Ciacola, ciacola... Il Paese dei cellulari. Italia prima nei telefonini, ultima nella banda larga.
Siamo il Paese dei cellulari, lo confermano le nude statistiche. E trillano tutti assieme, lo conferma l’esperienza quotidiana di chi frequenta autobus, bar, treni, supermercati, strade, piazze, spiagge, baite, eremi, picchi e isolotti… La statistica, che farebbe impazzire il mitico Trilussa, sentenzia che ogni cento italiani ci sono 152 schede telefoniche. Ciò significa che se chi legge questo articolo possiede un solo telefonino, e magari ne farebbe pure a meno se potesse, chi in questo momento siede accanto a lui sul treno regionale e sta strepitando voluttuose amenità nel suo ipertecnologico cellulare, costui ne ha due. Media: uno e mezzo a testa. Il sospetto è che per ogni nonnina che ne è priva, ci sia un giovanotto che ne ha tre. Oppure: due nonnine e due bebè per tre giovanotti con quattro cellulari ciascuno. I lettori ferrati in statistica abbiano pietà di noi.
Le cifre – la fonte è il rapporto annuale della Commissione europea sullo stato delle comunicazioni elettroniche nell'Unione, che viene pubblicato oggi – dicono pure che se l’Italia è maglia rosa nei telefonini, è maglia nera nella banda larga. Il cellulare ci entusiasma, il collegamento a internet no. Non è tutta colpa di noi consumatori. Se la banda larga raggiunge l’89 per cento del territorio, le aree rurali ne sono servite appena per il 50 per cento. E l’Italia è fatta in gran parte di vallate amene ed innumerevoli borghi, dove costa caro tirare i fili e internet va lenta come una lumachina.
Forse siamo noi, gli italiani, ad essere inclini al cicaleccio nel giocattolino piuttosto che esigenti usufruttori di quella fenomenale finestra aperta su innumerevoli mondi che è un pc collegato alla rete. Forse è anche il mercato a ritenere sia più conveniente spremerci con la scatolina magica, piuttosto che con lo scatolone. Basta osservare la politica dell’advertising. I pubblicitari dedicano spiccioli di creatività per promuovere il pc nelle famiglie o tra i giovani; in genere, il pc compare in ufficio ed è uno strumento di lavoro. Il cellulare invece è strumento di svago e quindi associato quasi esclusivamente al tempo libero e al mondo giovanile, degli adolescenti e dei trentenni dinamici. Gli spot non hanno pietà. Il più stucchevole è quello della “tribù” che spara raffiche di sms stando a cavalcioni di un elefante, che un qualsiasi docente di neuropatologie di massa ci indicherebbe per ciò che realmente è, la rappresentazione onirica di un Suv.
Insomma, con il cellulare è più facile far soldi. Nel 2006 il mercato complessivo delle telecomunicazioni in Italia ha toccato i 41,3 miliardi di euro, con la telefonia mobile che ha superato quella fissa (21,7 a 19,5). I costi si abbassano, il fatturato aumenta ed è un gran giulebbe, peccato per la banda larga. Non investirci energie è una scelta, anzi una non scelta miope, come ammonisce Viviane Reding, commissario Ue alle telecomunicazioni: «Se non c'è banda larga per tutti in un Paese, nel tempo si producono effetti negativi sull'intera economia, visto che la banda larga può e deve essere un volano per la crescita e per l'occupazione». Ma i bambinoni si baloccano con i loro cellulari-giocattolo; pensano a consumare, non a produrre. Centocinquadue schede ogni cento italiani; e Luciano Moggi non c’entra, le sue erano tutte schede svizzere.
(Da "Avvenire", 20 marzo 2008).
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