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Rosanna Brichetti Messori e "Le sfide della Fede": una presentazione della conferenza (venerdì 14, ore 20.30, Istituto Sacro Cuore, Trento)
Di Mattia Tanel - 10/12/2007 - Libertà e Persona - 1177 visite - 0 commenti
"E' un buon cristiano, solo un po' burbero"; "ho incontrato un cristiano lungo la strada e mi sono fatto indicare il tragitto": sono trascorsi vari decenni dal tempo in cui, nei paesi di antichissima evangelizzazione, l'appellativo di "cristiano" costituiva il modo abituale di designare, genericamente, un uomo, una persona, anche se magari sconosciuta. Per secoli, l'essere cristiani è stato considerato un fatto normale, scontato, quasi automatico presso intere popolazioni. Ogni nuovo nato cresceva, viveva, moriva nell'orizzonte rassicurante di costumi, istituzioni e mentalità profondamente intrise della fede in Cristo, del culto della Madonna e dei santi, e plasmate da un'obbedienza docile e serena agli insegnamenti della Chiesa. Era la cosiddetta "cristianità", che la modernità laica e individualista ha progressivamente eroso e smantellato. Oggi tutto è cambiato: possiamo constatare che "normali", "scontati", "automatici" sono divenuti l'indifferentismo religioso e l'edonismo, mentre il credere ha assunto sempre più il carattere dell'originale e dell'anticonformistico. "Una cristianità - quella in cui la fede era anche fatto sociologico, strettamente legato alla cultura e alle istituzioni - sta finendo, sostituita da una nuova cristianità in cui la fede è minoritaria e per sopravvivere deve diventare forte scelta personale": lo sostiene Rosanna Brichetti, collaboratrice del mensile Il Timone, che venerdì 14 dicembre (Istituto Sacro Cuore, ore 20.30) presenterà al pubblico trentino Credere per vivere, il libro da cui traiamo le citazioni. Tesi della scrittrice è che la "fine della cristianità" non sia un fenomeno esclusivamente negativo. Anzi: nella misura in cui costringe i cristiani ad approfondire le ragioni della propria speranza e ad affinare il proprio grado di adesione alle verità di fede, esso può rivelarsi persino provvidenziale. Una cosa, infatti, è certa: soprattutto in passato, per molti battezzati la fede restava un'abitudine, ereditata insieme a molte altre, che non dava luogo a un vero e profondo incontro con Colui che ci ha salvati. In regime di cristianità, insomma, poteva essere molto difficile rendersi davvero conto "del privilegio e della gioia che ci sono stati concessi nell'essere nati cristiani".
Anche oggi, tuttavia, il rischio della tiepidezza e dell'abitudinarismo esiste. "Spesso la nostra fede è asfittica, incompleta. Si è fermata a quelle poche nozioni di catechismo che abbiamo appreso per la prima comunione o per la cresima. Abbiamo imparato molte cose utili per la vita e per la professione. Ma siamo rimasti alle nozioni elementari, magari male assimilate, per ciò che più conta per la nostra esistenza e cioè il nostro rapporto con Dio". In questo caso, "anche la nostra vita spirituale sarà modesta, limitata, senza un vero respiro, senza un profondo slancio interiore, senza una progressiva e reale purificazione del cuore. E' un vero peccato perché, in questo caso, quello che per noi è stato un grande dono - e cioè il nascere cristiani, l'aver ricevuto i sacramenti - rischia di essere un'occasione, se non proprio perduta, certamente sotto utilizzata". Come "utilizzare" al meglio, allora, l'immenso dono della fede? Nella conferenza trentina di venerdì (organizzata dall'associazione Libertà e Persona) Rosanna Brichetti fornirà alcune praticabili risposte a questa domanda. Partendo, innanzitutto, dalla riscoperta di quelle forme e pratiche di devozione e preghiera che la Chiesa ha plasmato, trasmesso, custodito per noi, ma che negli ultimi decenni sono state, forse, indebitamente svalorizzate. Seguendo l'esempio dei santi, il popolo cristiano ha sempre trovato in rosari, novene, penitenze, pellegrinaggi una via umile e "quotidiana", ma non per questo meno efficace, di partecipare sempre più intimamente all'esistenza stessa della Santa Trinità. Vivere la vita intima di Dio: questo il fine, unico, delle infinite espressioni di pietà che costituiscono il continente spesso inesplorato della tradizione spirituale cristiana. Cosa immaginare di più grande?
E sarà proprio dalla riscoperta di questa vocazione straordinaria che, secondo Rosanna Brichetti, scaturirà spontaneamente in ogni battezzato la necessità di comunicare ad altri "le ragioni della speranza che è in noi". Si tratta di quell'altra vocazione, all'apostolato, che Giovanni Paolo II ha rilanciato con il nome di Nuova Evangelizzazione: una delle principali "sfide della fede", come recita il titolo apposto alla serata, che i credenti contemporanei debbano raccogliere e fare propria.
 
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