clonazione dell'embrione a scopi di ricerca. Una regressione rispetto alla Convenzione di biomedicina del Consiglio d'Europa approvata nel 1997, per cui «è vietato qualsiasi intervento per creare un essere umano geneticamente identico a un altro essere umano, morto o in vita». E la scomparsa del «divieto d'infliggere intenzionalmente la morte a chiunque», riconosciuto dalla Convenzione europea dei diritti umani del 1950, aprirà inevitabilmente la strada alla imposizione dell'eutanasia attiva nelle legislazioni degli Stati membri.
Scrive Mons Rey, Vescovo di Frejus-Toulon: «Questa "Carta" rappresenta in molti punti una rottura intellettuale e morale con le altre grandi formulazioni giuridiche internazionali, presentando una visione relativistica ed evolutiva dei diritti dell'uomo che mette in causa i principi del diritto naturale». Insomma molti motivi per andare molto cauti con questo "misterioso" Trattato di Lisbona, che per ironia della sorte è stato firmato a Lisbona nel 2007, proprio l'anno in cui veniva liberalizzato l'aborto anche in Portogallo. Pensando al referendum che si terrà il 12 giugno in Irlanda viene proprio la voglia di gridare: "Go Ireland, save Europe!", "Vai Irlanda! Salva l'Europa!".
La Lega chiede il referendum e il governo trema di Clara Belloni Getz
Il fatto: la Lega ha chiesto il referendum popolare sul Trattato di Lisbona. La conseguenza: la Lega è antieuropea. Ne siamo sicuri? Se guardiamo alla proposta con le lenti dei parrucconi non ci sono dubbi, il partito di Umberto Bossi cerca la "rottura" con il Vecchio Continente, solo che il problema è da ribaltare perché in realtà siamo di fronte a un Continente Vecchio nel quale c'è bisogno di una "rupture". Il risultato elettorale sembra aver insegnato pochissimo al centrosinistra e, a sentire le prime reazioni, anche al Popolo delle Libertà. Non ci sono dubbi che quella della Lega sia una iniziativa politicamente scomoda ed è vero che passando dalla fase dell'opposizione a quella di governo le cose assumono un'altra luce e prospettiva. Siamo anche coscienti del fatto che le istituzioni abbiano bisogno di consolidamento e non di shock a ripetizione, ma è altrettanto palese che l'Europa è un gigante malato e che su questo male un partito come la Lega ha costruito la sua fortuna politica. E allora è venuto il tempo non di strillare e levare la vibrante protesta contro il Carroccio, ma di dare una risposta politica al tema che la Lega cavalca fin dai suoi albori. Non dovrebbe sfuggire ai più attenti osservatori il fatto che la Lega fa la sua sortita alla vigilia del classico raduno di Pontida. Domenica su quel prato non si celebrerà affatto un evento folcloristico, ma una vera e propria rifondazione del partito. Avendo stravinto le elezioni e - per la prima volta nella storia politica del Paese - intaccato il potere dell'ex Pci nelle regioni rosse, la Lega sta continuamente riprogettando il suo futuro. Fa leva non sul sentimento antieuropeo, ma sulla diffidenza dei cittadini verso la burocrazia europea. Commissione Ue, Parlamento e Banca centrale europea sono diventati il bersaglio di un fiume carsico che vede in Bruxelles, Strasburgo e Francoforte le centrali di una politica economica e sociale inaccettabile per le classi medie e medio-basse del Paese. Non si tratta di un problema meramente economico, ma politico e culturale. L'identità europea, la cittadinanza, i suoi diritti e e i suoi doveri, sono scarsamente percepiti. Un sondaggio della Gallup per Eurobametro, pubblicato nel febbraio del 2008, indica che il 48 per cento degli intervistati nell'Ue a 15 risponde di non essere ben informato sui diritti che derivano dall'essere cittadino europeo e solo il 28 per cento dichiara di esserne a conoscenza. E' un dato euroscettico? Il lettore dell'Occidentale per fortuna non indossa la parrucca e dunque può facilmente riconoscere in questo dato il vero problema che non è rappresentato dall'euroscetticismo, ma dalla scarsa corrispondenza dell'architettura europea con i bisogni del popolo, la realtà e le sfide che ci propone il mondo contemporaneo. La Lega interpreta benissimo questa inquietudine e la trasferisce senza mediazioni sul terreno della politica. Il problema non è quello che fa il Carroccio, ma l'inazione degli altri partiti - di destra e di