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Parlando di legge 194, tra le tante cose che si potrebbero fare, ve n’è una che appare condivisibile per tutti: combattere l’aborto clandestino. Sì, perché se la 194 è nata in buona parte con quella scusa, è tragicamente vero che tale legge ha depenalizzato proprio l’aborto clandestino! Addirittura nella 194 le pene per chi cagiona l’aborto di una donna contro la sua volontà sono risibili, inferiori a quelle previste dal codice penale abrogato. Ma quanti erano gli aborti clandestini in Italia? In un precedente articolo ho cercato di dimostrare che le cifre su tale fenomeno sono state volutamente gonfiate, in tutto il mondo, dal fronte abortista, come ebbe a dire il dottor Nathanson: “Sapevamo che negli Stati Uniti ogni anno non si effettuavano più di centomila aborti clandestini, ma noi alla stampa dicevamo che erano un milione”.
La stessa strategia venne usata in Inghilterra, dove la stampa pro choice sosteneva l’esistenza di 50.000, massimo 100.000 aborti clandestini annui, mentre l’unico lavoro scientifico in materia, del dott. C. B. Goodhart, apparso nel 1964 sulla Eugenics Review, proponeva come attendibile la cifra di 10.000. Ebbene, in Italia si arrivò a proporre come cifra veridica quella di 3 milioni di aborti clandestini: il triplo della cifra già gonfiata diffusa negli Usa, e 30 volte di più che in Gran Bretagna. Loris Fortuna, promotore della legge, si spinse sino a lanciare l’allarme: l’aborto può salvarci anche dalla terrificante esplosione demografica imminente! In verità Pier Giorgio Liverani, nel suo “Aborto, anno uno”, uscito nel 1979, ci fornisce alcuni dati interessanti: dopo aver ricordato che il trend degli aborti è salito già nel corso del 1978, mese dopo mese, scrive che “nel novembre del 1978 si è tenuto a Milano il congresso delle Associazione ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani (Aogoi), il cui presidente, prof. Corrado Colonfalonieri, ha rivelato che con ‘l’entrata in vigore della 194 è aumentato in modo impressionante il numero degli incidenti connessi con le interruzioni di gravidanza’ ”. Liverani aggiunge poi che alla fine 1978 “per la prima volta nella nostra storia le regioni settentrionali d’Italia, nel loro complesso, registrano un saldo naturale negativo: cioè il numero dei nati è inferiore a quello dei morti”.
Eppure la legge 194 è in vigore da solo 6 mesi, e il numero di aborti è ancora assai minore di quello che ci sarà negli anni successivi. Inoltre “nel 1978 l’indice di fecondità è sceso a 1,85 figli per ciascuna donna”, dato che ha allarmato i demografi, e li allarma tuttora, se è vero che il tasso di abortività (aborti ogni 100 nati vivi) è oggi assai più alto che nel 1978, ed è tornato da pochi anni ai livelli di quello del 1979. In un modo o nell’altro, all’indomani della 194, nessuno più si occupò degli aborti clandestini, sebbene i procedimenti penali per delitti di cui alla legge 194 siano andati aumentando: 84 nel 1980, 125 nel 2001, 181 nel 2006! Ma vediamo qualche notizia interessante, lungo gli anni, su questo fenomeno. “Nei consultori pubblici troppe donne vengono convinte dai medici ad abortire in studio privatamente”: così denunciava il ministro Conso, nel 1993, nella relazione ministeriale sull’applicazione della legge 194 (Avvenire, 18/3/1993); “Rivincita dell’aborto clandestino. Dal 1992 ad oggi un vero boom delle inchieste penali... negli ultimi quattro anni i procedimenti della magistratura sono più che triplicati, passando da 15-25 all’anno a 75-80. Tra i 240 indagati ben 90 sono medici, nessuno dei quali risulta obiettore, e undici paramedici” (Avvenire, 21/7/1996); “Aborti e minacce: la carriera lampo della dottoressa obbiettrice”, che pratica aborti clandestini nel più grande ospedale del Molise: “c’erano le donne che a lei si affidavano per l’interruzione. Che veniva fatta passare per aborto spontaneo. Ottanta aborti spontanei negli ultimi sei sette mesi del 2005” (Corriere della sera, 4/2/2006); “Aborto anno zero. Per la prima volta aumentano le interruzioni di gravidanza. Mentre torna la piaga dell’aborto clandestino”, e in cliniche compiacenti l’ivg viene “fatta passare per aborto spontaneo” (Espresso, 10 novembre 2005)... Che l’aborto clandestino proliferasse anche dopo la legalizzazione, era facile prevederlo. In Inghilterra nel 1974 uscì “Babies for burning. The abortion business”: un libro sulla crescita dell’aborto clandestino nelle cliniche private, nell’epoca dell’aborto legale. Vi si raccontavano storie raccapriccianti di aborti oltre il limite legale, con una precisazione: “chi potrà mai esercitare controlli su qualcosa che è stato bruciato in un inceneritore?”.
Chi potrà impedire, una volta che l’aborto è banalizzato, di retrodatare qualche gravidanza, eliminando così feti di 7 o 8 mesi? Situazioni di questo genere sono avvenute anche in Italia. Un solo esempio. Nel 2000 vi fu il caso della "clinica degli orrori" di Roma, Villa Gina, convenzionata con la Regione. In essa “i pezzi più grandi del feto venivano bruciati, mentre il resto veniva gettato nel water o nel lavabo”. I dottori della Villa pretendevano anche 8-10 milioni per aborto, “in contanti”; e il prezzo era alto perché si uccidevano anche bimbi di 6-7-8 mesi. "Cento casi circa ogni anno". Non tutte le interruzioni erano “volontarie”. Una donna, ad esempio, “era contraria, e quando arrivò in sala operatoria scoppiò a piangere gridando che non voleva abortire: Ilio Spallone (il medico ndr.) urlava e la colpiva sulle gambe, un altro la tratteneva, finchè l’anestesista non riuscì ad addormentarla…”.