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Doctor Umberto Veronesi...pensieri di un medico faustiano.
Di Francesco Agnoli - 26/12/2007 - Bioetica - 2481 visite - 0 commenti

Umberto Veronesi è un famoso oncologo italiano, che, dopo una brillante carriera, ha deciso di dedicarsi alla pubblicistica, e a diffondere alcune certezze: la bontà dell'aborto, della fecondazione artificiale, della clonazione, della sperimentazione occisiva sugli embrioni umani e di tutte le altre possibilità tecnoscientifiche odierne. Recensito un libro di Umberto Veronesi, ne esce immediatamente un altro. Non è facile , dunque, starci dietro, benché i concetti siano piuttosto semplici, in quanto, in fondo, sono sempre gli stessi.

Uno degli ultimi libri pubblicati, "Organismi geneticamente modificati" (Sperling, febbraio 2007), scritto insieme a Chiara Tonelli, inizia subito con un concetto che è caro al celebre oncologo : "la vita è infatti un insieme di reazioni chimiche", e "per la natura l'essere umano potrebbe essere semplicemente uno dei tanti tasselli da sacrificare, se l'evoluzione lo imponesse". Che sia chiaro: stiamo parlando di uomini, ma è come se stessimo parlando di animali, piante, reazioni chimiche, e basta! Il primo capitolo del libro è intitolato "Un pianeta destinato alla fame" e esordisce con una citazione da Thomas Malthus. Nihil sub sole novi: continua la battaglia contro l'uomo, continua l'opera di riduzionismo filosofico.

 Il lettore di Veronesi deve convincersi, sino alla spossatezza, di non essere nulla, se non un insieme di pulsioni e reazioni chimiche, talvolta assai pericolose, per il destino stesso del pianeta. Di non essere affatto un "animale politico", un "animale sociale", pensante e parlante, dotato di corpo e di anima: questo è il nucleo forte del Veronesi-pensiero. Sui dettagli, si può variare, ma non troppo. Nel precedente "Scienza e futuro dell'uomo" (Passigli, 2005), ad esempio, Veronesi partiva sempre dalla stessa dogmatica affermazione: l'uomo con Copernico sarebbe "tornato ad essere parte di un processo evolutivo che include animali, piante e tutti gli esseri viventi. L'uomo viene così ridimensionato e nasce da lì il pensiero scientifico".

Poi però quest'uomo, uguale a piante ed animali, diviene improvvisamente un essere capace di cose straordinarie, grazie alla potenza della tecnologia: "Basta intervenire sul Dna prima dell'impianto nell'utero, inserire o togliere un gene, e possiamo creare un bambino che vivrà centovent'anni. Questo potrebbe avvenire domani mattina, possiamo farlo" (p.49). E proseguiva: "Pensi che, se volessimo, in un ovulo fecondato in vitro potremo inserire nel Dna il gene dell'ormone della crescita di un elefante e ottenere dei bambini alti quattro metri" (p.50). Così, lo scienziato che cerca di abbassarci un po' l'orgoglio di creature spirituali, ci dice poi che possiamo fare tutto, proprio tutto, come dei novelli demiurghi. Nell'ultimo libro, già citato, riprende il concetto: "Teoricamente la stessa cosa si può fare anche con l'uomo: per esempio inserendo nel suo codice genetico il gene dell'ormone della crescita di un elefante"; oppure si potrebbe eliminare il gene p66: "se lo si elimina quando un uomo è ancora embrione quella persona potrebbe vivere sino a 120 anni" (p.74-75).

Dopo aver ipotizzato la vita sino a 120, non solo a parole, ma anche investendo nella ricerca, che ritiene assai redditizia, sul gene P66, Veronesi arriva immancabilmente all'eutanasia (e talora può tornare l'amato elefante): "è un dovere affrontare la morte serenamente, come gli elefanti, che si ritirano per morire, o gli alberi che cadono perché hanno concluso il loro ciclo vitale" (p. 73 di "Scienza e futuro dell'uomo").

Poco dissimile il ragionamento nel suo precedente "L'ombra e la luce" (Biblioteca di Repubblica, 2005): "Considero la morte nient'altro che un evento biologico. E' la rigenerazione, il lasciare spazio agli altri, come fanno quegli animali che da vecchi si staccano dal branco per andare a morire soli" (p.30). Sempre in questo libro, a pagina 46, scriveva: "Questo significa che se la scienza manipolasse il Dna, e in teoria può farlo, potrebbe determinare in laboratorio la lunghezza della vita. Se si togliesse il gene P66 a un uovo umano fecondato, si creerebbe una nuova specie umana in grado di vivere tranquillamente fino a cent'anni e oltre".

