E’ il primo maggio. Assieme a quelle della madre, una maestra di chiara fede cattolica e monarchica, le note dell’internazionale dei lavoratori sono i primi suoni dolci che gli entrano nel cuore. Ma non era nemmeno l’unico motivo di festa. Nel medesimo giorno, sotto il balcone di casa, veniva inaugurata la cooperativa sociale. Il capo dei rossi, un omaccio alto e massiccio come una quercia mi tira su con le manacce e, fattosi alla finestra di cucina, mi mostra agli altri rossi raccolti nel cortile” (una scena simile verrà celebrata quando, alla nascita del figlio, Peppone mostra al popolo dei rossi, dal balcone di casa, l’ultimo dei bolscevichi).
Inizia così l’avventura umana di Giovannino Guareschi. Era il primo maggio del 1908. A cent’anni dalla sua nascita vale la pena ricordarlo.
Alla sua morte il giornale dei rossi lo aveva bollato: “E’ morto uno scrittore mai nato”. E invece in Italia, di Guareschi si continua a parlare e soprattutto a leggere i suoi libri e a non stancarsi di guardare i suoi film. Guareschi è, infatti, l’inventore di Mondo Piccolo, quell’universo semplice della Bassa, “in quella fetta di terra grassa e piatta che sta tra il fiume e il monte, tra il Po e l’Appenino. Nebbia densa e gelata l’opprime d’inverno, d’estate un sole che spietato picchia martellate furibonde sul cervello della gente, e qui tutto si esaspera, qui le passioni politiche esplodono violente e la lotta è dura, ma gli uomini rimangono sempre uomini e qui accadono cose che non possono accadere da nessun altra parte”. In questo fantasioso mondo, si muovono Peppone e la sua banda degli Smilzi e un prete, don Camillo, che tutti vorremo aver come Parroco. Un’indagine condotta per uno studio di teologia pastorale di qualche anno fa, conferma il desiderio di aver un parroco come don Camillo. Vorremmo vedere preti che si vestono da preti, che ci parlano delle cose più alte e più grandi e magari “coi pugni” ci fanno capire dove sta di casa il vero bene; preti che vogliono bene alla loro gente, preoccupati meno dei libri e più delle sorti delle anime; preti che dicono la verità del Vangelo a costo di avere solo un cane in processione. Ma abbiam bisogno di uomini come Peppone. Non solo deputati e senatori o sindaci e assessori, ma uomini come Peppone, onesti, veri, capaci, alla fin fine, di mettersi, alla fine della giornata, davanti alla propria coscienza; Uomini per i quali non è sempre campagna elettorale e le cui parole hanno un significato e contengono una promessa; uomini tesi a compiere non i propri interessi o quelli di partito, ma a vivere e ad adempiere il vero bene per sé e per gli altri; uomini di fede, magari di nascosto, come Nicodemi, ma alla luce del sole di Dio.
Sì, se devo scegliere tra i due, scelgo Peppone. Ma Peppone ha bisogno di don Camillo. Io ho bisogno di qualcuno che mi dica che sto sbagliando, perché so che il male è seduto alla porta di casa mia. A sbagliare sono bravissimo da solo. E’ a compiere e a capire il bene che ho bisogno di qualcuno. E don Camillo, d’altra parte, è un povero prete, come tutti. Ha bisogno anche lui di un richiamo, ha bisogno di Gesù di quel suo vigoroso e dolce rimprovero:“don Camillo”; ha bisogno di Peppone più di quanto non sembri perché l’uomo - e il prete è un uomo – è fatto per l’amicizia. Leggere le povere pagine della Bassa o vederne i film (caso raro in cui il film raggiunge/supera l’opera scritta) è sempre un piacere perché in fondo anche se il contesto è cambiato, l’uomo è sempre il medesimo con il suo cuore meschino e la sua enorme carità. Così si spiega l’impressionante numero di traduzioni in lingue che non hanno conosciuto la nostra stessa storia di contrapposizione ideologica. Ma non è l’ideologia, nelle sue deformazioni, lo scopo di questi racconti. Piuttosto quello di raccontare come in quel Mondo Piccolo del nostro cuore c’è tutta l’ampiezza e la vastità dei sentimenti del mondo.
Insomma, Guareschi si è inventato un mondo di fantasia che solo uno stolto potrebbe pensare non sia vero.
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