Oggi è S.Agnese. In Parrocchia gli anziani si ricordano di quando la festa riempiva, sin dalle prime ore del giorno, le vie del paese e la piazzetta principale. La storia racconta di un’Agnese nobildonna che avrebbe lasciato in dotazione alla Parrocchia vesti liturgiche solenni per celebrare sontuosamente una Messa di suffragio quando Lei sarebbe passata da questo mondo al Padre. I nobili erano tali anche perché pensavano alla loro salvezza eterna…Queste celebrazioni si tennero, nei secoli passati, nella ricorrenza liturgica della martire e vergine Agnese, il 21 gennaio. Negli ultimi anni, i predecessori e i cambiamenti culturali ne hanno modificato, e non poco, la struttura della festa fatta per lo più di balli e banchetti succulenti. La festa pur tuttavia rimane – caso singolare – festa patronale del paese. Festa civica intendo (i bambini, gli uffici comunali e i negozi hanno fatto festa), più che della Parrocchia che annovera tra i suoi protettori ben due altri Santi.
Contemporaneamente a Roma avviene il tradizionale rito della benedizione papale degli agnelli, presentati nella tarda mattinata di oggi a Benedetto XVI. La loro lana servirà per la tessitura dei sacri pallii, le insegne onorifiche che saranno consegnate dal Papa ai nuovi arcivescovi metropoliti il prossimo 29 giugno, solennità dei Santi Pietro e Paolo. Lui stesso, il Santo Padre porta queste insegne. Chi volesse vederle digiti su google alla voce “pallio”, clicchi su “mi sento fortunato” e vedrà di che si tratta…
Agnese, gli agnelli, il pallio. No, ancora non ci siamo. Voglio arrivare al Papa. A Benedetto XVI. Mi ricordo della sua prima omelia. Possibile? Possibile che Benedetto XVI ne abbia parlato nella sua prima omelia da Papa? Controllo. Faccio le medesime operazioni, ormai gesti abitudinari sulla tastiera e sullo schermo del Pc quasi come togliersi il cappello quando si entra in Chiesa o si mette la mano sul cuore quando si canta l’inno nazionale. Wow, oggi mi sento fortunato! Sì, nella sua prima omelia, appena eletto, il Papa non ha parlato della pace del mondo e neppure delle scuole cattoliche e neppure dell’aborto o del rapporto tra fede e ragione. Ha parlato del pallio!
“La lana d'agnello intende rappresentare la pecorella perduta o anche quella malata e quella debole, che il pastore mette sulle sue spalle e conduce alle acque della vita. (…) L'umanità, noi tutti, è la pecora smarrita che, nel deserto, non trova più la strada. Il Figlio di Dio non puo' abbandonare l'umanita' in una simile miserevole condizione. Balza in piedi, abbandona la gloria del cielo, per ritrovare la pecorella e inseguirla, fin sulla croce. La carica sulle sue spalle, porta la nostra umanita', porta noi stessi. Egli è il buon pastore, che offre la sua vita per le pecore. Il Pallio dice innanzitutto che tutti noi siamo portati da Cristo. Ma allo stesso tempo ci invita a portarci l'un l'altro. Così il Pallio diventa il simbolo della missione del pastore. La santa inquietudine di Cristo deve animare il pastore: per lui non è indifferente che tante persone vivano nel deserto”.
Ai piedi della statua della Santa - quella che alcuni vigorosi uomini hanno tirato giù da una mansarda della canonica - c’è un agnello, mite, docile, un po’ incartapestato, ma tenero. Mi vengono in mente le parole del vangelo del giorno prima: “Ecco, l’agnello di Dio” . Mi vengono in mente le parole che ad ogni Messa ripetiamo: “Agnello di Dio che togli il peccato del mondo”. Se Cristo è l’Agnello di Dio che prende, porta, toglie il peccato del mondo (lo toglie perché lo prende su di sé) in modo analogo il Santo Padre che di Cristo ne è il segno più evidente, “il dolce Cristo in terra”. La missione apostolica del Papa si spiega guardando quella sciarpa di lana. I suoi viaggi, gli incontri con i rappresentanti delle nazioni del mondo, le sue lettere nascono dalla preoccupazione per le sorti di ogni uomo. Si prende carico di tutti. Anche degli ignoranti sapienti. Per questo, il Papa andava all’Università.
Ho compreso il gesto che abbiamo compiuto domenica. Domenica, cioè ieri, ho invitato i fedeli a pregare con la preghiera dell’Angelus con il Papa e per il Papa. Alcuni parrocchiani hanno montato un maxischermo. E’ stato il gesto di un popolo. Non solo per il numero (c’erano più di cento persone), ma per la coscienza con cui ciascuno dei presenti sentiva di essere lì. Ieri si è reso necessario che il popolo cristiano prendesse sulle proprie spalle il Papa. Era lui la pecora ferita, umiliata, maltrattata, rifiutata e, per questo, allontanata dai Sapienti di questo mondo. Non si trattava solo di un gesto di solidarietà. Per questo sarebbe bastato il popolo di Piazza San Pietro, quello di cui poteva vederne e sentirne l’affetto. Il pregare l’angelus, in un salone gremito, è stato qualcosa di più. Il gesto di un popolo che diviene cosciente di esserlo quando comunitariamente si prende cura di Colui che ha ricevuto la missione di portarci su di sé. Caro Papa, ti abbiamo, nascostamente, preso lo “sciarpino” e ce lo siamo messi sulle spalle. E’ stato un giogo dolce e leggero…te lo restituiamo perché, a imitazione del Buon Pastore, tu possa continuare a prenderci sulle tue ottantenni giovani spalle…Ce ne siamo tenuti un po’…Sai, con l’aria che tira…
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