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Figli senza padri.
Di Umberto Fasol - 22/05/2008 - Bioetica - 1414 visite - 0 commenti

Da sempre la vita è il fenomeno che affascina di più l’uomo. Poeti, scrittori, musicisti, pittori, filosofi, scienziati: per millenni tutti hanno cantato le sue meraviglie ed hanno scandagliato le sue pieghe misteriose per carpirne il segreto. Oggi non è più così. La scienza riduzionista contemporanea ha dissolto ogni incertezza, ha risposto ad ogni domanda, ha tolto il velo ad ogni mistero. Non c’è alcun segreto da scoprire, semplicemente perché non esiste.

Come afferma con perentoria sicurezza uno dei massimi biologi odierni, “l’esistenza dell’uomo, un tempo il massimo dei misteri, oggi non è più tale perché l’enigma è stato risolto per merito di Darwin e di Wallace, ai cui risultati noi continueremo per un bel po’ di tempo ad aggiungere note in calce” (Richard Dawkins, L’orologiaio cieco). Quindi, non ha più senso interrogarsi sul senso della vita, e ancora meno ha senso stupirsi per la sua complessità e per la sua bellezza; la scienza ha dimostrato che l’unico senso ammesso è quello di non averne, perché tutto quello che vediamo intorno a noi, dall’esile erba del prato alla robusta quercia secolare, dal batterio che vive nel nostro intestino all’immensa balena che solca gli oceani, dal gatto del nostro giardino alla più bella delle nostre attrici, dal cielo stellato d’inverno all’alba sulle Dolomiti… tutto questo e molto di più, è facilmente e soprattutto scientificamente riducibile ad un manipolo di atomi che è affiorato da un “mare di energia” e ha dato origine alle combinazioni che sono sotto gli occhi di tutti. Quello che c’è avrebbe potuto benissimo essere assolutamente diverso: non c’è alcun “disegno” (tantomeno “intelligente”).

In Inghilterra si definisce addirittura il diritto della donna ad avere “figli senza padri”, notizia di questi giorni. “Soltanto il caso è all’origine di ogni novità, di ogni creazione nella biosfera. Il caso puro, il solo caso, la libertà assoluta ma cieca, è alla radice del prodigioso edificio dell’evoluzione: oggi questa nozione centrale della biologia è la sola concepibile in quanto è l’unica compatibile con la realtà quale ce la mostrano l’osservazione e l’esperienza”. (Monod, il caso e la necessità). Ci domandiamo: perché i nostri giovani, se hanno la fortuna di “formarsi” con queste idee mature e con queste acquisizioni scientifiche che cancellano la superstizione del passato, non sono felici? Perché i nostri giovani hanno perso interesse per le domande sul senso e chiedono solo il piacere immediato o il guadagno sicuro? L’uomo che esce dal “dito di Dio” nella Cappella Sistina diceva in modo immediato la nostra origine, la nostra causa e quindi anche la nostra identità. “A Sua immagine lo creò; maschio e femmina lo creò” afferma il libro della Genesi. L’uomo immagine-di-Dio ha ancora spazio all’interno del dogma darwiniano? No, dicono i puristi: l’uomo è immagine-di-una scimmia. E’ stata la siccità a generarlo, altro che un Dio: “e’ stato l’ambiente a fare l’uomo e senza questo evento (la siccità in Africa tropicale) il genere Homo non avrebbe avuto alcun motivo di comparire, almeno lì e in quel momento” (Yves Coppens, Histoire de l’homme et changements climatiques).

E’ troppo semplice o forse anche troppo errato continuare a consolarsi dicendo che, in fondo, quello che conta dell’uomo è solo la sua parte spirituale, quella che non si vede, cioè quella che Dio avrebbe potuto benissimo creare senza dover per questo intervenire anche sul suo corpo. In questo modo si vuole salvare capra e cavoli: la teoria classica dell’evoluzione (per il corpo) e la Bibbia (per lo spirito). In realtà, tutte le volte che prendo in braccio mio figlio di nove mesi, non sono sfiorato minimamente dall’idea che il suo spirito sia assolutamente distinguibile dal suo corpo, come vorrebbe tale teoria: io tengo nelle mie mani tutta quanta l’immagine-di-Dio che ho ricevuto in dono. L’evidenza dell’esperienza mi insegna che l’uomo è immagine di Dio così com’è, con la sua libertà e la sua coscienza, ma anche con il suo cuore, le sue braccia, i suoi occhi, le sue gambe… altrimenti come immagine gli si dovrebbe preferire l’angelo, che è puro spirito! Solo il cristianesimo, scriveva Romano Guardini, “ha fatto scendere il corpo umano nell’intima e recondita profondità di Dio!” La dignità dell’uomo non è riferita solo alla sua dimensione spirituale, ma a tutta la sua persona, che è fatta di più dimensioni. Per questo ogni volta che si trascura l’importanza del nostro corpo, nella vita di relazione così come nella vita personale, si mortifica la nostra grandezza. E il nostro corpo di donna e di uomo è sacro solo perché pensato come specchio di una Trinità che vuole comunicarsi, per amore, nella Storia; se non trasmettiamo questa consapevolezza alle nuove generazioni, abbiamo già rinunciato al futuro.

 
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