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Il nuovo cerimoniere torna all'antico. La croce sta nel mezzo, non pił di lato
Di Rassegna Stampa - 07/11/2007 - Religione - 1072 visite - 0 commenti

L’orientamento prima di tutto. Se manca quello, l’assemblea riunita in preghiera diviene come un circolo chiuso che non sa più andare oltre sé, che non sa più esplodere verso la magnificenza portata da colui che viene, il Signore, il trafitto. Se manca quello, l’assemblea implode e si abbassa in una concezione di comunità autonoma e autosufficiente. E in una siffatta comunità il dialogo con colui che sta oltre non può avvenire e ogni parola diviene autoreferenziale. È un rischio enorme, la mancanza di orientamento all’interno della sacra liturgia.

È un rischio che Benedetto XVI sta cercando di non far più correre al suo popolo. Compito difficile, difficilissimo, soprattutto a causa dei tanti “disobbedienti” che dentro e fuori le sacre mura leggono nella volontà di evitare questo rischio un grottesco ritorno al passato. Eppure è un compito necessario, anzi fondamentale, altrimenti ciò che si prega (lex orandi) altro non diviene se non un qualcosa di diverso da ciò che si dovrebbe credere (lex credendi). Lo scorso primo ottobre Benedetto XVI ha voluto dare l’esempio: al fine di riportare la liturgia a essere ciò che dovrebbe essere, ecco la nomina di un nuovo cerimoniere papale, il genovese e siriano monsignor Guido Marini al posto del più liberal e bugninista monsignor Piero (Marini anch’egli).

Si dice che Marini G. sia benevolo verso il Motu Proprio Summorum Pontificum voluto da Ratzinger per liberalizzare l’antico rito. E in effetti lo è perché - come il Pontefice - anch’egli riconosce l’importanza che in esso viene data all’orientamento verso Oriente. Due giorni fa, lunedì 5 novembre, nel suo esordio in pubblico, Marini G. non ha deluso le aspettative: era la santa messa presieduta dal Papa in suffragio dei cardinali e dei vescovi defunti nel corso dell’anno. Una messa celebrata nel “campo da gioco” più prestigioso, l’altare della Cattedra all’interno della basilica di San Pietro: costruito dal Bernini tra 1656 e il 1665, presenta quattro gigantesche figure di dottori della Chiesa che sostengono un trono di bronzo che contiene il sedile ligneo secondo la tradizione appartenuto a Pietro. Marini ha “condotto le danze” con fare composto, spirituale. Qualche giorno prima aveva dichiarato: «Non sono qui per fare invenzioni ma per applicare scrupolosamente le norme liturgiche». E tanto ha fatto.

Per tutta la messa è stato accanto al Papa tenendo le mani giunte, come si conviene. Indossava un rocchetto (una sorta di camice corto) con tanto di pizzo, rispolverato per l’occasione dopo anni di dimenticatoio. La liturgia è stata un sontuoso ritorno dell’orientamento verso Oriente, verso il Signore veniente, colui che dall’alto risorge e indica la strada della salvezza. Un ritorno che sa di antico, di messa pre conciliare, e che lunedì si è esplicitato prettamente nella presenza della croce nel bel mezzo dell’altare, posta sopra la sacra mensa con accanto - come si conviene - i sei candelieri accesi. Benedetto XVI ha celebrato fronte al popolo ma, grazie allo spostamento della croce dal lato dell’altare al centro di esso, ha ridato un obiettivo comune allo sguardo suo e dell’assemblea, il tutto nel segno di una corretta visione democratica dell’ortoprassi liturgica. Lo aveva detto bene, il cardinale Ratzinger, anche in "Introduzione allo spirito della liturgia": «Tra i fenomeni veramente assurdi del nostro tempo io annovero il fatto che la croce venga collocata su un lato per lasciare libero lo sguardo sul sacerdote. Ma la croce, durante l’eucaristia, rappresenta un disturbo?».

Evidentemente no. Anzi, una croce così posizionata significa molto, moltissimo. La cosa è retaggio di un’usanza anticha, da datare alle soglie dell’epoca apostolica. Un’usanza che più d’ogni altra aiuta quel "conversi ad Dominum" di agostiniana memoria, quella conversione dello sguardo che permette di capire che è soltanto da oltre sé che può giungere quella salvezza a cui si tende. Se manca l’orientamento nella liturgia, manca l’orientamento nella vita di fede. La messa di lunedì scorso è stata anche l’occasione per dare lustro ad altre prassi antiche. È stata come una prova generale di una prima celebrazione pubblica con l’antico rito, celebrazione che - si dice - avverrà soltanto tra qualche mese. Intanto, oltre alla croce nel mezzo dell’altare, è bastato il ritorno del camice col pizzo sotto le vesti liturgiche. Benedetto XVI ne ha indossato uno di Giovanni XXIII che da anni giaceva ripiegato nei tesori della sagrestia pontificia. Tesori tutti da riscoprire. (dal sito del vaticanista Rodari)

 
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