Certe cose si dimenticano
Era più o meno questo periodo, inizio primavera del 1992, ricordo perfettamente l’anno, ma non la data esatta. Certe cose si dimenticano. Per anni ho anche scordato il nome del medico, poi ad un tratto me ne sono ricordata, improvvisamente, ed ho iniziato a pensare in modo diverso, nostalgico quasi, a quel giorno in cui ho abortito. Da ragazza avevo letto il famoso libretto della Fallaci «Lettera ad un bambino mai nato» e questa frase, «mai nato» è rimbombata nella mia mente sempre. Sempre significa non ogni giorno, ogni ora, ma significa un qualcosa che ti rimane accanto, assopito e si sveglia quando meno te l’aspetti, ti segue in ogni azione, quando dormi, quando lavori, senza arrecarti disturbo, con cui devi fare i conti, una presenza che ti fa ripensare a quel giorno, ti fa rivivere certe sensazioni, non piacevoli. Ti accompagna sempre, questo è vero, l’avevo letto da qualche parte che una donna non dimentica mai. E io lo posso confermare, non potrò mai cancellare dalla mia vita il ricordo del giorno in cui ho abortito. Non lo farei più, oggi. Ma allora. Non lo volevo un altro figlio, ne avevo già due, non ero più tanto giovane, pensavo a me, al lavoro, anche, mi vergogno a dirlo, alla carriera (che stupida) a mio marito, forse non lo amavo come una volta, insomma non volevo questo nuovo figlio. Me ne sono pentita tante volte negli anni, quando ormai non avrei più potuto rimediare, il tempo passa veloce e noi invecchiamo, diventiamo più consapevoli dei grandi doni che abbiamo, e ripensiamo alla nostra vita a ritroso, agli errori, alle colpe, alla felicità che abbiamo avuto. E non si dimentica, mai. Ricordo che prima di essere addormentata, ho pianto, l’anestesista mi ha detto qualcosa, forse mi ha dato un buffetto sulla guancia, ma io non ho avuto il coraggio di dire no, perché volevo andare avanti, volevo concludere in fretta. Non ne abbiamo più parlato con mio marito, io credo che gli uomini dipendano da noi, siamo noi che decidiamo se portare avanti una gravidanza, un uomo ne è partecipe fino ad un certo punto, siamo noi in prima fila a far nascere e crescere un figlio. Ma credo che si sia pentito negli anni, come me, talvolta quando siamo vicini vorrei parlargli, abbracciarlo e dire soltanto «mi dispiace» credo che capirebbe, ci sono parole che vanno oltre il significato, toni della voce che sanno andare oltre le parole... ma non ne ho ancora avuto il coraggio. Non so dire se soffro per questa vita mancata, non so da che parte mi schiero, se pro o contro l’aborto, so solo che è un’azione che ti coinvolge per sempre, con cui devi fare ad un certo punto i conti, è la tua coscienza che rimane ferita, la tua anima che si macchia, sei solo tu che rispondi delle tue azioni. Ma lo capisci tardi, quando ormai i segni dell’età si fanno presenti, quando il tuo nido familiare si svuota e pensi, ancora una volta egoisticamente che avrebbe potuto essere ancora pieno di vita.
Francesca P. - Trento - L’Adige, 7 marzo 2008
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