sinistra - su un tema così importante. Si obietterà che l'iniziativa del partito di Bossi mina la solidità della maggioranza in politica estera e produce delle fibrillazioni che si possono evitare proprio nel momento in cui il governo si sta godendo la luna di miele con gli elettori. Anche qui, l'analisi non illumina l'altra faccia della luna e, soprattutto, non offre alternative alla lunatica risposta che i governi finora hanno dato al problema di cosa è l'Europa e cosa facciamo in Europa. Il tempo dell'euroforia è finito da un pezzo e in questo intervallo fra illusione e disillusione nessuno si è chiesto che fare. Il patto di Maastricht è stato definito di volta in volta rigido e poi stupido, ma senza che sia stato minimanente scalfito. Nel frattempo la crescita di tutta l'Eurozona è colata a picco, le banche hanno mostrato il loro volto feroce con i mutui alle stelle e operazioni ben poco trasparenti sulla scia della bolla immobiliare, la politica agricola comune è naufragata, la politica energetica non è mai decollata e l'assenza totale di quella militare ha giustificato fino a oggi la sopravvivenza del detto kissingeriano "l'Europa è un gigante economico, un nano politico e un verme militare". L'euro ci ha salvato dall'inflazione? Vero, ma non ci ha reso più ricchi e leggere il mondo contemporaneo con le lenti della Germania di Weimar non aiuta affatto a vedere l'orizzonte, guardiamo con occhiali da presbite mentre l'Europa è affetta da miopia: non vede lontano. La Lega invece ha dimostrato non solo di vederci benissimo, ma di saper capitalizzare il voto. Senza il Carroccio non si governa il Settentrione, nei distretti industriali il partito di Bossi è un punto di riferimento di piccoli e medi imprenditori e degli stessi operai. Partito berlingueriano di lotta e di governo, il Carroccio rischia di trovarsi la strada spianata per l'inadeguatezza della risposta che arriva da avversari e alleati. Sappiamo che Silvio Berlusconi vuol giocare una partita importante nel Vecchio Continente. Il Cavaliere vuole renderlo "nuovo" e vuol riunire l'Europa oggi divisa, incerta, debole. La stampa italiana, il sistema complessivo dei mainstream media - del quale l'Occidentale per fortuna non solo non fa parte ma ne è un antagonista - fatica a spiegare e prevedere i comportamenti elettorali (e dunque a raccontare il fenomeno Lega) perché ripiegato su se stesso, con gli occhiali da presbite, appunto. Basterebbe la sola lettura quotidiana del Financial Times per capire quali sono i fantasmi che disturbano il sonno dei cittadini europei, italiani compresi. Il 12 giugno in Irlanda si terrà un referendum per l'adozione del Trattato di Lisbona. E' l'unico paese europeo ad aver scelto la via della consultazione, peraltro obbligatoria per via delle disposizione costituzionali. I no secondo un sondaggio del Sunday Business Post sono in rapida ascesa e sono al 33% contro il 41% dei sì. I rischi di un rigetto del Trattato sono altissimi perché la percentuale di indecisi è del 26% e i cittadini chiamati al voto non hanno idea del testo. Lo stesso premier premier Brian Cowen ha ammesso di non aver letto le 346 pagine del Trattato "dalla prima all'ultima". Eloquenti le parole del ministro della Difesa, Willie O'Dea, per cui il testo "deve più allo stile di Stephen Hawking che non a quello di J.K. Rowling". Anche se dovessero vincere i sì, il problema del rapporto tra le istituzioni europee e i suoi cittadini è più che mai aperto. Non solo, è molto interessante osservare con attenzione il dibattito in corso sul possibile ingresso della Gran Bretagna nell'eurozona. Rinunciare alla sterlina o no? Martin Wolf, stella tra i columnist del Financial Times, sostiene che si tratta di una cattiva idea. Parliamo dell'euro, della moneta, unico vero collante di un'Europa sul resto disunita e titubante. Siamo di fronte a un euroscettico? O abbiamo davanti a noi una lezione di realismo? A Pontida la Lega non farà altro che il suo mestiere, registrando i picchi di sfiducia e tramutandoli in politica. Mettendo al primo punto della sua agenda il tema del Vecchio Continente e della sua missione per l'avvenire, la Lega è al passo con il dibattito in corso negli altri Paesi. Paradossalmente, è il partito più europeo che abbiamo in Italia. L'Occidentale 31 Maggio 2008