Nel suo "Il diritto di morire" (Mondadori, novembre 2005), l'ossessione di Veronesi vitaprolungatainlaboratorio-mortedeterminatainlaboratorio, si esprimeva con afflati misticheggianti: "E il motore di questa rigenerazione è il Dna umano che, riproducendosi in ciascun uomo, propaga incessantemente la vita….potremmo quasi dire che la trasmissione del nostro Dna alle generazioni successive potrebbe essere letta come la versione moderna dell'immortalità, in quanto il Dna è in effetti immortale. Inoltre, trasferendosi da un corpo all'altro (?), riassume anche il concetto antico di reincarnazione" (p.12). Infine, nel suo penultimo libro, "La libertà della vita" (Raffaello Cortina, 2007), completamente calato nella mistica scientista, Veronesi auspica un modo in cui gli anziani, a cinquanta o sessant'anni spariscano (p. 39) e in cui i giovani si riproducano per clonazione riproduttiva, senza bisogno di entrambi i genitori, come ai tempi dell'androgino-ermafrodita originario (pp.85-100; è una scoperta scientifica di Veronesi, l'ermafrodita originario, o un ennesimo abbaglio filosofico-esoterico?).

Studiare il Veronesi pensiero, insomma, è facile e difficile allo stesso tempo: l'uomo un po' si ripete, un po' si contraddice, un po' filosofeggia, un po', però, pensa anche al concreto. Veronesi infatti non è solo prolificissimo scrittore, ma è anche azionista di una azienda di biotecnologie di nome Genextra, che avrebbe guadagnato lauti compensi dalla possibilità di sperimentazione occisiva sugli embrioni, vietata, almeno a parole, dalla legge 40; nello stesso tempo confida in un progetto di ricerca sulla longevità umana, convinto di poterla portare appunto ai 120 anni; in simultanea si batte per il testamento biologico L'ultimo libro sull'argomento, "Nessuno deve scegliere per noi" (Sperling &Kupfer, 2007), è coordinato dall'avvocato napoletano Maurizio De Tilla.

Scrive "La voce della Campania" del febbraio 2007 al riguardo: Maurizio De Tilla figurava nel 1992 tra le migliaia "di iscritti alla massoneria, Grande Oriente d'italia, all'ombra del Vesuvio. Oggi De Tilla è coordinatore del comitato Scienza e diritto della Fondazione Veronesi, nonché presidente nazionale della Cassa Forense. Quest'ultimo organismo ha recentemente 'espresso parere favorevole alla redazione del testamento biologico in forma di scrittura privata raccolta, a titolo gratuito, dall'avvocato, dal medico, o dal mandatario, anziché effettuata per atto di notaio'" (forse un po' costoso).

