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L’ultima enciclica del papa è centrata sulla speranza, ma la parte dedicata all’ateismo del Novecento farà senza dubbio discutere. Eppure il papa, condannando l’ateismo assoluto (non certo l’ateismo "tragico" di chi ricerca e continua a domandare), e riconducendo ad esso gran parte delle atrocità del secolo appena trascorso, non fa che esprimere una opinione che qualsiasi storico potrebbe sottoscrivere. E’ un dato di fatto che i sistemi atei abbiano prodotto la I e la II guerra mondiale, cioè le più grandi stragi della storia dell’umanità, come pure le ideologie di morte del nazismo e del comunismo (e per molti aspetti anche del fascismo).
I grandi dittatori della storia sono tutti nel Novecento, nel secolo della decadenza e dell’ateismo assoluto, e sono tutti rigorosamente materialisti: Lenin, Stalin, Hitler, Mussolini, Mao, Pol Pot, Hoha, Tito, Milosevic.... Si tratta di un dato storico inconfutabile. Machael Burleigh, docente a Oxford e in varie università degli Stati Uniti, ha appena scritto per Rizzoli un poderoso saggio, “In nome di Dio”, in cui dimostra chiaramente che “negli anni successivi alla prima guerra mondiale l’Europa, gravemente provata dal conflitto, costituì un terreno di coltura per le appassionate predicazioni di fanatici visionari e di profeti che offrivano ‘religioni politiche’ alternative a quelle ufficiali. Sorsero così e si affermarono nel continente movimenti che riuscirono a dar vita a totalitarismi con aspirazioni onnicomprensive: il comunismo, il fascismo, il nazionalsocialismo, i quali, pur con diversità rilevanti tra loro, proponevano il paradiso in terra, la giustizia sociale, la creazione di un ‘uomo nuovo’. Il Partito veniva idealizzato, il Capo quasi divinizzato, investiti entrambi di una dimensione ‘sacrale’ nel corso di adunate e grandiose manifestazioni, producendo inevitabili scontri con le Chiese ufficiali”.
Burleigh, come tanti altri storici e filosofi, nota cioè come le ideologie atee del Novecento si siano poste come ricette di salvezza umana, con lo scopo di creare il paradiso sulla terra, facendo appunto a meno di Dio, e dando vita poi, nella realtà, all’inferno. Il minimo comune denominatore delle ideologie è infatti quello di presentarsi come surrogati del senso religioso, per proporre una via alternativa a quella della Fede per il raggiungimento della Verità, del Bene e della Giustizia. E’ un fatto che il nazionalismo nasca come “religione della patria”, il nazismo come “religione della razza e del sangue” (non certo dell’anima), il comunismo come religione dell’eguaglianza sociale ed economica, e che tutte queste idee abbiano una matrice atea e materialista. Si legga, a proposito, il celeberrimo saggio di Leon Poliakov, il grande storico del razzismo, “Il mito ariano” (editori Riuniti), in cui si spiega chiaramente che l’origine del razzismo poggia interamente sulla negazione della comune figliolanza degli uomini rispetto a Dio e sulla negazione del dogma cattolico della discendenza di tutti gli uomini da Adamo ed Eva (dogma che comporta la fratellanza universale, e che viene respinto dai primi teorizzatori del razzismo, in nome dell’esistenza di razze superiori ed inferiori che avrebbero dunque origini da ceppi diversi). Poliakov ricorda anche come il razzismo e l’eugenetica siano collegati ad una visione materialistica diffusa a partire dal Settecento, da antropologi, frenologi, antropometri, e da tutti quegli pseudo-scienziati materialisti che cercavano di stabilire la superiorità e l’inferiorità delle razze in base alla misurazione del cranio e degli arti, e cioè delle parti puramente corporali, convinti che l’uomo si esaurisse, appunto, in esse (mentre invece, differendo tra loro i corpi, solo l’anima può garantire l’eguale dignità degli uomini). L’uomo, le masse ideologizzate e secolarizzate del Novecento, si caratterizzano dunque per il fatto di aver abbandonato la Speranza in Dio e nella sua azione salvifica, e per averla riposta interamente nella politica, nel Partito, nello Stato, nel Dittatore. Chiedono ad essi ciò che chiedevano, un tempo, a Dio, anzi di più: tutto, ma subito (non essendovi più l’idea di una Vita ultraterrena). La creazione del mondo perfetto, dell’ “uomo nuovo”, per le ideologie, dunque, urge, incalza, preme: necessita al più presto l’eliminazione, tramite ghigliottine, gulag, lager e polizie segrete, ovre, gestapo, ceka e kgb, di coloro che ostano, che impediscono, che non comprendono, che complottano, che conducono la “controrivoluzione”, che, secondo l’articolo 58 del codice penale sovietico, sono solo sospettati di farlo…: in una parola di quanti meritano l’inferno, anch’esso, come il paradiso, trasferito paradossalmente nell’aldiquà. E’ per questo, per fare un esempio, che la guerra, o la violenza, sempre considerata un male, per quanto talora inevitabile (guerra di difesa), diviene un bene in se stessa: il vento che spazza lo stagno, di Hegel, la guerra che porrà fine alle guerre, per alcuni interventisti italiani della I guerra, “la sola igiene del mondo” per i materialisti futuristi, una esigenza di natura, per i socialdarwinisti, uno splendido cozzare di popoli, per i nazionalisti, la fine del passato oscuro e l’inizio di una nuova era, per tutti i rivoluzionari, da Mussolini a Mao... Sempre per lo stesso motivo, ogni ideologia si afferma come un “mondo nuovo”, un “ordine nuovo”, un’era diversa, che data la sua origine non dall’evento salvifico della nascita di Cristo, ma, come avviene dalla Rivoluzione francese in poi, passando per il fascismo e il nazismo, dall’ascesa al potere, essa sì salvifica, dell’ideologia ateistica di turno. Al culmine del delirio, vi è il regime comunista di Pol Pot, in cui tutte le religioni sono vietate, e la famiglia viene scientificamente distrutta; regime che sarà causa di due milioni di morti su sette milioni di abitanti, in poco più di tre anni (1975-1979), qualcosa di mai visto nella storia, e in cui si arriverà a ordinare per legge non solo il rogo dei libri del passato, ma financo delle fotografie dei privati, affinché fosse cancellato anche il ricordo fotografico di come era il mondo prima dell’avvento del regime comunista-salvifico, “escatologico”, millenaristico, dell’Angkar.