Sempre la Voce della Campania mette in luce alcuni meccanismi coi quali Veronesi sta diventando ogni giorno che passa una voce martellante, sempre ascoltata e propagandata. Oltre a consigliare testamento biologico ed eutanasia, infatti, la sua Fondazione, invita a firmare anche "un lascito testamentario, piccolo o grande che sia…per tramandare i valori in cui crediamo e testimoniare i sentimenti che ci sono stati cari nella vita". "Ognuno di noi- aggiungono gli esperti contabili della struttura di Veronesi- può scegliere di legare tutti o parte dei propri beni allo sviluppo dei progetti della Fondazione". Si possono lasciare soldi, ma anche "un bene mobile, un bene immobile, un appartamento, una casa, un terreno, che la Fondazione possa vendere o affittare per ricavare risorse per portare avanti i suoi progetti". Servono soldi, per mantenere riviste, pubblicizzare libri, sostenere Fondazioni, organizzare conferenze internazionali sul darwinismo, promuovere il testamento biologico pro-eutanasia, finanziare le ricerche sul gene P66 per la longevità… Continua "La voce della Campania": "E sì che di denaro, appartamenti, gioielli o auto di lusso, proprio la Fondazione Veronesi potrebbe farne tranquillamente a meno. Basta scorrere l’altisonante parterre del Comitato di Sostegno: si va dalla regina delle multinazionali del farmaco Diana Bracco al banchiere prodiano Giovanni Bazoli; dal vertice Mediaset Fedele Confalonieri al presidente di Confindustria e numero uno Fiat Luca Cordero di Montezemolo; dalla Rcs di Cesare Romiti alla Todd’s di Diego Della Valle; dal signor Telecom Marco Tronchetti Provera al potente banchiere torinese Maurizio Sella, fino al finanziere Francesco Micheli, a Gabriele Galateri di Genola in diretta da Mediobanca, o l’ex presidente del Banco di Sicilia Alfio Noto. Sicuramente non mancheranno di far sentire la loro generosità ad Umberto Veronesi, magari con lasciti testamentari anticipati a suo favore. Per la Fondazione, naturalmente. Così come non mancano di fargli sentire il loro sostegno emotivo intellettuali del calibro di Umberto Eco e Fernanda Pivano, Claudio Magris e Renzo Piano, senza contare la presenza - sempre nello stesso Comitato “de roi”, del filosofo e sindaco di Venezia Massimo Cacciari, dell’ex presidente del Senato Marcello Pera e dell’editorialista Sergio Romano. Un partito trasversale del lascito. Tutti premi Nobel o quasi, ovviamente, i componenti del comitato scientifico: Renato Dulbecco, Rita Levi Montalcini, Paul Nurse, Carlo Rubbia, Margherita Hack e Luc Montagnier. 'Come fare testamento a favore della Fondazione Umberto Veronesi' è poi il link finale, con moduli precompilati ed istruzioni tecniche, per quanti non avessero ancora capito ed apprezzato i benefici della donazione di sè… Non guarda al colore politico, Veronesi, quando si tratta della salute. E che salute! Il suo IEO - Istituto Europeo di Oncologia, altra multinazionale fondata sulla cura del cancro, può contare attualmente come capitale sociale sulla bellezza di quasi 80 milioni di euro. Fra i titolari di tanto ben di dio troviamo nell’azionariato sigle dell’uno e dell’altro schieramento. In area Polo, Mediolanum e la Popolare di Lodi. Sul versante Ulivo Fiat, Telecom, Rcs, Pirelli e Capitalia. E poi ancora le creature di Salvatore Ligresti Fondiaria e Ras, quindi Banca Intesa, Unicredit (qui il legame è doppio: lo stesso Veronesi è membro del Comitato etico della banca), Assicurazioni Generali, l’Italcementi di Giampiero Pesenti, Edison, Banca Popolare di Milano, Mediobanca, oltre al colosso finanziario della ricerca farmaceutica Sorin spa. Quest’ultima rientra nel vasto arcipelago di Genextra, 'una holding che conduce attività di ricerca sulle patologie dell’invecchiamento, oncologiche, neurologiche e degenerative', come si autodefinisce la società.

Costituita nel 2003 su iniziativa di Francesco Micheli e della Fondazione Umberto Veronesi, a settembre 2005 Genextra entra nel campo delle nanotecnologie e acquisisce il controllo di Tethis, leader mondiale del settore. L’operazione è stata realizzata attraverso un aumento di capitale di circa un milione e mezzo di euro, 'ma - precisa il comunicato stampa diramato dall’azienda - Genextra si è impegnata a sottoscrivere due ulteriori aumenti di capitale per complessivi euro 1,8 milioni da eseguirsi nel corso del 2006 e del 2007'. Ce la faranno? Inutile stare col fiato sospeso, anche perchè timoniere di Genextra è ancora oggi il supercollaudato Micheli. «Negli anni Settanta - recita la sua biografia - era stato uno degli assistenti dell’allora presidente di Montedison Eugenio Cefis. In seguito fu al centro dell’avventura finanziaria che nel luglio del 1985 consentì a Mario Schimberni di impossessarsi di Foro Buonaparte». Veronesi, insomma, gli amici se li sa scegliere. Come ha fatto proprio per l’organigramma dell’Istituto Oncologico Europeo, che ai suoi vertici amministrativi vede big come la figlia di Salvatore Ligresti, Giulia, l’amministratore delegato di Telecom Carlo Buora (balzato alle cronache per l’inchiesta sulle schedature illegali che ha travolto Giuliano Tavaroli), e poi il presidente della Popolare di Milano Roberto Mazzotta, i big della finanza nazionale Paolo Maria Grandi, Carlo Puri Negri, Matteo Arpe... Insomma, quando c’è la salute c’è tutto. E più che in salute è proprio l’IEO: la creatura targata Veronesi di via Filodrammatici, a Milano, nel 2005 dichiara a bilancio un bel + 117 milioni e mezzo di euro come “ricavi da vendite e da prestazioni”, un attivo circolante pari a 63.560.169 euro e partecipazioni per 27.064.602. Piccolo particolare: nell’oggetto sociale la cura degli ammalati risulta fanalino di coda. Si legge infatti chiaramente: «Costruzione d'immobili per abitazione ed altri usi. Costruzione fabbricati ad uso abitazione, per fini agricoli, industriali, commerciali, etc. Ospedali e case di cura generali». Pazienza." (www.lavocedellacampania.it).

 
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